L’alchechengi è un ortaggio molto particolare, dalle origini lontane, ma che ormai è molto diffuso nella nostra cultura contadina.
In realtà, è una pianta che fa capo ad un genere meno esotico di quanto si possa pensare. Appartiene infatti alla stessa famiglia botanica di ortaggi a noi più noti, come: pomodoro, patata, melanzana e peperone.
Dell’alchechengi esistono molte specie, ma sono due quelle che vengono coltivate per i loro frutti prelibati. Si differenziano di poco nell’aspetto e nel gusto e sono simili in quanto a tecniche di coltivazione.
In quest’articolo, dopo aver descritto le differenze botaniche, vediamo come coltivare l’alchechengi nell’orto familiare.
Identificazione dell’alchechengie specie esistenti
L’alchechengi, nome del genere Physalis, identifica un insieme di piante della famiglia botanica delle Solanaceae.
Le specie di nostro interesse sono due:
- Physalis alkekengi, noto come alchechengi selvatico;
- Physalis peruviana, noto come alchechengio peruviano o uciuva.
Vediamo le rispettive caratteristiche botaniche di queste due varietà.
Alchechengi selvatico
L’alchechengi selvatico è una pianta erbacea perenne, che viene coltivata seguendo un ciclo annuale. E’ originaria del Nord America e per le sue proprietà medicinali viene coltivata sin dall’antichità.
In Italia si trova selvatico nelle siepi e nei boschi, ad un’altitudine tra il livello del mare e i 1.000 m.
La pianta ha una radice rizomatosa sottile e molto strisciante, che produce fusti eretti semplici, alti fino a 60 cm.
Le foglie sono provviste di un lungo picciolo, di forma ovale o romboidale. La superficie fogliare varia da quasi del tutto glabra ad appena pubescente.
I fiori sono ti tipo ermafrodito, con peduncolo. Sbocciano solitari all’ascella dei rami mediani. La corolla è bianca o verdastra, divisa in 5 petali larghi e appuntiti. Gli stami, con antera gialla, sono inseriti tra i petali.
La fioritura allo stato spontaneo avviene da maggio a luglio.
L’ovario è munito di uno stilo a stimma. Alla maturazione si trasforma in una bacca rosso-arancio, racchiusa in un tipico calice papiraceo di colore rosso brillante.
La bacca contiene numerosi e piccoli semi e la piena maturazione avviene nel mese di settembre.
Questa specie è ottima per fini ornamentali, per via dei colori appariscenti, mentre i frutticini sono un po’ aciduli. I semi di questa varietà li trovate qui.
Alchechengio peruviano
In Perù, nel paese di origine, dove le condizioni ambientali sono più favorevoli, questa specie di alchechengi è perenne. Nel nostro Paese viene invece coltivata con ciclo annuale.
E’ una pianta con fusti esili, alti 70-90 cm, angolosi e ramificati, di consistenza erbacea. Le foglie sono ampie e cuoriformi, di color verde antico, quasi vischiose e ricoperte da una fitta peluria.
I fiori sono solitari, di color giallo pallido con macchie nerastre. Sbocciano tra luglio e settembre. Dopo la fioritura il calice si accresce e avvolge il piccolo frutto, formando un tipico e curioso palloncino cuoriforme, membranoso e vescicoloso, di colore prima verde e poi gialliccio. Il frutto è una bacca lucida e grossa come una ciliegia, di color verde pallido, che vira al giallo a piena maturità.
La maturazione avviene tra settembre e ottobre, momento della raccolta. I frutti vanno poi stesi al sole affinché giungano a maturazione piena, e vanno aperti solo al momento dell’uso.
A nostro avviso l’alchechengio peruviano è la specie da preferire per la coltivazione, in quanto i frutti sono più gradevoli rispetto a quello selvatico, con un aroma prelibato e un profumo squisito. Qui trovate i semi.
Come coltivare l’alchechengi
Esigenze pedoclimatiche
L’alchechengi può essere coltivata ovunque si coltivino tutte le altre solanacee. Tanto per intenderci, nelle zone più calde del Centro-Sud riesce a superare l’inverno e quindi ad instaurarsi come pianta perenne.
Altrove, come abbiamo detto, segue un ciclo di coltivazione con rinnovo annuale.
Per la posizione nell’orto, conviene optare per una zona in pieno sole, dove riuscirà a svilupparsi sana e rigogliosa.
Per quanto riguarda il tipo di terreno, predilige quelli di medio impasto. Richiede inoltre con una buona dotazione di sostanza organica e un pH neutro o sub-alcalino.
Preparazione del terreno e concimazione
Per iniziare la coltivazione dell’alchechengi nell’orto domestico bisogna preparare per tempo il terreno. All’inizio dell’anno si procede ad una buona vangatura, ammendando sostanza organica ove il terreno ne fosse privo. Una buona idea è usare il compost domestico o l’humus di lombrico. Chi ne ha la disponibilità può usare letame maturo, prodotto da allevamenti che operano in regime biologico.
Rotazioni colturali
Come tutte le specie orticole che coltiviamo, anche l’alchechengi deve seguire una razionale rotazione colturale. Essendo una solanacea non può essere coltivata dove l’anno prima abbiamo messo piante della stessa famiglia. Parliamo di orticole impegnative, come pomodori, melanzane, peperoni, patate, peperoncini.
Un’ottima rotazione è data dalla successione a una leguminosa, ad esempio ai fagiolini.
Semina dell’alchechengi e trapianto
La moltiplicazione dell’alchechengi avviene di norma per seme. In genere si semina in semenzaio a partire dai mesi di marzo e aprile. Il semenzaio, com’è ovvio, dovrà essere protetto dalle intemperie, magari tenuto in casa e spostato all’esterno solo in giornate di sole. I giovani germogli sono molto delicati. Le piantine hanno un tempo di crescita abbastanza lungo. Bisognerà infatti aspettare circa 45 giorni dalla semina, prima di essere poterle trapiantare in piena terra, nell’orto o in vaso.
Il trasferimento dal semenzaio al terreno può avvenire a partire dalla fine di aprile e per tutto il mese di maggio. In sostanza, occorre che le condizioni meteo siano stabili e siano scongiurati i ritorni di freddo.
I periodi di luna crescente sono i migliori sia per la semina che per il trapianto.
Per la distanza d’impianto possiamo far riferimento alla melanzana, con 60 cm di distanza tra una pianta e l’altra e 1 m tra le file.
Se non abbiamo acquistato i semi per tempo, bisogna rivolgerci a vivai specializzati per l’acquisto delle piantine già formate.
Cure colturali
Per quanto riguarda le cure colturali, l’alchechengi non ha bisogno, come avviene ad esempio per pomodori e melanzane, di sostegni e legature. Questo perché non raggiunge grandi altezze.
Non sono necessarie nemmeno operazioni di potatura o sfemminellatura.
Quello che consigliamo è una buona pacciamatura naturale fatta con la paglia, oppure con la juta.
Se non è possibile fare la pacciamatura, periodicamente bisogna sarchiare il terreno.
L’irrigazione è necessaria soprattutto nei caldi mesi estivi, dopo un lungo periodo di siccità. Per questo è opportuno predisporre un impianto d’irrigazione a goccia.
Attenzione però ai ristagni idrici, che possono causare pericolosi marciumi.
L’alchechengi resiste bene alle avversità e non è una pianta molto ambita dai parassiti. Se coltivata in modo equilibrato, dunque, non ha bisogno di particolari interventi di protezione. Attenzione però agli afidi (che possono essere controllati con macerato d’ortica o aglio).
Proprietà e usi dell’alchechengi
Secondo la tradizione popolare, l’alchechengi possiede numerose proprietà terapeutiche. La parte edule sono i frutti. Mentre da evitare sono le foglie, tossiche in quanto troppo ricche di solanina.
Le bacche sono invece ricche di vitamina C, acido citrico, tannini e zuccheri. Hanno molte proprietà: sono diuretiche, anituriche, antireumatiche, antinfiammatorie. Se ne sconsiglia però l’uso alle donne incinte o in periodo di allattamento.
Si possono mangiare tal quali, dopo qualche giorno di essiccazione al sole. Come abbiamo accennato, al il gusto dell’alchechengio peruviano è molto buono, meno gradevoli sono invece i frutti selvatici.
Un uso tipico delle bacche di alchechengi è la trasformazione in gustose confetture (come questa).
In pasticceria vengono candite, oppure ricoperte di cioccolato fondente (se volete assaggiarle, potete trovarle qui).