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La clorosi ferrica è una tipica fisiopatia dovuta alla carenza di ferro, che si manifesta con un diffuso ingiallimento fogliare, il quale porta a un generale deperimento della pianta. Di solito, questa clorosi si mostra nei terreni calcarei, dove il ferro presente nel suolo è difficile da assorbire per l’apparato radicale. Per risolvere questo problema si può intervenire in primo luogo migliorando le condizioni del terreno, aumentandone la sostanza organica presente. Se ciò non dovesse bastare, si può ricorrere ai chelati di ferro, prodotti consentiti in agricoltura biologica, che si presentano come delle polvere in microgranuli facili da usare.
In questo articolo, analizziamo, quindi, questa fisiopatia e in che modo porvi rimedio.
Cos’è la clorosi ferrica
La carenza di ferro nel terreno, o la sua scarsa assimilabilità, provoca la clorosi ferrica, che è un disordine fisiologico non dovuto all’attacco di agenti patogeni o parassiti. Sintomo evidente di questo problema delle piante è l’ingiallimento fogliare. Attenzione, come abbiamo visto parlando delle foglie gialle del limone, questo sintomo può essere dovuto anche ad altre cause, come una carenza di azoto o la mancata protezione dal gelo.
L’ingiallimento fogliare
Le foglie gialle a causa della clorosi ferrica hanno una peculiarità che rende la fisiopatia riconoscibile. All’inizio, infatti, non è tutta la foglia a ingiallirsi, poiché le nervature vengono risparmiate. Se osservate una foglia gialla, ma con le nervature ancora verdi, potete di sicuro far risalire la causa alla clorosi ferrica. Con il tempo, poi, se non s’interviene, l’intera superficie fogliare ingiallisce, fino a diventare biancastra.
L’importanza di assimilare il ferro per le piante
Il ferro (Fe) è un metallo che ha un ruolo decisivo nel regolare diversi processi biochimici della vita delle piante. È un elemento che rientra nei processi di biosintesi della clorofilla, ed è, inoltre, un cofattore importante per l’attività di enzimi coinvolti in processi come il metabolismo dei carboidrati, la respirazione cellulare, la riduzione dei nitriti e dei nitrati.
La presenza di ferro aiuta la fissazione dell’azoto gassoso atmosferico nel terreno, altro elemento importante per la regolare crescita di piante e alberi.
Conseguenze della clorosi ferrica
I sintomi della clorosi ferrica si possono presentare sulla nuova vegetazione di piante in precedenza sane, facendo emergere un disturbo legato alla scarsa mobilità del ferro nel rapporto suolo/pianta. La carenza di questo elemento determina un rallentamento dell’attività vegetativa, a cui si associa un anomalo accumulo di nitrati. Il processo fotosintetico è alterato, per via dell’incapacità della pianta carente di ferro di sintetizzare la clorofilla e assimilare i nitrati. Da qui, l’ingiallimento fogliare.
Le piante più soggette alla clorosi ferrica
Non tutte le piante hanno la stessa sensibilità alla clorosi ferrica. Tra quelle più suscettibili abbiamo: vite, fragola, legumi, rose, pomodoro, agrumi (limone, clementine, arance, pompelmo, mandarini), pesco, pero, kiwi, ortensia, melo cotogno, azalea, glicine.
Le piante meno suscettibili alle carenze di ferro, invece, sono in generale le graminacee (orzo, mais, frumento, grano, avena, ecc), riso, patata, melo, barbabietola, cotone e cetriolo.
Come si comporta il ferro nei terreni calcarei
Oltre a una maggiore o minore sensibilità insita nella specie botanica, sono le piante coltivate nei terreni calcarei quelle che rischiano di più la clorosi ferrica.
L’elemento ferro (Fe) è contenuto nel terreno in percentuali molto alte, circa il 25% del peso del terreno. In realtà, la frazione solubile assorbibile dalle piante è di gran lunga minore rispetto alle loro esigenze, soprattutto nei terreni calcarei, caratterizzati da livelli elevati del pH. Un pH elevato rende ancora più difficile la solubilità del ferro e quindi il suo assorbimento.
Nei suoli calcarei, che hanno una percentuale di calcare totale superiore al 15-18% e soprattutto di calcare attivo superiore al 5%, il pH oscilla tra 7,5-8,5, quindi è molto alcalino. Il suolo tende perciò a svolgere un’azione molto clorosante, con i minerali di ferro presenti molto stabili. La stabilità determina una concentrazione di ferro solubile (e disponibile per le colture) molto bassa.
Cosa sono i chelati di ferro
Il ferro nel terreno può essere assorbito con facilità dalle piante grazie alla presenza di composti solubili, ovvero i chelati solubili. Questi proteggono il metallo dai processi di precipitazione che lo rendono indisponibile. Le sostanze che agiscono in questo modo possono essere di origine naturale (acidi umici e fulvici, leonardite) o di origine sintetica, vale a dire i chelati ammessi dalla legislazione (Decreto legislativo 29 aprile 2006 n. 217) e indicati con delle sigle: Edta, Dtpa, Eddha, Heedta, Edcha, Eddhsa.
Le sostanze umiche
Gli acidi umici e fulvici sono sempre più usati come concimi biologici. Il contenuto di sostanza organica umificata del suolo è un fattore che può avere una grande influenza sulla disponibilità di ferro. Gli acidi umici e gli acidi fulvici limitano la precipitazione dei metalli, attivando reazioni di chelazione tra il ferro e i numerosi gruppi funzionali elettron-donatori che li costituiscono (-CO-OH, -OH, -C=O, -NH2).
Gli apparati radicali delle piante e i microrganismi presenti nel suolo, sono poi in grado di produrre altre sostanze chelanti (acidi organici, amminoacidi, peptidi, ecc.). Queste, pur non essendo molto efficaci nell’intaccare in tempi brevi i minerali contenenti ferro, sono invece in grado di strappare i metalli dalla frazione umificata della sostanza organica, formando chelati facili da assorbire per le radici. I fertilizzanti a base di acidi umici e fulvici sono del tutto naturali e si trovano nei negozi specializzati.
Il ferro chelato
Ancora più efficaci contro la clorosi ferrica sono i chelati sintetici di ferro, che si presentano come una polverina rossa in microgranuli. Si possono disciogliere in acqua tramite l’impianto l’irrigazione, oppure dare tal quale ammendando la polvere al terreno. Questi chelati risolvono il problema della clorosi in modo piuttosto veloce, in quanto subito disponibili e assorbibili dalle radici. Il consiglio è di usarli periodicamente, per migliorare la fruizione del ferro. Nei frutteti, ad esempio in un agrumeto, si possono dare a inizio primavera, con la ripresa dell’attività vegetativa. In orticoltura e in terreni molto carenti, si può dare il ferro chelato a inizio del ciclo (anche a metà, ove ve ne fosse bisogno). Se avete intenzione di acquistarli, li trovate qui. Per i dosaggi e per un risultato sicuro, occorre seguire in modo preciso le indicazioni riportate in etichetta.
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