La coltivazione dei carciofi è una pratica agricola assai diffusa nel nostro Paese, sia a livello professionale, che nell’orto domestico.
L’Italia è infatti uno dei maggiori produttori a livello mondiale, con le coltivazioni che si concentrano specialmente nel Centro-Sud Italia.
Il successo dei carciofi è dovuto alla loro grande versatilità in cucina, sono infatti i protagonisti di numerosi piatti regionali.
Con le giuste cure colturali questa pianta può garantire ottime rese nell’orto familiare.
Vediamo quindi come avviare una coltivazione di carciofi, ovvero una carciofaia, e quali sono tutti gli accorgimenti colturali necessari.
Identificazione e origini
Il carciofo Cynara cardunculus L. scolymus è una pianta della famiglia delle Asteracee o Compositae, sottofamiglia delle Tubuliflorae, tribù delle Cynareae, genere Cynara, specie scolymus.
Altre specie assai diffuse sono la Cynara cardunculus silvestris, ovvero il cardo selvatico, noto anche come carduccio, specie spontanea nel Mediterraneo; e la Cynara cardunculus altilis, ossia il cardo domestico.
In quest’articolo, però, tratteremo solo la prima delle tre specie, quella principale, coltivata sia a livello professionale che domestico.
Il carciofo ha originari comprese tra la costa orientale del Mediterraneo e l’Africa settentrionale, fino all’Etiopia, nazione in cui se ne trovano, ancora oggi, diverse specie spontanee.
La coltivazione dei carciofi è diffusa sin dall’antichità ed apprezzata per il pregio e il gusto unico dei capolini. Era molto praticata presso i greci, i latini e gli ebrei e le prime descrizioni botaniche risalgono allo storico greco Teofrasto.
Il termine italiano “carciofo” e quello spagnolo alcachofa derivano dalla parola araba harsciof.
Le migliori varietà di carciofi da coltivare
Esistono numerose varietà di carciofi da coltivare, che si possono suddividere in quattro gruppi. Vediamo quali sono.
- Spinosi: Spinoso Sardo, Spinoso violetto di Liguria e Spinoso di Palermo. Presentano capolini di dimensioni medie, forma conica. Si dicono spinosi per via delle spine sulle foglie interne. Si tratta di piante cosiddette “rifiorenti”, con la possibilità in estate, grazie a copiose irrigazioni, di far rivegetare la “ceppaia” e regalare una produzione autunno-invernale molto apprezzata.
- Catanesi: carciofo Catanese, Siracusano, Masedu, Violetto di Catania, Violetto d’Algeria e Violetto di Provenza. Sono piante dalla maturazione del capolino precoce, dimensioni medie e forma cilindrica. Anche i carciofi del gruppo “Catanese” sono rifiorenti.
- Violetti: Violetto di Toscana, Violetto di Maremma, Violetto di Pesaro, Violetto di San Luca, Precoce Violetto di Chioggia, Moretto. La loro caratteristica comune è un capolino di grandi dimensioni e forma ellissoidale.
- Romaneschi: Romanesco, Campagnano, Mazzaferrata, Castellamare, Grosso Orvientano. Sono molto diffusi e apprezzati nel Centro Italia, con una produzione regolare e un capolino di grandi dimensioni.
Caratteristiche botaniche dei carciofi
In natura il carciofo è una pianta di tipo erbaceo e perenne. Nella coltivazione segue dei cicli poliennali.
Le piante originate da seme hanno una radice principale a fittone e numerose radici secondarie. I carciofi che derivano da carduccio o da ovulo, presentano radici avventizie fibrose, che crescendo diventano carnose e si ingrossano. In questa fase cessano la loro attività trofica, per svolgere solo quella di riserva (vedremo in seguito le differenze del tipo d’impianto).
Primo anno
Nel primo anno le radici di maggiori dimensioni, in genere, non vanno oltre i 40 cm di profondità. Nelle piante di carciofi con più di un anno di età, la funzione trofica viene mantenuta fino a quando il carduccio è in crescita attiva. Nella pianta continuano a formarsi nuovi carducci, le radici fibrose dell’anno precedente diventano carnose e quelle vecchie vengono sostituite.
Anni successivi al primo
Nell’anno successivo a quello d’impianto la lunghezza delle radici aumenta, fino ad arrivare anche a 1,5 m di profondità.
Il fusto rizomatoso ha portamento eretto e si ramifica in tempo di fioritura. E’ molto robusto, con striature longitudinali e foglie alterne grandi, di colore verde intenso-grigiastro nella pagina superiore, più chiare e con peluria in quella inferiore.
La presenza di spine sulle foglie dipende dalla varietà.
Il fusto è anche detto “ceppo” o “ceppaia”. Su di esso si differenziano le guaine che, in seguito, formeranno i carducci e i capolini.
Il fusto ha un’altezza che varia da 0,5 a 1,5 m e porta i capolini in fase terminale. Il capolino è la parte edule del carciofo, quando è ancora immaturo. In sostanza, altro non è che l’infiorescenza.
L’infiorescenza a capolino, chiamata anche calatide, è formata da una parte basale (ricettacolo carnoso). Qui sono inseriti i fiori di tipo ermafrodito (flosculi), di colore azzurro-violaceo. Sul talamo dei fiori sono presenti molteplici setole bianche, ossia: il “pappo”.
Sul ricettacolo del capolino si inseriscono le brattee, una sopra l’altra. Le più interne sono tenere e carnose, le più esterne fibrose. Le brattee interne sono il “cuore” del carciofo, la parte che mangiamo. Naturalmente il capolino deve essere colto prima di andare a fiore.
L’impollinazione dei fiori avviene ad opera degli insetti.
Dopo la piena maturazione dei fiori, si formano gli acheni (il frutto), di forma allungata, sezione quadrangolare e colore bruno-grigiastro.
La coltivazione dei carciofi
Esigenze ambientali
La coltivazione del carciofo richiede un clima mite, ma allo stesso tempo abbastanza umido. Nelle regioni centro-meridionali ha un ciclo produttivo in autunno e primavera. Nelle zone più fredde, invece, tende a produrre in primavera ed estate. Per quanto riguarda la protezione dal freddo, la pianta di carciofo resiste bene a temperature intorno allo zero. Temperature più basse iniziano a provocare danni alle foglie e al capolino. Sotto i -10 °C, invece, possono essere danneggiati il fusto e le gemme.
La pianta può risentire anche del caldo eccessivo. Per questo, di solito, la fase del riposo vegetativo va dalla fine della primavera fino ai periodi più caldi dell’estate.
Preparazione del terreno e concimazione
Per la coltivazione del carciofo l’ideale è avere a disposizione terreni di tipo profondo, di medio impasto. Devono inoltre essere drenati e con un pH con reazione da neutra a sub-acida. Nei terreni molto sciolti, o viceversa in quelli calcarei, la pianta produce capolini più piccoli. Nei suoli argillosi la formazione del capolino avviene in ritardo. La pianta tollera bene anche terreni caratterizzati da una moderata salinità.
Visto che il carciofo può rimanere nella stessa porzione di terreno anche per 5 o 6 anni, molta attenzione deve essere dedicata alla fase di preparazione del terreno.
Questa coltura trae giovamento da un’aratura profonda prima dell’impianto (40-50 cm), interrando al contempo molto letame maturo. Una dose consigliata è 5 kg di letame per 1 mq. Se non disponete di letame maturo, una buona alternativa è uno stallatico pellettato come questo. In questo caso, per il dosaggio consigliamo di seguire le indicazioni riportate in etichetta.
Questo tipo di lavorazione si può effettuare all’inizio dell’estate o in autunno.
Altra accortezza è che prima di procedere all’impianto, nei modi in cui fra poco vedremo, è necessario una lavorazione di sminuzzamento e livellamento della parte superficiale del terreno. Bisogna in questa fase prevedere anche delle vie di scolo dell’acqua. Il ristagno idrico, infatti, è uno dei principali problemi della coltivazione dei carciofi, provocando asfissia radicale e deperimento della pianta.
Impianto di irrigazione
Le aree di coltivazione dei carciofi sono per lo più quelle centro-meridionali. Queste zone, a volte, sono caratterizzate da lunghi periodi di siccità. L’irrigazione, dunque, risulta indispensabile per ottenere buone produzioni.
Il necessario apporto idrico deve essere garantito sempre, ad eccezione del periodo di riposo della pianta.
In molte aree meridionali, poi, l’irrigazione viene usata tra luglio e agosto per anticipare il risveglio vegetativo e la produzione. Con tale tecnica, le varietà che prima abbiamo definito rifiorenti (gruppo “Spinosi” e “Catanesi”), sono in grado di fornire la produzione dopo circa 90 giorni dal risveglio, quindi in autunno. Il risveglio, di norma, avviene a settembre, con le piogge abbondanti. La produzione si ha dopo 120-140 giorni, anche per via delle temperature più basse.
Nel caso delle varietà più tardive, l’irrigazione viene usata in primavere siccitose. Questo non tanto per anticipare il risveglio, quanto per ottenere un’elevata qualità prodotto e prolungarne il periodo di raccolta.
Per l’irrigazione dei carciofi nell’orto si consiglia di usare il sistema per scorrimento o infiltrazione laterale dell’acqua. L’acqua viene fatta scorrere nei solchi, che naturalmente devono essere predisposti all’impianto della carciofaia.
La messa a dimora, le quattro diverse tecniche
Per mettere a dimora i carciofi e dare avvio alla coltivazione, esistono tre diverse tecniche, da realizzare in periodi diversi. Per tutte la distanza d’impianto che va rispettata è quella di 1 m tra le file e le piante.
Queste tecniche sono
- Piantine con pane di terra messe a dimora;
- Carducci messi a dimora;
- Ovoli messi a dimora;
Esiste poi anche la possibilità di procedere con la semina diretta.
Vediamo ora, una per una, come funzionano le tre tecniche di messa a dimora e la semina.
Piantine con pane di terra
Nell’orto domestico la tecnica più semplice per piantare i carciofi è quella della messa a dimora usando piantine già formate e con pane di terra, che vi consigliamo di acquistare in vivai biologici certificati.
Il periodo migliore per effettuare il trapianto sono i mesi di aprile e maggio.
Messa a dimora dei carducci
Altra tecnica di messa a dimora dei carciofi è l’interramento dei carducci. Si tratta di germogli prelevati alla base di piante con più di un anno di vita, quindi per ampliare la carciofaia.
Devono essere germogli ben sviluppati, sui 30-40 cm, con una buona porzione di radici e provvisti di almeno 4-5 foglie. La parte terminale del carduccio deve essere cimata di circa 5 cm prima dell’impianto. Con questa tecnica si possono scegliere due periodi per l’impianto: da metà febbraio a metà aprile, oppure da metà settembre a fine ottobre.
Messa a dimora di ovoli
La messa a dimora di ovoli per coltivare carciofi si pratica nelle regioni meridionali dove c’è la possibilità d’irrigazione. Gli ovoli sono delle gemme che si formano alla base del fusto, ovvero sono i carducci allo stato embrionale.
Il periodo migliore per prelevarli e metterli a dimora è tra i mesi di luglio e agosto.
Semina diretta
Per avviare una coltivazione di carciofi c’è anche la possibilità della semina diretta nell’orto. Questa va eseguita nel mese di maggio, quando ormai sono scongiurati i rischi di gelate o cali improvvisi di temperatura.
Il seme s’interra alla profondità di circa 1,5 cm mantenendo la distanza di 1 m tra le file.
Sulla fila la semina è più intensa, in quanto poi si procede al diradamento delle piante.
Quando le giovani piantine nate da seme hanno raggiunto l’altezza di circa 10 cm, vanno diradate lasciando le migliori e rispettando sempre la distanza di 1 m sulla fila.
Le cure colturali dei carciofi
Dicioccatura
Coltivare carciofi prevede delle cure colturali particolari e uniche.
Innanzitutto abbiamo la dicioccatura, ossia un’operazione che ha la finalità di eliminare gli steli che hanno già prodotto i capolini. Com’è ovvio, questa pulizia si effettua da dopo il primo anno di impianto.
Il periodo per eseguirla è l’inizio dell’estate, quando la pianta è secca.
Tecnicamente la dicioccatura si esegue recidendo lo stelo a circa 4 cm al di sotto del terreno eliminando anche le gemme che nel frattempo si saranno formate.
Per effettuare questo taglio è opportuno l’uso di una zappa molto affilata, poiché lo stelo sarà molto coriaceo e resistente.
Il materiale asportato va allontanato dal campo per evitare marciumi.
Scarducciatura
Altra operazione particolare è la scarducciatura, che consiste nell’asportazione dei carducci in eccesso. Anche questa si esegue negli anni successivi al primo impianto. Di solito si lasciano per ogni pianta 2-3 carducci, scegliendo i più vigorosi. Questi produrranno più velocemente e con capolini più grossi.
Il numero d’interventi di scarducciatura da eseguire varia in funzione della cultivar, dell’età della carciofaia e della nostra scelta su quanti carducci lasciare.
In media, questa operazione viene eseguita due volte durante la stagione, ovvero in autunno o a fine inverno-inizio primavera.
I carducci eliminati possono essere usati per ampliare la carciofaia (i più grandi), oppure in cucina come se fossero dei cardi (i più piccoli).
Rincalzatura
Un’altra operazione che si esegue sulla pianta di carciofo è quella della rincalzatura. Questa tecnica altro non è che il lavoro di riportare la terra alla base della pianta con una zappa. E’ un’operazione che si pratica soprattutto nelle regioni del Nord, dove sussistono maggiori rischi di gelate. Può essere invece tralasciata nelle zone a clima mite durante l’inverno.
Sarchiatura
Visto il lungo periodo di permanenza nell’orto che hanno i carciofi, è opportuno provvedere a periodiche sarchiature. Questa tecnica consiste nella pulizia del terreno intorno alla pianta dalle erbe infestanti. Si opera con una zappa e soprattutto nell’interfila. Alla base delle piante, visto il vigore vegetativo, di norma il problema delle erbe infestanti è limitato.
La raccolta dei carciofi
La raccolta dei carciofi va eseguita quando il gambo che porta il capolino si è allungato. Il capolino deve avere le brattee ben chiuse e deve aver raggiunto la dimensione che ci aspettiamo dalla varietà.
Ritardare troppo la raccolta può pregiudicare la qualità finale del prodotto. Le brattee iniziano ad allargarsi e a mutare colore, insomma si va verso la fioritura. Dunque il capolino diventa più duro, fino a essere non più commestibile.
Il taglio del capolino si fa asportando una parte di fusto (circa 10 cm) e praticando un taglio a fischio. Insomma, lo stesso tipo di taglio che abbiamo visto parlando in generale della potatura delle piante.
A seconda della varietà possono essere raccolti dai 4 ai 15 capolini per pianta. Questa raccolta è scalare, inizia a febbraio-marzo e termina a maggio-giugno nelle varietà primaverili (Centro-nord). Inizia, invece, a ottobre-novembre e termina a maggio nelle varietà autunnali (Sud).
Avversità e parassiti
La difesa biologica da avversità e parassiti è uno degli aspetti più critici della coltivazione dei carciofi.
Afidi
Tra i parassiti animali più temibili per il carciofo c’è l’afide, in particolare la specie Brachycaudus cardui, specifica della pianta.
Questi afidi formano grandi colonie su fusti, foglie e capolini. Devono essere tenuti sotto controllo, pena la produzione di tanta melata e fumaggine e, di conseguenza, il deperimento della pianta. Una soluzione è rappresentata dall’intervento degli insetti utili, nello specifico le coccinelle. Qualora questo intervento non si riveli efficace, occorre intervenire con abbondanti lavaggi di sapone potassico molle. Un prodotto specifico per l’agricoltura biologica lo potete trovare qui.
Contro gli afidi del carciofo l’uso di macerati naturali, come quello d’aglio e d’ortica, sortisce ben pochi effetti preventivi.
Lepidotteri
Altri parassiti dannosi per la pianta di carciofo sono due specie di lepidotteri, ossia la depressaria (Depressaria erinaceella) e la nottua (Gortyna xanthenes).
La depressaria in autunno depone le uova sulla pianta. Da queste nascono le larve che si sviluppano durante l’inverno scavando gallerie tra le foglie e i capolini.
La nottua del carciofo, invece, dà il via alla sua unica generazione annuale verso il mese di febbraio. Anch’essa scava gallerie all’interno delle foglie, attacca altresì lo stelo ed erode i capolini.
Per entrambi questi parassiti consigliamo l’uso del bacillus thuringiensis, non appena si nota la presenza delle larve. Un ottimo prodotto adatto all’agricoltura biologica lo trovare qui.
Malattie fungine
Tra le avversità legate alle malattie fungine, la più temibile per la coltivazione dei carciofi è l’oidio.
Questa malattia crittogamica, nota anche come mal bianco (Leveillula taurica forma cynarae) si manifesta con macchie clorotiche gialle sulla superficie fogliare. Nello stadio successivo, la pianta viene poi ricoperta da fastidiosa muffa bianca. Le parti dell’apparato fogliare colpito dapprima ingialliscono, poi seccano.
Il periodo più favorevole per l’esplosione di questa malattia sul carciofo è la fine dell’estate, nei giorni di caldo umido.
I modi migliori per prevenire la presenza di questa malattia sono l’uso del bicarbonato di sodio e/o dello zolfo bagnabile in polvere (prodotto consentito in agricoltura biologica) che potete trovare qui.