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L’inerbimento è una tecnica agronomica ampiamente diffusa in agricoltura biologica. Viene adoperata sia nel frutteto, che nel vigneto biologico.
In sostanza, consiste nel rivestire il terreno occupato dalla coltura principale con una copertura erbacea, controllata tramite periodici sfalci.
La biomassa che ne deriva viene lasciata sul terreno e ha diverse funzioni.
In quest’articolo cerchiamo di capire quali sono i vantaggi di questa tecnica rispetto alle tradizionali lavorazioni del terreno.
Inoltre, illustriamo anche quali sono le essenze erbacee più usate ed efficienti per la migliore riuscita di questa tecnica.
I vantaggi dell’inerbimento
In agricoltura tradizionale, la tecnica dell’inerbimento viene usata per preservare i terreni in forte pendenza dall’erosione degli agenti atmosferici.
L’acqua e il vento nei terreni lavorati spesso causano, infatti, forti perdite di suolo.
L’inerbimento protegge dall’erosione grazie all’apparato radicale dell’essenza erbacea, che funge da legante del terreno. Con questo pratica si possono ridurre le perdite di suolo anche del 95% rispetto ai terreni lavorati.
Oltre a questa funzione classica, l’inerbimento in agricoltura biologica presenta altri numerosi vantaggi. Questi possono interessare la vigoria delle piante, i ristagni idrici, l’aumento della biodiversità, il risparmio economico e altro ancora.
Vediamo quindi in dettaglio quali sono questi vantaggi.
Aumento e conservazione della sostanza organica
Lo sfalcio dell’essenza erbacea viene lasciato sul terreno, costituendo sia uno strato di pacciamatura naturale che una concimazione organica. Questo è di fondamentale importanza per una nutrizione equilibrata delle piante.
Il tappeto erboso, inoltre, migliora il trasferimento del fosforo e del potassio negli stadi più profondi del terreno. Questo grazie alla sostanza organica che viene rilasciata durante il ciclico rinnovamento delle radici. Dapprima, quindi, abbiamo una nutrizione organica degli strati più superficiali. Poi, col tempo, questa arriva sempre più in profondità.
Quando il manto erboso è stabilizzato, e quindi l’inerbimento è permanente, sono meno necessarie le classiche concimazioni organiche.
Miglioramento della struttura del terreno
L’aumento della sostanza organica produce più aggregazione del suolo e, allo stesso tempo, ne migliora la porosità. Questo si traduce in un’aumentata capacità del terreno di assorbire l’acqua e in una maggiore areazione degli strati più profondi. Dunque, per le radici c’è più acqua e più aria, e questo permette alla pianta una crescita sana.
Aumento della portanza
Rispetto a un terreno lavorato di frequente, l’inerbimento migliora la portanza, ossia la capacità del di sostenere il passaggio delle macchine agricole. Questo può essere molto vantaggioso nel momento della raccolta, soprattutto in vigneti e frutteti di dimensioni estese.
Risparmio economico
Altro vantaggio dell’inerbimento è l’assenza di lavorazioni. Questo, com’è ovvio, si traduce in un evidente risparmio economico e ambientale. Il gasolio agricolo infatti inquina e, inoltre, costa sempre di più. Per non parlare del costo delle molte ore di lavoro che un terreno non inerbito richiederebbe.
Aumento della biodiversità
La vegetazione permanente dovuta all’inerbimento favorisce la presenza di entomofauna, ossia degli insetti. Questi possono essere utili (api, coccinelle, predatori naturali), ma anche parassiti. Con il tempo, grazie all’elevata biodiversità, si crea un naturale equilibrio che rende meno necessario l’intervento umano per la difesa delle colture.
Controllo della vigoria delle piante
La competizione tra il tappeto inerbito e le colture principali tiene sotto controllo in modo naturale la vigoria delle piante. Ciò si traduce in minori interventi di potatura. Il minor vigore, inoltre, riduce la presenza di malattie favorite dal lussureggiamento vegetativo.
Minore ristagno idrico
Come abbiamo visto parlando delle principali colture arboree del frutteto familiare (ciliegio, melograno, pesco, mandorlo, noce, gelso, limone, fico, kaki, nespolo, nocciolo ecc) il ristagno idrico è uno dei principali problemi da fronteggiare. L’inerbimento consente di ridurre questo problema, migliorando sia l’assorbimento idrico, che lo sgrondo delle acque in eccesso.
Gli svantaggi dell’inerbimento
Il principale problema dovuto all’inerbimento permanente può essere quello della competizione idrica tra prato e piante arboree. Questa situazione può essere problematica specie in terreni siccitosi e in assenza di acqua irrigua.
Per questo motivo l’inerbimento permanente totale si effettua solo in condizioni di elevato rischio di erosione del terreno. E solo in ottime condizioni di disponibilità idrica.
Se l’acqua è limitata è bene optare o per un inerbimento temporaneo, ossia il sovescio, o per un inerbimento permanente parziale. In questo secondo caso è sufficiente lasciare aree non inerbite (ossia è sufficiente lasciare le normali lavorazioni).
Altro problema che può causare l’inerbimento è l’aumento del rischio di gelate. Nei terreni inerbiti, infatti, la temperatura al suolo tende a essere più bassa che in quelli lavorati.
Inerbimento spontaneo e artificiale

Inerbimento del vigneto
L’inerbimento può essere spontaneo o artificiale. Nel primo caso lo si ottiene lasciando crescere la flora senza intervento umano. I costi sono bassi, ma il risultato finale non è sempre buono. Questo perché occorrono circa 2-3 anni per ottenere una copertura fitta, che, a volte, manca anche delle caratteristiche desiderate.
Con l’inerbimento artificiale invece si effettua la semina diretta di un miscuglio di specie diverse. Vengono seminate essenze erbacee con caratteristiche eterogenee, in genere 4-5 specie di graminacee, con percentuali variabili di leguminose. Con questo inerbimento si ottiene in breve tempo un tappeto erboso con una buona resistenza al calpestamento. Inoltre, il manto ha discreta competitività contro le infestanti (e non verso la coltura principale) e buona durata nel tempo.
Periodo di semina e materiale sementiero
La semina dell’inerbito si effettua in diversi periodi dell’anno. I più favorevoli sono da metà settembre a fine ottobre e da fine gennaio a metà marzo.
Dopo un’ultima lavorazione superficiale del terreno si semina a spaglio, facendo scendere con un rastrello o con un rullo il seme a 1-2 cm di profondità.
Per una corretta riuscita, bisogna scegliere varietà basse, e non siano erbe da foraggio a taglia alta.
La quantità di seme necessaria è in media 50 kg ad ettaro. Com’è ovvio, è necessario usare sementi con adeguata certificazione biologica.
Gestione dell’inerbimento

Inerbimento del frutteto
L’inerbimento va gestito in modo corretto, effettuando gli sfalci nel momento giusto. Come abbiamo visto lo sfalcio permette il rilascio di elementi nutritivi importanti per le piante.
Se l’erba tagliata è poco matura si ha una rapida mineralizzazione e quindi una perdita delle potenzialità di concimazione organica.
Quando l’erba ha raggiunto la giusta maturazione si favorisce la formazione di humus stabile. Questo aumenta l’assorbimento di elementi nutritivi da parte del terreno.
Il momento migliore per il primo sfalcio è subito dopo la fioritura. Per un secondo taglio bisogna poi lasciar trascorrere almeno 15 giorni.
Le principali essenze erbacee utilizzate per l’inerbimento
Ecco le caratteristiche delle principali essenze erbacee usate di norma per l’inerbimento.
- Lolium perenne. Graminacea conosciuta anche come loietto inglese. Garantisce una rapida copertura del suolo soffocando le infestanti, e consolida in maniera rapida le superfici in pendio. Non ha una lunga durata (2-3 anni). Col passare del tempo lascia spazio ad essenze più aggressive come le festuche. Ha una scarsa resistenza al freddo e alla siccità, mentre reagisce bene alle condizioni di umidità. I semi certificati potete trovarli qui
- Festuca arundinacea. Graminacea molto produttiva, ma esigente in termini di acqua. Si adatta bene in terreni irrigui e fertili, dove è molto utile per frenare la vigoria delle piante. Ha un’ottima durata nel tempo e garantisce sfalci abbondanti e una buona portanza. I suoi semi certificati biologici li trovarte qui
- Festuca ovina. Graminacea che si instaura con lentezza. E’ più adatta delle altre ai terreni siccitosi.
- Poa pratensis. Graminacea con un lento periodo d’instaurazione e riesce a chiudere i vuoti lasciati dalle altre specie. Ha una grande resistenza al calpestamento e una lunga durata. Ha inoltre scarse esigenze idriche e nutrizionali e non manifesta grosse competizioni con le specie arboree principali.
- Festuca rubra. Graminacea che si instaura con più lentezza. Alla lunga, però, prevale per via della maggiore durata nel tempo: anche 10 anni. E’ di taglia contenuta e necessita di pochi sfalci. Manifesta una scarsa competizione con le colture arboree principali. Ha un’ottima resistenza al freddo, ma meno alla siccità.
- Trifolium repens. E’ il classico trifoglio, dunque è una leguminosa. L’inerbimento con questa pianta migliora di molto fertilità e struttura del suolo. Grazie all’apparato radicale profondo apporta azoto. Si adatta molto bene ai terreni più argillosi e calcarei. E’ un’essenza molto produttiva e duratura. I semi certificati li trovate qui)
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6 commenti
Ho circa 60 alberi di ulivo in 2300mq di terreno vorrei fare un orticello e mettere qualche albero da frutta a San Vito lo capo (Tp)
mi interessano i vostri articoli
Molto interessante
Bravi,,complimenti ,,le vostre informazioni sono utili e curano il pianeta,,,
Grazie 🙂
Ottimo articolo, chiaro e ben comprensibile.
Quanto avete scritto mi sarà molto utile. Grazie