Diciamolo subito, l’oziorrinco è uno degli insetti parassiti più temibili per le nostre piante. Appartiene a una grande famiglia di coleotteri che andremo ad analizzare all’interno dell’articolo, osservando da vicino le specie più diffuse nel nostro Paese. Vedremo poi come agiscono questi insetti e quali sono i principali danni che causano alle colture orticole e arboree. Così facendo acquisiremo le basi per effettuarne un veloce riconoscimento. Infine, parleremo di come combattere questo parassita con la lotta biologica, sottolineando fin da subito che, per le sue caratteristiche intrinseche, questo tipo di difesa ha un certo grado di complessità.
Ma andiamo per ordine, e vediamone prima di tutto l’identificazione entomologica.
L’oziorrinco, identificazione entomologica
Con il nome comune di “oziorrinco” (Otiorhynchus), si identifica una classe di insetti appartenente all’ordine dei coleotteri, sottordine dei polifagi, famiglia dei Curculionidi.
A questo genere appartengono oltre 1.500 specie, diffuse soprattutto nella zone dell’Europa meridionale, dell’Africa settentrionale e dell’Asia a nord dell’Himalaya.
Specie e danni
Otiorhynchus rugosostriatus

Otiorhynchus rugosostriatus
Una delle specie più diffuse è l’ otiorhynchus rugosostriatus. Questa specie attacca principalmente coltivazioni erbacee d’interesse agricolo, piante arbustive, fragole e gli alberi che troviamo nei boschi.
Gli adulti sono lunghi circa 7 mm, hanno colorazione nerastra e corpo massiccio, tipicamente incurvato a forma di C.
Le larve sono apode, di colore biancastro e con capo ocraceo-brunastro.
Questa specie, come le altre di oziorrinco, ha abitudini notturne. I danni alle colture sono causati soprattutto dall’attività trofica delle larve, che penetrano nell’apparato radicale scavando vere e proprie gallerie.
Inoltre, per arrivare allo stadio adulto, queste mangiano le radici fino a spezzarle. Le piante che vengono attaccate da questo tipo di oziorrinco presentano un accrescimento stentato, appassiscono e avvizziscono. Gli stadi adulti di questa specie provocano lievi danni sui margini fogliari, attraverso la nutrizione che si manifesta con l’erosione delle foglie.
Otiorrhynchus cribricollis

Otiorrhynchus cribricollis
Altra specie di rilevante interesse agronomico è l’oziorrinco dell’olivo, nome scientifico Otiorrhynchus cribricollis. Oltre agli ulivi, questa specie attacca piante quali gli agrumi, la fragola e l’erba medica.
L’insetto adulto misura circa 8 mm (mentre le grosse larve biancastre arrivano a 7). Il colore è un chiaro brunastro, il corpo è massiccio. Non ha vere e proprie ali poiché le elitre sono saldate tra loro.
L’oziorrinco dell’olivo, quando è adulto, produce sulla pianta una forte erosione delle foglie.
Negli stadi larvali, invece, le erosioni avvengono al di sotto del colletto della pianta e sulle radici.
Se le piante attaccate sono giovani c’è il grave rischio che muoiano.
Otiorhynchus sulcatus

Otiorhynchus sulcatus
L’ultima specie che vi vogliamo far conoscere è nota con il nome di oziorrinco della vite, Otiorhynchus sulcatus.
Le piante che predilige attaccare sono: la vite, il rododendro, l’ azalea, l’alloro, il ginepro, l’agrifoglio.
Il coleottero adulto arriva a misurare anche 10 mm, ha un corpo lucente e per riconoscerlo basta guardare le ali, che hanno forti scanalature e sono ricoperte di peli gialli. Gli stadi larvali invece hanno una colorazione marrone chiaro, con il capo rossiccio.
I danni alle piante sono causati soprattutto dagli insetti adulti, che colpiscono fortemente le foglie.
Le larve di questa specie sono meno aggressive sulle radici.
Ciclo biologico, caratteri comuni

Larva di Oziorrinco Otiorhynchus sulcatus
Gli esemplari femminili dell’oziorrinco si riproducono per partogenesi, ossia la riproduzione verginale senza bisogno di fecondazione. Le femmine ovidepongono in fasi successive alla base delle piante colpite.
Le larve svernano nel terreno per raggiungere la maturità nella primavera successiva. A partire dal mese di maggio avviene lo sfarfallamento degli esemplari adulti.
L’oziorrinco compie di norma una sola generazione l’anno. I danni alle piante che abbiamo descritto in precedenza sono dunque provocati: dagli insetti adulti nel periodo primaverile, dalle larve nel periodo estivo e a ridosso dell’autunno (larve che poi sono destinate a svernare).
Da sottolineare inoltre che l’oziorrinco è un insetto notturno. Gli esemplari adulti escono da sotto terra al tramonto per svolgere la loro attività trofica sulle foglie. Tornano poi a rifugiarsi sottoterra alle prime luci dell’alba.
La difesa biologica dall’oziorrinco
Per tutte queste sue caratteristiche l’oziorrinco è un insetto molto difficile da combattere. I rimedi biologici che abbiamo trattato per altre specie d’insetti, tipo afidi, tuta absoluta del pomodoro, cocciniglia, cavolaia, non sono efficaci. E nemmeno in agricoltura tradizionale, con l’utilizzo di dannosi pesticidi chimici, si ottengono risultati rilevanti. Questo tipo d’insetto, infatti, è un po’ come le cimice asiatica, alla quale è accomunata dalla dura corazza esterna, che rende difficile intervenire.
Per fortuna, però, è stata trovata un’efficace soluzione biologica per risolvere il problema. Tutto ciò che bisogna fare è utilizzare dei parassiti specifici per questo genere d’insetti, ossia i nematodi entomopatogeni. Scopriamo cosa sono e come agiscono.
I nematodi entomopatogeni

Ingrandimento del nematode entomopatogeno Heterorhabditis bacteriophora
I nematodi sono dei microscopici vermi di forma cilindrica, non visibili ad occhio nudo, ma solo al microscopio. La loro dimensione è di circa 880 micron e in genere sono dei parassiti che non fanno bene al nostro orto.
La natura però ci offre anche specie utili. Queste sono per l’appunto i nematodi entomopatogeni. Questa specie è in grado di parassitizzare insetti dannosi come l’oziorrinco e si possono utilizzare proficuamente per la difesa biologica delle piante. Le specie di nematodi entomopatogeni più utilizzate a questo fine sono quelle appartenenti ai generi Steinernema e Heterorhabditis. In modo particolare Steinenernema feltiae, S. Carpocapsae, S. Kraussei, Heterorahabditis bacteriophora e H. Megidis.
Come agiscono
I nematodi entomopatogeni sono detti parassiti obbligati delle larve e sono utili sia contro i coleotteri (oziorrinco), che contro le larve di lepidotteri, ditteri e imenotteri. Questi insetti, negli stadi larvali, vivono nel terreno o in zone umide, come le gallerie che scavano nelle piante.
Tornando al meccanismo di azione dei nematodi sull’oziorrinco, questo si può così sintetizzare. Il nematode viene liberato nel terreno, dove penetra alla ricerca delle larve di coleottero. Identificata e parassitizzata la larva, rilascia al suo interno dei batteri simbionti che portano quest’ultima alla morte entro 72 ore. In seguito, i nematodi riescono a riprodursi sul corpo della larva stessa, da cui traggono nutrimento. Quando sono maturi vanno alla ricerca di nuove larve.
Vantaggi nell’utilizzo dei nematodi
Innanzitutto i nematodi entomopatogeni vengono considerati dei macrorganismi. Questo vuol dire che tramite un meccanismo naturale, agiscono senza causare nessun tipo di danno all’ecosistema, anche perché le specie che vengono riprodotte e commercializzate sono già diffuse in natura.
Hanno azione larvicida e quindi attaccano solo le larve dell’insetto bersaglio, le forme adulte non vengono parassitizzate.
Non riescono a penetrare nelle parti vegetali sane della pianta ma raggiungono solo l’insetto parassita sfruttando il danno già presente sulla vegetazione.
I nematodi, inoltre, si muovono, sopravvivono e agiscono solo in condizioni di elevata umidità. Sono quindi in grado di raggiungere le larve dell’oziorrinco negli strati superficiali del terreno bagnato, laddove invece gli altri prodotti non riescono ad arrivare.
Non hanno tempi di carenza e sono totalmente innocui per l’uomo e gli animali.
Modalità di applicazione
Per la difesa biologica dall’oziorrinco sono due le epoche migliori per effettuare il trattamento. La primavera, agendo sulle larve svernanti, e in piena estate sulle larve giovani, ancora più facili da eliminare.
I nematodi vengono commercializzati da apposite ditte che li distribuiscono in contenitori refrigerati in polistirolo, in modo da garantire la sopravvivenza del macrorganismo, che non resiste al temperature eccessive.
Le formulazioni in vendita sono costituite generalmente da una massa soffice disidratata in un substrato inerte (argilla, alginato o gel). Questo viene riattivato grazie al mescolamento con l’acqua. Molto semplicemente, basta aggiungere i nematodi all’acqua, agitare in maniera lenta e costante la soluzione e distribuirla sul terreno delle piante da trattare.
Il trattamento deve essere effettuato nelle ore fresche della giornata, in quanto i nematodi devono avere il tempo di penetrare nella terra. Diversamente, il caldo e l’esposizione solare ne limitano fortemente l’efficacia.
Mantenendo sempre il terreno ben umido, poi, i nematodi riescono a sopravvivere anche per 2 settimane, prolungando la loro azione.
Un prodotto a base del nematode entomopatogeno Steinenernema feltiae, ideale per un uso domestico e con un prezzo abbastanza contenuto (vista la media di mercato), lo trovate qui.
Se volete ricercare altri nematodi entomopatogeni per la difesa biologica dall’oziorrinco, il consiglio è di indirizzare la vostra ricerca, oltre che sulla specie appena citata, anche sull’Heterorahabditis bacteriophora.
In questa sede, ovviamente, abbiamo dato delle linee guida generali. Per un utilizzo appropriato ed efficace, consigliamo come sempre di seguire in maniera specifica le indicazioni fornite dal produttore.
Altre tecniche agronomiche per limitare i danni dell’oziorrinco
Se per gli stadi larvali la difesa con i nematodi entomopatogeni è la soluzione più efficace in assoluto, per gli stadi adulti le tecniche si limitano ad azioni di tipo manuale e di buona gestione agronomica.
Innanzitutto, se vi è presenza dell’insetto adulto, nelle ore serali, tramite battitura delle foglie, si può procedere alla rimozione manuale. L’oziorrinco è molto resistente, ma ha scarsa mobilità, quindi è facile da catturare. Una volta preso, si può eliminare attraverso il fuoco, rispettando le condizioni di sicurezza.
Se nel corso della stagione precedente abbiamo avuto presenza di oziorrinco, aspettiamoci che le femmine abbiano ovideposto. E’ probabile quindi che si ripeta la presenza del parassita anche nei periodi successivi. Per questo bisogna accuratamente eliminare i residui di vegetazione delle piante colpite, soprattutto gli apparati radicali. In pieno inverno poi, aprendo il terreno con una profonda lavorazione di vangatura, si espongono le larve svernanti al freddo intenso a cui non riescono a sopravvivere. Lasciando invece il terreno protetto e compatto negli strati superficiali, si favorisce il ciclo biologico naturale dell’oziorrinco.