Il pitosforo (o pittosforo), nome scientifico Pittosporum tobira, è una pianta appartenente alla famiglia delle Pittosporaceae. Si tratta di una specie originaria dell’estremo oriente, che viene coltivata per la sua bellezza ornamentale e la sua rusticità. La pianta è capace di adattarsi, tramite la potatura, a diverse forme di allevamento, e infatti viene coltivata ad alberello (come esemplare singolo), a cespuglio e a siepe.
Vediamo quindi le caratteristiche botaniche del pitosforo e tutto quello che c’è da sapere per coltivarlo correttamente.
Origine del nome Pittosporum tobira
Il nome del genere botanico Pittosporum deriva da due parole del greco antico: pitta=pece e sporos=seme, che combinate si possono tradurre come “seme catramoso”. Il riferimento è alla sostanza gelatinosa e appiccicosa in cui sono immersi i semi del pitosforo. Il nome tobira è invece un termine giapponese con cui si intende “albero della porta”, per l’usanza nipponica di appendere sulle porte i rami della pianta, in segno scaramantico.
Descrizione del pitosforo
Il pitosforo è un arbusto sempreverde che può assumere conformazioni diverse, a seconda della forma d’allevamento prescelta. Quelli più belli sono ad albero, con 1-2 tronchi principali, i quali superano anche i 6 m di altezza. Un albero con adeguato spazio in giardino, si accresce con una chioma ampia, anche 4 m di diametro, e ricca di ramificazioni. Il legno dei tronchi è duro, con corteccia grigiastra.
Ma il pitosforo lo si può anche allevare a forma di siepe, assecondando la sua natura arbustiva, in questo caso si interviene più spesso con la potatura.
Infine, la varietà pittosporum tobira nanum, o pitosforo nano, può essere coltivata con forma più bassa e compatta, quindi a cespuglio.
Foglie
Le foglie del pitosforo si trovano raggruppate alla sommità dei rami, di forma spatolata con base cuneata, apice arrotondato, pubescenti da giovani, glabre da adulte. Hanno consistenza coriacea, quasi cuoiosa, lucide e di color verde scuro nella pagine superiore, chiare e pallide in quella inferiore. Le giovani foglie sono più tenere e chiare.
Esistono anche varietà di pitosforo che portano foglie con variegature color bianco crema, in pratica pitosforo variegato, molto interessante da piantare accanto a varietà con colori unici.
Fiori
La fioritura è uno dei tratti caratteristici del pitosforo. È abbondante e spettacolare, quando la pianta ha spazio e luce, specie nelle forme arboree. I fiori, pentameri, sono raggruppati in pannocchie terminali subumbrelliformi e portati da pedicelli pelosi. Hanno il calice gamosepalo nella metà inferiore, e una corolla dialipetala costituita da petali biancastri di 10-15 mm, che alla senescenza virano al giallo. Gli stami sono cinque, con ovario sormontato da un breve stilo che porta uno stimma capitato.
Il periodo della fioritura va, a seconda del clima, da aprile a luglio, con il massimo dello splendore in giugno. I fiori sono molto graditi ad api e altri insetti impollinatori, che ne ricavano polline e nettare. Sono altresì intensamente profumati e il loro aroma ricorda molto quello delle zagare degli agrumi. Tra le sostanze odorose che compongono il bouquet dei fiori di pitosforo abbiamo: pinene, n-nonano, n-neridolo, (E)-β-Ocimene, mircene e n-undecano.
Frutti e semi
Il frutto del pitosforo è una bacca piriforme, di colore verdastro. A piena maturità si apre, grazie alla presenza di 3 valve. All’interno della bacca sono custoditi i semi, di colore rosso accesso e immersi in una sostanza di consistenza gelatinosa e zuccherina. Forse anche per questo, i semi sono molto appetiti dall’avifauna selvatica.
Come coltivare il pitosforo
Il pitosforo è una pianta facile da coltivare, in quanto è estremamente resistente, sia al freddo invernale che al caldo estivo. Si tratta di una specie perfetta per le zone costiere, in quanto tollera la salinità del suolo e i venti salmastri. È possibile, inoltre, coltivarlo in vaso, ma non per la necessità di proteggerlo nei mesi invernali. Ad ogni modo, quest’ultimo tipo di coltivazione è da sconsigliare, in quanto il pitosforo è molto vigoroso e produce una vegetazione abbondante, costretto in un vaso, dunque, può andare in sofferenza.
Esposizione
In generale il pitosforo predilige l’esposizione in pieno sole, la quale favorisce un’abbondante fioritura. Può essere anche coltivato in mezz’ombra, ma avrà la tendenza ad allungarsi, con un’emissione di fiori meno rigogliosa.
Terreno
Il pitosforo si adatta bene a diversi tipi di terreno, fatta eccezione per quelli troppo compatti e asfittici. È dunque importante che il suolo sia ben drenato. Se la terra del vostro giardino è troppo dura e argillosa, prima del trapianto potete ammendarvi della sabbia o della perlite.
Positiva per la pianta è anche una buna concimazione di fondo del terreno, da fare con letame maturo, humus di lombrico o compost domestico.
Irrigazione
L’irrigazione regolare del pitosforo è strettamente necessaria solo nel primo anno dopo la messa a dimora. Quando la pianta ha attecchito, le bagnature si possono limitare ad interventi di soccorso nella stagioni aride e avare di precipitazioni. La pianta resiste molto bene alla siccità, ma meno all’eccesso d’acqua, dunque meglio essere parsimoniosi.
Moltiplicazione del pitosforo
La moltiplicazione del pitosforo può avvenire in due modi, entrambi abbastanza semplici e con buona probabilità di riuscita. Si tratta della tecnica della talea e della coltivazione da seme.
Da talea
La tecnica di riproduzione più semplice per il pitosforo è la talea. Il periodo migliore per farla è l’inizio della primavera, quando la pianta di pitosforo è in forte ripresa vegetativa. Dalla pianta madre va prelevato un rametto di un anno, di consistenza semi-legnosa, lungo circa 10-15 cm. La talea va messa a radicare in piccoli vasetti riempiti con terriccio e perlite, un mix ideale per le talee che si trova già pronto in vendita.
La talea va posizionata in un luogo ombreggiato e il terriccio mantenuto sempre ben umido. Si può mantenere la nuova piantina in vaso fino all’autunno o alla primavera successivi, momenti ideali per il trapianto in piena terra.
Da seme
Il periodo migliore per la semina del pitosforo è invece la fine dell’inverno, e anche in quest caso si utilizzano dei piccoli vasetti. La nascita del germoglio è lenta, così come la crescita iniziale. Tuttavia, anche partendo dal seme la pianta può regalare belle soddisfazioni.
Trapianto del pitosforo
Al di là che si sia scelto di partire da talea o da seme, i periodi migliori per mettere a dimora le giovani piantine di Pittosporum tobira sono sicuramente l’autunno e l’inizio della primavera.
Distanze di trapianto
Le distanze di trapianto in giardino dipendono da come si vuol crescere la pianta. Se l’obiettivo è realizzare una siepe, le piantine si possono piantare a distanza di 1 m l’una dall’altra, 50-70 cm per la varietà nane e per l’allevamento a cespuglio.
Se invece si vuole coltivare un albero di pitosforo occorre lasciare spazio alla pianta, che dovrà avere almeno 4 m di diametro liberi intorno a sé.
La potatura del pitosforo
Il pitosforo resiste molto bene ai tagli di potatura, anche quelli più incauti. Dai punti di taglio la pianta emette nuovi getti, che crescono velocemente. Anche l’intensità della potatura dipende dalla forma di allevamento prescelta. Gli interventi si fanno dopo la fioritura, quindi a inizio estate o a settembre, così da permettere la cicatrizzazione delle ferite e l’emissione di nuovi germogli prima dell’inverno. Il portamento globoso della chioma andrebbe assecondato. I tagli si limitano in questo caso alla cimatura dei rami sporgenti. A fine inverno s’interviene con una potatura di rimonda, eliminando solo i rami secchi, così da stressare poco la pianta e garantire un’abbondante fioritura.
Nell’allevamento del pitosforo a siepe i tagli sono più incisivi. Il consiglio è di evitare quelli drastici e le forme squadrate, benché la pianta li sopporti egregiamente. Tagli eccessivi pregiudicano la fioritura nella stagione successiva.
La gestione dei parassiti
I parassiti più temibili per il pitosforo sono le cocciniglie. Sono diverse le specie che attaccano la pianta, in particolare: Icerya purchasi (cocciniglia cotonosa degli agrumi), Planococcus citri (cotonello degli agrumi), Ceroplastes rusci (cocciniglia del fico), Saissetia oleae (cocciniglia mezzo grano di pepe). Questi parassiti provocano deperimento fogliare e imbrattano la vegetazione della pianta. Come danni secondari, causano la comparsa prima di melata e poi di fumaggine. Per eliminare la cocciniglia si consiglia di intervenire in autunno o a fine inverno utilizzando, usando dell’olio bianco minerale (che trovate qui), lavando poi la vegetazione con sapone molle potassico, che si trova facilmente nei negozi specializzati.
Altro parassita problematico per il pitosforo sono gli afidi, i quali attaccano le foglie della pianta in primavera, con danni simili a quelli delle cocciniglie. Per eliminare gli afidi basta usare, anche in questo caso, il sapone potassico molle.
Tossicità
Il pitosforo è da considerarsi una pianta tossica, a causa dell’abbondante presenza di saponine triterpeniche. Nel periodo della maturazione dei semi va evitato che bambini o animali domestici possano ingerire le bacche, molto attraenti esteticamente per il bel colore rosso.