Indice dei contenuti
L’oleandro (Nerium oleander) è una pianta appartenente alla famiglia delle Apocynaceae. In alcune zone d’Italia (Sud e isole) è ormai naturalizzato ed è ampiamente coltivato come arbusto o albero ornamentale. La coltivazione dell’oleandro è molto diffusa per via della rusticità della pianta e ovviamente per la sua splendida e prolungata fioritura. Ciò nonostante, è anche una delle piante velenose più pericolose in assoluto, con una lunga storia sui rischi di tossicità di tutte le sue parti.
In quest’articolo descriviamo le caratteristiche botaniche dell’oleandro, le tecniche per coltivarlo in giardino e gli elementi di tossicità della pianta per l’uomo e gli animali.
Nomi regionali dell’oleandro
A dimostrazione della grande diffusione dell’oleandro sul nostro territorio, ecco una serie di nomi regionali con cui questa pianta ornamentale è conosciuta: bellomo e leandru in Liguria, leander in Piemonte, aleandro in Veneto, leandar in Emilia, mazze di San Giuseppe in Toscana, pianta da rogna in Abruzzo, leandro in Campania, liandro in Puglia, landru in Calabria, lannaru e rannulu in Sicilia, leonasci e neulache in Sardegna.
Descrizione di Nerium oleander
In natura l’oleandro cresce come un arbusto sempreverde di medie dimensioni con portamento cespuglioso. Gli esemplari più grandi superano anche i 5 m di altezza. La pianta ha una grande attitudine pollonifera e sviluppa dal colletto fusti inizialmente eretti e ramificati, poi lievemente arcuati verso l’esterno. I giovani rami hanno corteccia liscia, superficie pruinosa, colore dapprima verde, poi grigiastro.
L’oleandro può essere anche coltivato come piccolo alberello, soprattutto quando viene piantato nei viali per la creazione di alberature. In tal caso viene impalcato a circa 2 m di altezza, potando a testa di salice ed eliminando i numerosi polloni che emette.
Foglie
Le foglie dell’oleandro sono normalmente disposte in maniera opposta sui rami o, talvolta, in special modo nei giovani germogli, verticillate a 3 o 4. Hanno un picciolo breve, ma robusto e dilatato alla base, la lamina fogliare è lanceolata, l’apice è acuto come la base, il margine è intero, la consistenza coriacea.
Nella pagina inferiore è visibile una robusta nervatura principale da cui partono numerosissime nervature secondarie parallele tra loro. Il colore è verde lucido nella pagina superiore, più chiaro e tendente al grigio in quella inferiore.
Fiori
Le piante di oleandro portano tipicamente i fiori (grandi, vistosi e profumati) a gruppi riuniti in corimbi all’apice dei rami. I fiori sono tubolosi, con un corto peduncolo di 2-3 mm. I petali possono essere semplici o doppi, il colore variabile (rosa, bianco, rosso ecc) a seconda della varietà. Tratto caratteristico dell’oleandro è il periodo di fioritura molto lungo, infatti i primi fiori si vedono già in aprile o maggio e gli ultimi all’inizio dell’autunno. Questa peculiarità spiega il successo di Nerium oleander come specie ornamentale.
Frutti
Il frutto è formato da due follicoli saldati tra loro e al cui interno sono contenuti i semi piumosi. La disseminazione, grazie al “pappo”, avviene ad opera del vento.
Varietà di oleandri
Quella appena descritta è la specie tipo, Nerium oleander, ovvero quella che troviamo spontanea in natura e nella maggior parte dei giardini. Ma nel tempo i giardinieri hanno messo a punto decine di varietà di oleandro, le quali si differenziano principalmente per la forma e il colore dei fiori. Alcune di queste sono:
- Angiolo Pucci: fiore semplice e color giallo avorio;
- Luteum Plenum: fiore doppio, colore giallo;
- Sour Agnes: fiore semplice, colore bianco;
- Mont Blanc: fiore semplice, colore bianco;
- Alsace: fiore semplice, colore bianco rosato;
- Italia: fiore semplice, colore rosso chiaro;
- Roseum Plenum: fiore doppio, colore rosa;
- Jannoch: fiore semplice, colore rosso;
- Provence, fiore doppio, colore salmone;
- Soleil levant: fiore semplice, colore salmone;
- Giant des batailess: fiore doppio, colore rosso.
Come coltivare l’oleandro
In natura l’oleandro cresce spontaneo negli ambienti sabbiosi e sassosi, come i greti di fiumi e torrenti. Vegeta anche sulle pareti rocciose calcaree. Lo troviamo dal livello del mare fino ai 500-700 m di quota. Non tollera il freddo prolungato, con temperature minori di -5/-7 °C. Si tratta infatti di una tipica specie mediterranea, coltivata ovunque lungo le coste. Per fiorire al meglio necessita di esposizioni soleggiate, la mezz’ombra è sconsigliata.
Esprime un grande rigoglio vegetativo quando il terreno è umido. È in grado di resistere a lunghi periodi di siccità grazie alla modificazione degli stomi fogliari. Dove gli inverni sono molto freddi, con geli prolungati, la coltivazione dell’oleandro non rende al meglio. Il terreno ideale è sabbioso o di medio impasto, con un pH neutro o sub-alcalino. Può anche essere coltivato in vaso, in questo caso ha uno sviluppo limitato, ma lo si può proteggere dal gelo invernale.
Moltiplicazione
L’oleandro si può moltiplicare con la tecnica della talea prelevando porzioni di rami semilegnose e provviste di gemme, lunghe 10-15. L’operazione si effettua in primavera, ponendo le talee in piccoli vasetti riempiti con terriccio e perlite. La talea si mantiene in vaso fino alla primavera successiva, quando si potrà mettere a dimora definitiva in giardino o in vaso.
Nelle operazioni di taglio delle talee munitevi di guanti in lattice e, a lavoro finito, provvedete a disinfettare con alcol le forbici usate.
Messa a dimora
Solitamente si preferisce comprare in vivaio le piantine di oleandro già ben radicate. La crescita della pianta è di per sé veloce e utilizzando le piante in pane di terra lo è ancora di più. Il momento migliore per piantare l’oleandro è all’inizio della primavera, quando i ritorni di freddo sono ormai alle spalle. Nel trapianto tenete conto dello sviluppo futuro dell’arbusto che sarà vigoroso. Vi consigliamo quindi di lasciare abbastanza spazio tra una pianta e l’altra, almeno 2 m. Trapianti più fitti andranno con il tempo a formare una vera e propria siepe, cosa che si osserva spesso nei giardini mediterranei.
Concimazione
Scavate una buca sufficientemente ampia e profonda e sul fondo ponete del concime organico (letame maturo, compost o humus di lombrico) in modo da garantire la fertilizzazione iniziale. Una volta all’anno, in autunno o primavera, aggiungete del concime zappettando la materia organica intorno al colletto.
Per il trapianto in vaso usate contenitori almeno 2 volte più grandi di quello di partenza, utilizzando un buon terriccio universale misto a un 15-20% di sabbia. Sul fondo del vaso sistemate dell’argilla espansa per garantire un sufficiente drenaggio. Anche per l’oleandro in vaso consigliamo una concimazione organica annuale.
Irrigazione
Fatta eccezione per il primo anno di vita (periodo in cui la pianta si affranca) o per le piante in vaso, l’irrigazione dell’oleandro non è praticamente mai necessaria. Se la pianta è radicata bene a terra, le precipitazioni naturali saranno sufficienti (anche se scarse).
Potatura dell’oleandro
All’inizio vi abbiamo parlato della potatura di allevamento per crescere l’oleandro ad alberello. La forma ad albero dovrà essere mantenuta con la periodica eliminazione dei polloni dalla ceppaia e tagli di ritorno sui rami alti.
L’oleandro in forma naturale ad arbusto cespuglioso è più facile da mantenere, con la pianta che può essere sostanzialmente lasciata libera di crescere, effettuando solo la rimozione dei polloni in eccesso e diradando nella parte centrale per garantire la circolazione dell’aria.
Diverso è il discorso se si vuole crescere l’oleandro a mo’ di siepe, in tal caso, a fine inverno o dopo la fioritura estiva, si eseguono dei tagli di ritorno sui rami sporgenti, in modo da mantenere una forma più compatta.
Durante la potatura dell’oleandro proteggetevi utilizzando guanti e occhiali e non dimenticate di disinfettare gli attrezzi di potatura.
Parassiti
Anche l’oleandro soffre la presenza di diversi parassiti, anche se c’è da dire che l’arbusto è estremamente rustico e difficilmente perisce.
In primavera fate attenzione alla presenza di afidi i quali imbrattano i giovani germogli, con relativo deperimento vegetativo, e causano fumaggine. Ai primi segni d’infestazione intervenite con abbondanti lavaggi con sapone potassico molle.
Altri parassiti problematici per l’oleandro sono alcuni tipi di cocciniglie, ad esempio: la cocciniglia mezzo grano di pepe (Saissetia oleae)), la cocciniglia del fico (Ceroplastes rusci) e il cotonello degli agrumi (Planococcus citri) di cui vi abbiamo già parlato.
Malattie dell’oleandro
Per quanto riguarda le malattie attenzione alla rogna dell’oleandro, una fitopatologia batterica causata da Pseudomonas savastanoi, ovvero lo stesso batterio che provoca la rogna dell’ulivo. La presenza di rogna su Nerium oleander si nota per le escrescenze che crescono sui rami, una sorta di tubercoli di forma sferoidale e colore marroncino. La parte colpita va incontro a disseccamento e proliferazione della malattie alle branche sane. La cosa migliore che si può fare è tagliare il ramo dal basso ed eliminare il materiale vegetativo. Fatto questo si può intervenire disinfettando con un prodotto fungicida a base di rame o con la zeolite.
Tossicità e rischi dell’oleandro
Tutti sanno che l’oleandro velenosa, la tossicità è dovuta all’oleandrina, un glicoside cardio-tossico, e ad altri alcaloidi contenuti nelle foglie, nei fiori, nel legno e nei semi.
In caso di ingerimento involontario si registrano disturbi gastrici (bruciore, vomito), brachicardia, aumento della frequenza respiratoria, disturbi del sistema nervoso.
A livello esterno, quindi sulla pelle, il rischio è quello di forti irritazioni (per questo vi abbiamo consigliato di usare i guanti nella potatura dell’oleandro).
L’ingestione umana è poco probabile, anche perché l’oleandro non produce bacche e le foglie hanno un sapore terribile, quindi i rischi evidenziati sono molto relativi. Teoricamente, più a rischio sono equini, bovini e altri erbivori.
Curiosità sull’oleandro
In passato le fronde dell’oleandro venivano usate come pianta funeraria, anche perché, come racconta Plinio, era già noto che fosse in grado di uccidere gli animali selvatici.
Un altra famosa leggenda è quella che narra di un gruppo di soldati durante le campagne napoleoniche rimasti uccisi o intossicati dall’uso improprio dei rami di oleandro, usati come girarrosto per la carne.
Più di recente, l’infuso di oleandro viene utilizzato come veleno nel film White Oleander.