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La rogna dell’olivo è una malattia batterica molto comune. È presente in tutte le regioni italiane in cui l’olivo è coltivato e si mostra con sintomi molto evidenti. Provoca danni differenti a seconda degli organi della pianta interessati, anche se colpisce per lo più i rami. Le problematiche causate possono essere importanti e compromettere la produzione.
La difesa da questa patologia è di tipo agronomico e si attua dunque con l’uso di pratiche colturali adeguate.
In quest’articolo vediamo quali sono le condizioni che favoriscono la rogna sugli alberi d’olivo. Quali sono inoltre i danni provocati, e come intervenire con un’ottimale strategia di prevenzione.
Identificazione e ciclo biologico
Il batterio che causa la rogna dell’olivo si chiama Pseudomonas savastanoi.
Appartiene all’ordine Pseudomonadales, famiglia Pseudomonadaceae.
Sono diverse le ragioni che permettono al batterio di insinuarsi all’interno degli ulivi. E diverse sono anche quelle che contribuiscono al suo diffondersi, sia sulla stessa pianta, che sugli altri alberi.
La causa primaria sono le lesioni, che per diversi motivi si possono verificare sulle piante.
In primo luogo ci sono fattori atmosferici, come il vento forte, la grandine e le gelate tardive. In questo caso le parti interessate dalla rogna sono le ramificazioni giovani.
Poi, vi possono essere pratiche colturali effettuate in modo incauto, come una potatura o la stessa raccolta, specie se parliamo di un’abbacchiatura con mezzi meccanici).
Infine vi può essere una trasmissione diretta ai frutti, causata dalle punture di ovideposizione della mosca dell’olivo.
Il batterio della rogna dell’olivo si insinua nella pianta attraverso i flussi linfatici e quindi ha una diffusione progressiva.
Ha un periodo d’incubazione che può variare da 30 giorni a diversi mesi, a seconda delle condizioni ambientali in cui si trova.
In generale, l’infezione è favorita da temperature miti (25-30 °C) associate a piogge frequenti e quindi a umidità elevata, un po’ come avviene per l’occhio di pavone.
Il batterio Pseudomonas savastanoi può causare infezioni durante tutto l’anno, ma sono comunque la primavera e l’autunno le stagioni più a rischio.
Un estate calda e asciutta, oppure un inverno rigido, bloccano la diffusione dell’infezione.
Sintomi e danni della rogna dell’olivo
I sintomi della rogna dell’olivo sono piuttosto molto evidenti. Quando l’infezione è in atto, si iniziano a vedere piccole escrescenze tumorali (tubercoli), che hanno una forma sferoidale. Altra caratteristica di questi piccoli tumori è la loro corrugosità, accompagnata spesso da fessure. Il tumore ha dimensioni variabili e può raggiungere alcuni centimetri di diametro.
I tubercoli, quando presentano fessure, facilitano l’emissione delle cellule del batterio sulla superficie della pianta e ne favoriscono la diffusione. La fessura, allo stesso tempo, costituisce un habitat ideale alla moltiplicazione e sopravvivenza del batterio.
Come accennato, la Pseudomonas savastanoi attacca per lo più i giovani rami, ma l’infezione può interessare anche un’intera branca, il fusto e le foglie.
Quando sono le foglie ad essere interessate, l’escrescenze tumorali sono più piccole, mentre su rami e tronco sono più grandi ed evidenti.
Sui frutti si manifestano delle deformazioni, oppure delle maculature di pochi mm di diametro in corrispondenza delle lenticelle.
La rogna dell’olivo può interessare anche l’apparato radicale della pianta, in questo caso il danno è molto grave e può portare alla morte dell’albero.
Altra situazione di estrema gravità è quando la malattia colpisce giovani piantine allevate in vivaio. Anche in questa circostanza è facile che la pianta soccomba.
Su un albero adulto si ha progressiva perdita di vigore e indebolimento generale della pianta, con rischio di disseccamento delle branche interessate. Questo comporta l’incompleta maturazione delle olive, con una riduzione sia in termini quantitativi che qualitativi della produzione.
La prevenzione agronomica dalla rogna dell’olivo
Per prevenire e curare la rogna dell’olivo bisogna intervenire con adeguate pratica agronomiche.
Pratiche colturali corrette consentono di evitare il contagio e la diffusione della malattia.
Se ci accorgiamo che un ramo e una branca sono stati colpiti bisogna procedere ad una potatura di rimonda, con la distruzione dei parti infette.
Questo intervento blocca la rogna dell’olivo, ma allo stesso tempo può diffonderla. E’ necessario infatti disinfettare gli attrezzi per la potatura alla perfezione, in modo da evitare il passaggio del batterio ad un’altra pianta tramite l’uso dello stesso attrezzo.
Altra accortezza da tenere dopo il taglio, è quella di disinfettare la ferita con poltiglia bordolese o con altri prodotti consentiti in agricoltura biologica a base di sali di rame (come questo).
Disinfettare le ferite è una pratica adeguata sia in caso di rimozione di parti già infette (com’è logico), ma nelle normali operazioni di potatura.
In alternativa al rame si può usare un buon mastice per gli innesti.
Una pratica agronomica da evitare, invece, è l’abbacchiatura con mezzi meccanici, nelle zone già a rischio dell’infezione. Questa tecnica, infatti, provoca piccole ferite alla chioma che possono aumentare il contagio. Meglio raccogliere le olive con metodi classici e meno invasivi.
Per chi sceglie di effettuare un nuovo impianto è indispensabile l’uso di materiale vivaistico sano, dunque certificato. Bisogna inoltre orientare la scelta su varietà meno suscettibili alla rogna dell’olivo e quindi rivolgersi a un tecnico agronomo per una consulenza specializzata.
La prevenzione dalla rogna si attua anche, in modo indiretto, con la difesa biologica dalla mosca dell’olivo e da altri fitofagi, pericolosi vettori della batteriosi, come ad esempio il rodilegno.