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Il rafano (o cren) è una coltivazione erbacea facile da impiantare nell’orto domestico. Si tratta di una pianta che viene coltivato ovunque, ma ha soprattutto una grande tradizione nel Veneto. In questa regione, infatti, sono molto apprezzate le radici, dal tipico sapore aromatico, senapato, acre e piccante.
Usato tuttora per accompagnare i piatti di carne, il rafano, anticamente, era anche adoperato per il suo sapore in grado di camuffare il gusto poco gradevole che la carne poteva avere in precarie condizioni di conservazione.
La pianta, oltre agli utilizzi in cucina, può servire anche per abbellire zone marginali dell’orto, visto il suo pregio ornamentale.
In quest’articolo forniamo una descrizione delle pianta e le basilari tecniche di coltivazione e riproduzione.
Identificazione e caratteristiche botaniche del rafano
La pianta di rafano, nome scientifico Armoracia rusticana, appartiene alla famiglia botanica delle Cruciferae o Brassicaceae.
E’ conosciuto con diversi sinonimi, quali: cren, rafano rusticano, barbaforte, ravanett, remolass.
Si tratta di una pianta erbacea perenne, con radice rizomatosa e fittonante, molto ben sviluppata e di forma cilindrica. Le radici, di colore bianco, sono la parte edibile della pianta, molto ricercate per la preparazione di piatti tipici.
Presenta foglie che dipartono dalle radici, con portamento eretto, forma lanceolata e finemente seghettate. Possono essere lunghe fino a 50 cm e larghe 10-15 cm, sono di color verde scuso e aspetto lucente.
A partire dal secondo anno di coltivazione, il rafano forma i fusti fiorali, alti fino ad 1 m, ramificati e con numerosi fiori bianchi che sbocciano durante l’estate.
E’ una coltura che migliora le caratteristiche del suolo in cui viene impiantato. Le sue radici hanno azione nematodicida, sono cioè utili per eliminare i nematodi dal terreno. Per questo a volte viene impiegato nella pratica del sovescio in terreni stanchi e sfruttati.
La coltivazione del rafano
Esigenze pedoclimatiche
Il rafano si adatta bene a qualsiasi condizione climatica, l’importante è che non venga posizionato in pieno sole. Dunque, è meglio scegliere una posizione in mezz’ombra.
E’ molto più resistente al freddo, che al caldo, per questo viene coltivato soprattutto nell’Italia settentrionale.
Per quanto riguarda il tipo di terreno, predilige quelli profondi, freschi e permeabili. Devono inoltre avere un buon grado di fertilità e presenza di sostanza organica.
Tuttavia, può ambientarsi anche in terreni più poveri.
La differenza di suolo però, influisce sul sapore delle radici. In presenza di terra fresco e soffice, le radici di rafano assumono un sapore più gradevole, mentre in suoli più magri, aridi o grossolani, hanno un sapore più acre e pungente.
Quindi la scelta del terreno giusto dipende anche dai vostri gusti.
La moltiplicazione del rafano
Per coltivare il rafano si può ricorrere alla semina diretta a spaglio, preparando delle piccole aiuole dedicate. Dopo la semina, si deve procedere a un diradamento, lasciando i piccoli germogli alla distanza di 20 cm gli uno dagli altri.
Di norma, però, per la moltiplicazione del rafano si ricorre alla tecnica della suddivisione delle radici rizomatose, un po’ come avviene per il topinambur.
Questo tipo di riproduzione del rafano avviene staccando i germogli secondari della radice, che si formano accanto al fittone principale.
La pianta di rafano è una specie molto vigorosa e rustica, che spesso si propaga in modo spontaneo nei terreni incolti delle strade di campagna e negli orti abbandonati.
L’impianto del rafano nell’orto domestico si può effettuare in due periodi diversi: inizio primavera e inizio autunno.
Cure colturali
Al momento dell’impianto è opportuno effettuare una concimazione organica. Si può procedere ammendando al terreno un concime leggero come il compost domestico o l’humus di lombrico.
Per le cure colturali si deve ricorrere a periodiche sarchiature, poiché è importante tenere la pianta libera dalle erbe infestanti. Questo è valido soprattutto nelle fasi iniziali dell’accrescimento.
Un’alternativa alle operazioni di sarchiatura è l’utilizzo della pacciamatura naturale, ad esempio in paglia.
Per quanto concerne l’irrigazione bisogna fare il modo che il terreno non secchi mai completamente. Bisogna quindi innaffiare con regolarità, cercando di tenere il substrato di coltivazione umido. Non bisogna esagerare con la quantità d’acqua, onde evitare marciumi radicali. Per questo, il ricorso alla pacciamatura naturale può essere d’ausilio, in quanto mantiene di per sé il terreno più umido.
Le radici di rafano possono restare sul terreno anche in maniera perenne. Perciò è importante scegliere un punto dell’orto dove non diano intralcio alle altre colture.
E’ dal secondo anno in poi di coltivazione che la radice s’ingrossa e si rinnova regolarmente. Se dopo molti anni dall’impianto, le radici iniziano a essere lignificate e dal sapore troppo acre, conviene rinnovare la coltura. Com’è ovvio, per questa operazione bisogna fare attenzione alla giusta rotazione colturale.
E’ bene, infine, rimuovere periodicamente gli scapi fiorali, poiché di scarsa utilità e possono impedire il regolare sviluppo delle radici.
Raccolta
Il momento migliore per la raccolta del cren è in autunno. Va però detto, che il periodo utile per gustare queste deliziose radici si prolunga per tutto l’inverno, fino a marzo.
Naturalmente bisogna raccogliere le radici ben ingrossate, tenendo conto delle differenze tra una varietà e l’altra. Altro accorgimento è quello di lasciare sempre una porzione di radice in modo da garantire la continuità della coltivazione.
Le radici di rafano estirpate si mantengono fresche stratificandole in sabbia di fiume.
Ricetta con le radici di rafano
Le radici di rafano si possono consumare in vari modi. Anche se, di solito, dopo essere state accuratamente lavate, si consumano crude. La ricetta classica prevede di grattugiarle e condirle con sale, olio e aceto. Si ottiene così una salsa di sapore gustoso, ma molto piccate, ideale per essere servita con le carni bollite o con il pesce.