Il tamarindo (Tamarindus indica) è un albero appartenente alla famiglia delle Fabaceae, sottofamiglia delle Caesalapiniaceae. Si tratta di una pianta originaria del Madagascar e dell’Africa Centrorientale, ora diffuso in tutte le regioni tropicali del mondo, dove viene coltivato per la produzione dei frutti. La polpa del tamarindo è infatti ricca di proprietà, ed è ricercata anche in occidente per la trasformazione in bevande e salse.
In quest’articolo capiamo quali sono le zone di origine e diffusione del tamarindo, la botanica dell’albero, le tecniche di coltivazione tradizionali, le proprietà dei frutti e gli usi tipici della pianta.
Origine e diffusione del tamarindo
Il Tamarindus indica si può annoverare a pieno titolo tra le specie esotiche. È infatti considerato nativo e naturalizzato di paesi africani quali: Burkina Faso, Ciad, Eritrea, Etiopia, Gambia, Guinea, Kenya, Madagascar, Mali, Mozambico, Niger, Nigeria, Senegal, Sudan, Tanzania, Uganda, Zimbabwe.
Da questi paesi il tamarindo è stato progressivamente esportato nelle zone tropicali del mondo e attualmente viene coltivato in: Australia, India, Bangladesh, Brasile, Brunei, Cambogia, Cina, Colombia, Cuba, Repubblica Dominicana, Egitto, Guatemala, Haiti, Honduras, Indonesia, Iran, Giamaica, Laos, Malesia, Mauritania, Messico, Myanmar, Nepal, Nicaragua, Pakistan, Panama, Filippine, Porto Rico, Sri Lanka, Thailandia, Stati Uniti d’America (Florida), Vietnam.
In pratica solo in Europa non esiste ancora una tradizione consolidata nella coltivazione del tamarindo. Negli ultimi anni, complice il cambiamento climatico, si stanno avviando alcune coltivazioni sperimentali, in Italia possibili solo sulle isole e le estreme regioni meridionali.
Scheda botanica del tamarindo
Il tamarindo è un grande albero sempreverde alto fino a 30 m e con un grosso tronco fino a 2 m di diametro. Si caratterizza per la longevità e la crescita lenta, un vecchio adagio dice: chi pianta “tamarindo non raccoglie tamarindo”. Forse una nomea un po’ esagerata, bastano infatti 7-10 anni di vita per vedere i primi frutti. Ma anche la lentezza della messa a frutto può essere considerato un limite alla sua coltivazione al di là delle zone tropicali.
L’albero sviluppa una chioma rotondeggiante molto densa. Il fusto, corto, è spesso ramificato fin quasi dalla base con numerosi rami eretti. La corteccia, spessa e grigiastra, è molto fessurata e si solleva in scaglie, ha inoltre proprietà medicinali.
Foglie
Le foglie del tamarindo ricordano come aspetto quelle dell’acacia. Sono alterne sui rami, paripennate con 10-18 paia di foglioline portate da un picciolo pelosetto. le foglioline sono strettamente oblunghe, l’apice è arrotondato, ma talvolta termina con una piccola punta. La base è arrotondata e asimmetrica, il margine è intero. Sono normalmente glabre, eccetto un ciuffo di peli giallastri alla base e qualche pelo lungo la nervatura centrale e il margine. Le foglie hanno l’attitudine a chiudersi nelle ore notturne. In alcune aree particolarmente siccitose possono cadere durante la stagione secca.
Fiori
I fiori delle piante di tamarindo sono riuniti in racemi terminali o talvolta in pannocchie, con un peduncolo pubescente. I sepali sono ellittici, giallastri e glabri, salvo la base che è vellutata. I 5 petali sono di colore giallo-arancio venati di bruno: i 3 superiori sono più larghi e grandi dei due inferiori. Gli stami sono 3 e hanno i filamenti saldati insieme per metà della loro lunghezza. La fioritura avviene tra la primavera e l’estate, l’impollinazione è praticata dalle api e altri insetti utili.
Tamarindi
Il frutto è un legume indeiscente, che cioè non si apre, arcuato e ristretto tra i semi, di colore marrone-ruggine. La porzione interna è fibroso-polposa, contiene parecchi semi rotondeggianti di colore bruno lucente. Alla raccolta i frutti maturi vengono privati dello strato esterno duro e legnoso, rimane quindi la polpa.
La polpa di tamarindo, interamente edule, si presenta come una pasta nerastra con mescolati dei filamenti fibrosi e i semi avvolti in una membrana.
Poiché la pasta ricavata ricorda i datteri secchi, gli arabi chiamavano il frutto tamar-u’l-Hind=dattero dell’India, e questo fu d’ispirazione a Linneo quando diede il nome all’albero nel XVIII secolo.
La coltivazione del tamarindo
Il Tamarindus indica cresce bene in un’ampia gamma di condizioni pedoclimatiche. Predilige le zone semiaride e le praterie boscose, si può trovare anche lungo le sponde di torrenti e fiumi. Non penetra nella foresta pluviale. Il vasto apparato radicale che sviluppa contribuisce alla sua resistenza alla siccità e al vento. Tollera anche la nebbia e l’aria salina nei distretti costieri e persino i climi monsonici. Gli alberi giovani tuttavia, periscono al minimo gelo, anche se con il tempo gli alberi più vecchi sembrano molto più resistenti al freddo di altre colture esotiche, quali mango e avocado. Per la fruttificazione è necessaria una stagione secca lunga e ben marcata.
A livello di tipologia di terreno cresce nella maggior parte dei suoli, ma preferisce terreni alluvionali profondi e ben drenati.
Temperature e precipitazioni
La temperatura media annuale dovrebbe essere tra i 20 e i 33 °C, con precipitazioni medie annue tra i 350 e i 2700 mm.
Dunque è la resistenza alle basse temperature degli alberi giovani il limite più pesante alla coltivazione del tamarindo in Italia.
Allevamento dell’albero
Come detto, la crescita del tamarindo è lenta, considerate che una giovane piantina cresce circa 60 cm l’anno. La fase giovanile dura fino a 4-5 anni o più. Nelle coltivazioni intensive le giovani piante di tamarindo sono sottoposte a potatura di allevamento per consentire a 3-5 rami ben distanziati di svilupparsi nella struttura principale dell’impalcatura dell’albero. Successivamente, è necessaria solo la potatura di manutenzione per rimuovere il legno morto o danneggiato. Quando si avvia una piantagione, la distanza tra un albero e l’altro dovrebbe essere di almeno 10 x 10 m. La distanza può essere ridotta con le piante propagate per via vegetativa, ad esempio tramite innesto, poiché non raggiungono le stesse dimensioni degli alberi seminati. Gli alberi di tamarindo più piccoli sono più facili da raccogliere. Il tamarindo rimanere produttivo a lungo, in tal senso è paragonabile all’ulivo, producendo fino a 150 kg di frutti ad albero e in grosse piantagioni fino a 2 t/ha all’anno.
Parassiti
Nelle aree tropicali di coltivazione, i parassiti più temibili per il tamarindo sono le cocciniglie, in particolare segnaliamo la cocciniglia rossa (Aonidiella aurantii) e la cocciniglia mezzo grano di pepe (Saissetia oleae) presenti anche alle nostre latitudini.
Principi attivi e utilizzi del tamarindo
La polpa del tamarindo contiene: acidi organici (acido tartarico e bitartrato di potassio), zucchero invertito, pectine, vitamina B e C. Da questi principi attivi derivano proprietà aromatizzanti, dissetanti, regolatrici intestinali, lassative.
In generale, la pianta si presta a molti usi medicinali.
Usi in Occidente
La polpa del tamarindo, una sorta di pasta nerastra costellata di fibre e parti legnose, non suggerisce certo buone proprietà aromatiche. Essa tuttavia fornisce bevande gradevolmente acidule dalle proprietà dissetanti e rinfrescanti. La polpa ha un elevato contenuto di acido tartarico e di pectine che stimolano il funzionamento dell’intestino. Gli sciroppi di tamarindo a basse dosi esercitano una funzione regolatrice intestinale, mentre a dosi più elevate sono decisamente lassativi.
La polpa è commercializzata in tutto il mondo per essere trasformata in salse, molto famosa è la salsa Worcestershire.
Se volete provare il tamarindo lo trovate in vendita in salse, sciroppi, pasta, polvere e perfino integratori.
Usi alimentari dei paesi di origine
Ovviamente nei paesi dove è coltivato con una certa intensità il tamarindo si presta a innumerevoli usi tradizionali. Innanzitutto come frutto fresco, specie nelle varietà più dolciastre. Anche i fiori, le foglie e i semi sono commestibili e sono preparati in una varietà di piatti. La farina ottenuta dai semi la si usa nella panificazione e nei dolci. I semi tostati hanno un sapore simile alle arachidi.
Usi tradizionali
Il fogliame ha un alto valore di foraggio, ma raramente è tagliato a questo scopo, perché il taglio decrementa la resa dei frutti.
Il legno, dall’alburno giallo chiaro e con durame marrone-violaceo scuro, è molto duro, durevole e resistente. Viene utilizzato per lavori di carpenteria in genere, per fabbricare utensili in legno, attrezzi agricoli, mortai, assi di barche, giocattoli, pannelli e mobili. In Nord America, viene commercializzato sotto il nome di mogano di Madeira. Inoltre, fornisce altresì buona legna da ardere, inoltre produce un’ottima carbonella.
Sia le foglie che la corteccia sono ricche di tannino. I tannini della corteccia possono essere usati per produrre inchiostri o per fissare i coloranti. Le foglie producono un colorante rosso, utile a dare una tinta gialla ai vestiti precedentemente tinti con l’indaco.
La polpa del frutto in India è mescolata con sale marino e usata per lucidare argento, rame e ottone.
usi dell’albero di tamarindo
L’albero di tamarindo è simbolo di saggezza e longevità ed ha un’importanza particolare nei luoghi d’origine. La chioma estesa e densa del tamarindo offre ombra e viene usato per le soste in città come albero da riposo e meditazione.
Per la sua resistenza alle tempeste è impiegato come frangivento. Va considerato, tuttavia, che Tamarindus indica è incompatibile con altre piante in quanto le radici hanno effetti allelopatici, un po’ come avviene per il nostro noce. È quindi più comunemente usato come albero tagliafuoco, in quanto l’erba non cresce sotto gli alberi stessi.
Il tamarindo nella medicina popolare
Il tamarindo, in tutte le sue parti, vanta pure una lunga tradizione nella medicina popolare.
La corteccia è astringente e tonica, la sua cenere viene somministrata internamente come digestivo. Incorporata in lozioni o cataplasmi, la corteccia viene usata altresì per alleviare piaghe, ulcere, foruncoli ed eruzioni cutanee. In forma di decotto è utile contro l’asma, l’amenorrea e come febbrifugo.
Gli estratti di foglie mostrano attività antiossidante del fegato e sono un ingrediente comune nei farmaci per la riduzione della glicemia e del cuore. Le foglie giovani possono essere usate nella formazione dei reumatismi, applicate su piaghe e ferite, come cataplasma per l’infiammazione delle articolazioni, per ridurre il gonfiore e alleviare il dolore.
Uso interno
Un decotto zuccherato delle foglie è indicato contro le infezioni alla gola, la tosse e la febbre. Il succo caldo filtrato di foglie giovani e un impiastro di fiori sono usati per la congiuntivite. La polpa può essere utilizzata come massaggio, ma è indicata anche per curare i reumatismi, come refrigerante acido e blando lassativo.
I semi in polvere sono prescritti per curare la dissenteria e la diarrea.