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La peronospora della vite è la capofila tra le malattie che gravano su questa pianta. Danneggia per lo più l’operato dei viticoltori delle regioni dell’Italia centrale e settentrionale, ma non risparmia i filari del meridione, nei periodi molto piovosi.
Si tratta di una patologia vegetale ben nota e temuta, poiché, se non se ne evita l’insorgenza, può compromettere parte del raccolto di uva dell’anno.
La viticoltura italiana già soffre di molti problemi, uno su tutti il cambiamento climatico. Questo, con gelate tardive primaverili, ogni anno mette in apprensione tutti gli operatori del settore.
È dunque importante agire sulle malattie note e prevenirle, come per l’appunto la peronospora della vite.
In quest’articolo vedremo quali sono le condizioni che favoriscono questa malattia. Inoltre, mostreremo la strategia di prevenzione e la difesa delle piante, usando solo prodotti consentiti in agricoltura biologica.
La Plasmopara viticola
Plasmopara viticola è l’agente patogeno della peronospora della vite. La sua comparsa avviene nella seconda metà dell’800. Arriva in seguito all’importazione in Europa di viti americane con problemi fito-patologici, con lo scopo di far fronte alla Fillossera della vite, causata da un dannoso insetto fitomizo.
Ad oggi, la peronospora è la principale malattia crittogamica della pianta di Vitis vinifera. Un suo attacco può determinare fino al 100% di perdita in produzione. Danni così ingenti però, possono verificarsi, però, solo quando si palesano le condizioni adeguate alla proliferazione del patogeno e non si adottano misure per prevenirne la comparsa e/o contrastare l’avanzata.
Tuttavia, in genere, le perdite medie per la produzione viticola si aggirano intorno al 20 – 25%, tra quelle dirette e indirette. Per perdite indirette si intendono i costi delle operazioni colturali atte a contrastare l’avanzare della malattia.
I danni della peronospora alla pianta di vite
La peronospora della vite dà origine a gravi infezioni che interessano per lo più la parte epigea della pianta, cioè quella aerea. Sono colpiti, infatti, foglie, grappoli, tralci e acini.
Per poter riconoscere la malattia, in linea generale, bisogna prestare attenzione ai sintomi presenti sulla vite.
Sintomi sulle foglie
Le foglie sono gli organi vegetali più sensibili alla malattia. Su di loro si evidenziano in primis delle macchie clorotiche, simili a macchie d’olio, sulla pagina superiore. A queste, segue, nei 2 o 3 giorni successivi, una muffetta bianca cristallina sulla pagina inferiore. Le macchie clorotiche, giallastre, diventano poi necrotiche, di color marrone. Questo fa sì che si riduca il tessuto fotosintetico a disposizione della vite. Nei casi più gravi, la pianta perde le foglie e si verifica la filloptosi. Questo porta a decrementi in termini di qualità e quantità della produzione.
La suscettibilità delle foglie dipende dalla loro età: sono sensibili a partire da dimensioni di circa 3 cm di diametro fino a quando non saranno vecchie. In tarda estate potrebbe poi verificarsi un’eventuale infezione, ovvero, la peronospora a mosaico.
Sintomi sui tralci
I tralci giovani ed erbacei infetti sono interessati da ipertrofia unilaterale. Quindi si piegano a uncino o a S ed è visibile la muffetta.
Nei tralci sviluppati, invece, l’attacco si limita ai nodi.
Sintomi sui grappoli
Sui grappoli, prima che avvenga l’allegagione, saranno evidenti macchie livide e ipertrofia del rachide. In seguito a questa, il grappolo assumerà una forma ad S.
Gli acini all’inizio possono seccare e quindi, in seguito, cadere.
Dopo l’allegagione si presentano due sindromi alternative: una in primavera sui grappoli giovani, ovvero il marciume bianco (o grigio o forma “palese”); e una in estate, lontana dalla fioritura, ossia il marciume bruno (o forma “larvata”).
Condizioni favorevoli per la peronospora della vite
La Plasmopara viticola sverna nel terreno. In primavera, se si registrano temperature superiori ai 10 °C, dà origine all’inoculo responsabile dell’infezione primaria. I primi attacchi si verificano tra maggio e giugno.
L’inoculo viene trasportato dal terreno alle femminelle o sui tralci di vite non potati. Il trasporto avviene ad opera degli schizzi di pioggia o degli insetti.
La penetrazione avviene attraverso gli stomi ad è necessario che i tessuti vegetali siano coperti da un velo d’acqua per un certo numero di ore che può essere calcolato in modo empirico. Per farlo basta dividere il valore di 50 per la temperatura registrata durante il periodo, purché essa sia compresa tra i 6 e i 25 °C (si ottengono da 2 ad 8 ore).
Le condizioni perché l’infezione primaria si verifichi possono essere riassunte con la “regola dei tre dieci”, ossia:
- temperatura superiore ai 10 °C, in particolare l’optimum è tra i 18° e i 22 °C
- la lunghezza dei germogli deve essere superiore agli 8-10 cm
- devono esserci stati almeno 10 mm di pioggia entro le 48 ore precedenti
Altre fasi della malattia
Alla fase di penetrazione segue quella di incubazione all’interno di tessuti vegetali colpiti, che può durare dai 4 ai 15 giorni. Questa è visibile attraverso la comparsa delle macchie d’olio e da una muffetta bianca. Avviene in genere in seguito a 4 ore di buio, con temperature di optimum comprese tra i 18-22 °C. L’umidità relativa deve superare il 95-98%. Il tempo impiegato è compreso tra 7-11 ore.
In seguito, può verificarsi la sporulazione, che dà origine a eventuali infezioni secondarie che possono durare fino a settembre od ottobre. Queste necessitano di bagnatura fogliare e temperature ottimali tra i 20° e i 25 °C.
Come prevenire la peronospora della vite
Per evitare virulenti attacchi di peronospora della vite, la prevenzione agronomica è lo strumento più efficace da adottare.
Risulta, tuttavia, quello più complesso, perché richiede attenzione a condizioni climatiche incerte, che mutano con rapidità. Inoltre, bisogna badare anche allo stadio fenologico della pianta e alla specifica varietà impiegata.
Per prevenire la malattia, ad ogni modo, visto che attacca le parti erbacee della pianta, in primo luogo è bene agire:
- limitando l’apporto di azoto (N) alla reale necessità della pianta. Evitare dunque di eccedere, dando luogo a rigoglio vegetativo;
- eliminando le femminelle, cioè i giovani tralci alla base dei fusti. Questi sono facili da raggiungere per gli inoculi.
- contenendo l’umidità.
Contenere l’umidità
Per quanto riguarda il contenimento dell’umidità, si devono:
- adottare forme di allevamento che permettano un’efficace areazione dei filari, tipo Guyot o cordone speronato;
- eliminare i ristagni d’acqua;
- gestire il terreno con l’inerbimento, tecnica che evita i movimenti dell’acqua, anche sotto forma di schizzi.
Potature
Anche le potature sono necessarie per prevenire la peronospora della vite. Nello specifico bisogna agire con:
- potatura tardo-estiva o autunnale, con le operazioni al verde;
- eliminazione di tutto il materiale vegetale che potrebbe ospitare il fungo prima e durante svernamento;
- l’uso di varietà e portainnesti resistenti.
Lotta biologica alla peronospora della vite
Il principale elemento usato per rimediare alla peronospora della vite è il rame. Si tratta dell’unico prodotto capace di svolgere una reale azione anticrittogamica, anche se solo in via preventiva. Solo così si può evitare la penetrazione del patogeno nei tessuti vegetali.
Il rame si presta a trattamenti di copertura, ma ha scarsa persistenza ed è facile che si dilavi con le piogge. Per questa ragione, è doveroso dire che gli interventi devono avere una buona frequenza, ma dosi contenute.
Inoltre, la vite origina nuove foglie ogni settimana (il numero varia a seconda di parametri ambientali, varietali e nutrizionali). Per questo motivo, la vegetazione può risultare, a volte, non del tutto protetta dal rame irrorato. Non conviene dunque attendere di somministrare il rame ogni settimana con grandi trattamenti a calendario. Meglio mirare gli interventi solo dove e quando servono.
In linea generale, più è la velocità di accrescimento e minore è l’intervallo tra un trattamento e l’altro. Tuttavia, ribadiamo, bisogna considerare i dati relativi a temperatura e umidità di cui si dispone. Non vi è mai una ricetta unica per ogni situazione.
Come fare i trattamenti con il rame
È importante strutturare un piano di copertura, necessario quando si verificano le condizioni per la comparsa dell’infezione primaria. Questo deve prevedere interventi distribuiti durante tutto il periodo tra maggio/giugno e agosto.
Le dosi, in annate con presenza media del patogeno, sono di circa 200 g/ha.
Dosi di 400 g/ha di rame metallico sono quelle massime consigliate in presenza di gravi epidemie.
In estate si può ridurre il dosaggio, fino ad arrivare anche a 100 g/ettaro.
La dose da impiegare dipende anche dalla fase fenologica. Quella massima è auspicabile nelle fasi più ricettive alla malattia, che vanno dalla pre-fioritura alla post-allegagione. È poi possibile ridurre il dosaggio durante l’accrescimento degli acini.
Il rame può essere impiegato sotto diverse forme, ma con uno sguardo al quantitativo massimo ad ettaro a cui è possibile ricorrere per legge. Questo è pari a 28 kg/ha nell’arco di 7 anni.
Trattamento vite con poltiglia bordolese
Per combattere la peronospora della vite si usa la poltiglia bordolese. Al fine di rispettare i limiti massimi di uso imposti per legge, la poltiglia bordolese è in via di sostituzione con prodotti altrettanto efficaci, ma meno impattanti, data la minore quantità di rame al loro interno.
Altri prodotti contro la peronospora della vite
Oltre alla poltiglia bordolese, possono essere impiegati altri composti rameici. Nello specifico:
- idrossido di rame
- ossicloruro di rame
- solfato di rame
- peptidato di rame
- gluconato di rame
- tallato di rame
- cloruro di rame
Hanno tutti diversa efficacia, persistenza (sempre scarsa) e quantitativo in rame.
Nel loro uso occorre sempre fare riferimento alle indicazioni riportate sulle etichette dei prodotti. In ogni caso, usate sempre i dispositivi di protezione individuali, come guanti, tuta e mascherina protettive.
Avvertenze sull’uso del rame in agricoltura
Ricordiamo, inoltre, che il rame è un metallo pesante. È prezioso in agricoltura biologica (e non), ma deve essere usato con parsimonia, poiché, se in eccesso, diventa fitotossico.
Si accumula e permane nei suoli, assorbito e immobilizzato dai colloidi e dalla sostanza organica. Qui interferisce con gli organismi presenti, come batteri, funghi e lombrichi.
Si verifica quindi una riduzione della mineralizzazione e una scarsa disponibilità di elementi nutritivi per le piante.
Alternative al rame
Negli ultimi anni è stata rivolta particolare attenzione allo sviluppo di composti senza rame. Nessuno di questi ha però mai mostrato un’efficacia comprovata da lunghe sperimentazioni sul campo.
Parliamo di prodotti come: bicarbonato di sodio e di potassio, oli minerali, chitosano, propoli ecc.
Il corretto impiego di ognuno dei formulati citati, fornisce un valido sostegno per la lotta alla peronospora della vite. Ma nessuno di essi è efficace quanto l’attuazione delle misure agronomiche su citate, le quali evitano che l’infezione si verifichi.
articolo di Eufrasia Zazzarino
4 commenti
Articolo molto utile e aggiornato.
Quando insorgono i primi sintomi non e, facile curare.
Vorrei sapere se l uso della zeolite può essere una buona alternativa al rame. Grazie
Nicola
Ciao Nicola, puoi approfondire la zeolite a questo link: https://www.coltivazionebiologica.it/zeolite/