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Scegliere i giusti portainnesti della vite è molto importante per la riuscita di un vigneto. Nel progettare un nuovo impianto si deve scegliere un portainnesto che dia un ottimo equilibrio tra vegetazione e produzione della pianta.
I portainnesti della vite devono avere determinate caratteristiche e il loro impiego in viticoltura è condizionato all’approvazione da parte del ministero delle Politiche agricole.
Nel nostro paese sono circa quaranta quelli autorizzati. Anche se, accanto a quelli classici, negli ultimi anni se ne stanno diffondendo di nuovi, di pari passo con lo sviluppo della ricerca agronomica sul campo.
In questo articolo, quindi, vediamo quali sono i portainnesti della vite, perché bisogna usarli e come scegliere quello giusto.
Perché si deve innestare la vite?
Un tempo, la tecnica dell’innesto non era la più diffusa per la propagazione della vite. La pianta di vite, infatti, si riproduce con molta facilità con la tecnica della propaggine multipla, che dà origine a individui franchi da piede di vitis vinifera.
A fine Ottocento, però, fa la sua comparsa nella viticoltura mondiale la filossera, insetto parassita che ha messo in discussione l’intero sistema produttivo.
La sua presenza ha rivoluzionato la viticoltura, a causa dei gravi danni che provoca, i quali, in un primo tempo, decimarono la maggior parte dei vigneti.
I suoi danni si notano sopratutto sulle radici della vite europea (vitis vinifera). Queste presentano nodosità, tuberosità e marciumi, fino alla completa distruzione dell’apparato radicale.
Dopo qualche anno e numerosi tentativi, si è scoperto che la vite americana era più resistente alla filossera.
Sui portainnesti di vite americana questo parassita attacca per lo più le foglie, dando luogo alla formazione di galle. Le radici sono invece colpite in modo più lieve e meno preoccupante.
Quindi, in seguito all’intuizione tecnica, si decise di utilizzare le viti americane come portainnesti della vite europea.
L’evoluzione dei portainnesti

Portainnesti della vitis rupestris
Le specie di vite americane individuate all’inizio del secolo scorso come portainnesto furono: Riparia, Berlandieri e Rupestris.
In seguito, grazie alle tecniche di miglioramento genetico, furono realizzati ibridi di queste tre specie, ottenendo un’ibridazione a due vie: Riparia x V. rupestris, Berlandieri x V. riparia e Berlandieri x V. rupestris.
Da questi tre incroci si crearono dei gruppi di portainnesti, migliorati nel tempo con ulteriori processi d’ibridazione.
L’ultima evoluzione della viticoltura moderna si ebbe con l’introduzione nelle linee genetiche dei portainnesti di vite americana pura della specie Vitis vinifera. Questa ulteriore miglioria comportò in generale una maggiore affinità d’innesto, ma anche altri vantaggi agronomici, come la resistenza al calcare attivo.
Si ottennero così i portainnesti che ancora oggi sono impiegati nella viticoltura europea e italiana.
Requisiti dei portainnesti della vite
I portainnesti della vite, oltre alla resistenza alla filossera, devono avere anche buoni requisiti rispetto ad altri fattori, quali: adattabilità al terreno e all’ambiente, affinità d’innesto alla varietà, vigoria. La giusta scelta è importante, poiché questi hanno il ruolo di regolatori dell’assunzione dell’acqua e delle sostanze nutritive.
Una buona scelta, quindi, può migliorare l’efficacia foto-sintetica, della distribuzione dei fotosintati e delle sostanze minerali nei diversi organi della vite.
Nella ripartizione ottimale si dovrebbe privilegiare il grappolo nei confronti del germoglio.
Inoltre, un buon portainnesto della vite dovrebbe avere un assorbimento ridotto di sostanze nutritive e resistere alla carenza di minerali quali ferro, magnesio e potassio.
Vediamo i diversi aspetti.
Adattabilità al terreno

Barbatelle
Nell’adattabilità al terreno la problematica maggiore è il calcare, presente in diverse zone viticole italiane. Un eccesso di calcare, infatti, può causare nella pianta di vite la clorosi ferrica. Questa si mostra con sintomi quali: ingiallimento delle foglie, colatura dei fiori, acinellatura, sviluppo stentato e, nei casi più gravi, la morte della pianta.
Alcuni portainnesti hanno problematiche di clorosi ferrica già con presenza di calcare attivo superiore al 10% e un pH del terreno pari a 8.
Altri fattori ambientali da considerare sono l’umidità e il ristagno idrico. Le viti americane sono in genere molto sensibili al marciume radicale e in ambienti umidi producono uva di bassa qualità. È sconsigliato quindi impiantare il vigneto in terreni umidi e non drenati, usandole come portainnesti.
Altro problema è quello della salinità del terreno. Questo si pone nei terreni litoranei ed è causato da un eccesso di cloruro di sodio e dalla presenza di solfati, cloruri di potassio e magnesio.
Infine c’è da considerare la siccità, condizione comune in gran parte dei terreni viticoli, che di solito sono posti in collina e non sono irrigui. I portainnesti ideali in terreni molto siccitosi sono quelli con le seguenti caratteristiche: apparato radicale profondo ed espanso; vasi legnosi piccoli; foglie spesse e ricche di acido abscissico (che agisce sulla colorazione dell’uva), ma più povere di acido indolacetico (IAA) e di chitochinine.
Affinità d’innesto
Com’è ovvio, in un buon portainnesti l’affinità con la varietà prescelta deve essere ottimale. Nelle zone viticole affermate non si presenta questo problema, in quanto i portainnesti usati sono affini con i vitigni tipici della zona. Se si vuole introdurre un nuovo portainnesto è indispensabile una sperimentazione pluriennale per verificarne l’affinità.
Vigoria
La vigoria del portainnesto è in genere sinonimo di abbondante produzione. La qualità migliore viene però fornita dai portainnesti della vite di debole o medio vigore, che inducono minor produzione.
La ridotta vigoria delle piante di vite viene compensata con i sesti d’impianto, che possono essere più intensi, quindi con più viti per ettaro.
Una buona regola da seguire è quella di scegliere portainnesti deboli per varietà vigorose e viceversa. Quelli classici di vite americana che a breve indagheremo hanno quasi tutti una vigoria medio-elevata.
I classici portainnesti della vite
Ancora oggi la maggior parte dei vigneti italiani utilizza solo 7 portainnesti, quelli che possiamo definire classici. Vediamo quali sono:
Berlandieri x Riparia
- Kober 5BB
- SO4
- 420 A
Berlandieri x Rupestris
- 1103 Paulsen
- 140 Ruggeri
- 775 Paulsen
- 779 Paulsen
Prima di vedere in tabella le caratteristiche peculiari di questi portainnesti, capiamo come leggere la nomenclatura.
Ad esempio, portainnesti Berlandieri x Riparia Kober 5BB (il più usato in Itala):
- Primo nome: indica la vite portaseme (V. berlandieri)
- Secondo nome: identifica la vite impollinante (V. riparia)
- Simbolo divisore: una “X” indica che l’ibridazione è artificiale; una linea “-“, invece, definisce un’ibridazione è naturale
- Nome del costitutore dell’ibrido (Kober in questo caso)
- Numero seguito da lettere: identifica l’ibrido e corrisponde all’individuazione della parcella nel campo sperimentale.
I moderni portainnesti della vite
In tempi più recenti si prospettano nuove opportunità per i viticoltori, con l’inserimento nel catalogo ministeriale di due nuove famiglie di portainnesti della vite: serie M e serie Star.
Serie M
I portainnesti della serie “M” sono opera del lavoro dei professori Attilio Scienza, Luigi Brancadoro e Osvaldo Failla dell’università di Milano.
Sono disponibili a partire dal 2016 i portainnesti M1, M2, M3, M4.
Ecco le loro caratteristiche salienti:
- M1, ridotto vigore, elevata resistenza alla clorosi ferrica e alla salinità
- M2, vigore medio, buona resistenza alla clorosi ferrica e media resistenza alla salinità
- M3, ridotto vigore, elevata efficienza nell’assorbimento del potassio e bassa resistenza alla salinità
- M4, vigore medio, ottima resistenza alla siccità ed elevata resistenza alla salinità
Serie Star
I portainnesti delle vite della serie Star sono stati omologati nel giugno del 2014. Sono il frutto del lavoro di miglioramento genetico eseguito presso l’università di Bologna a partire dagli anni ’90.
Prendono il nome di Star 50 e Star 74.
La loro caratteristica principale è la riduzione di vigore che riescono ad imporre al vigneto, determinando un miglior equilibrio vegeto-produttivo.
Questi portainnesti sono pertanto indicati in aree viticole con fertilità del terreno medio-alta. Hanno inoltre un’ottima resistenza di base alla filossera, buona capacità di radicazione, eccellente affinità d’innesto, buona adattabilità a terreni calcarei e non irrigui.
Danno risultati soddisfacenti anche dal punto di vista produttivo e qualitativo, con un leggero incremento del grado zuccherino dell’uva rispetto ai portainnesti classici.