La propaggine, detta anche tecnica della propagginazione, è un modo di moltiplicare le piante per via agamica. Si tratta di una tecnica molto simile alla margotta, ed è molto amata dai giardinieri hobbisti per la facilità di applicazione. In passato veniva ampiamente usata sulla pianta di vite, una coltura perfetta per questo sistema di riproduzione.
Ci sono diverse varianti di questa tecnica. In questo articolo le andremo a spiegare una per una.
Cos’è la propaggine
La propaggine è la tecnica di riproduzione delle piante più semplice e facile da applicare anche per un giardiniere hobbista.
Come accennato, ha dei tratti in comune con la margotta, ma si differenzia nettamente dell’innesto e della talea.
Si esegue attraverso l’interramento di un ramo, il quale riesce a sviluppare nuove radici avventizie.
Il ramo interrato è unito alla pianta madre. Quindi, in altri termini: la moltiplicazione per propaggine è ottenuta incurvando un ramo della pianta che si desidera moltiplicare, il quale viene ricoperto di terra per un certo tratto, in modo che emetta radici nella parte sottostante e nuovi germogli nella parte fuori terra. È una tecnica perfetta per la riproduzione di piante con rami molto lunghi capaci di piegarsi senza problemi.
Ad esempio:
- rose
- azalee
- vite
- alcune arbustive come il nocciolo
- rampicanti come l’edera
- piccoli frutti di bosco come rovo o lampone
Propaggine semplice
La propaggine semplice è anche detta margotta ad archetto, proprio per le similarità con l’altra tecnica.
Si sceglie un ramo della pianta in posizione mediana e lo si sotterra a 4-5 cm di profondità, facendo poi emergere l’apice. L’apice del ramo deve possibilmente essere mantenuto dritto da un sostegno.
Per stimolare la produzione delle radici, si può asportare un anello di corteccia dal ramo; il taglio è da fare vicino a un nodo.
Per tenere bloccato il ramo al terreno si usano dei gancetti in ferro, posti al centro e alle estremità.
Il tipo di terreno in cui viene interrato il nuovo ramo deve essere sciolto, fresco e mantenuto sempre ben umido. Bisogna quindi valutare se è il caso di ammendare del nuovo terriccio da giardino accanto alla pianta madre.
Dopo circa 2-3 mesi si separa il ramo interrato dalla pianta madre, creando quindi un nuovo individuo che potrà essere trapiantato altrove.
Il successo della propaggine semplice è dovuto al rapporto tra il ramo e la pianta madre, che nutre il ramo per tutto il tempo.
La si può fare a fine inverno con distacco in autunno, o nei mesi autunnali con distacco nella primavera successiva.
La separazione dalla pianta madre si effettua, in ogni caso, praticando un taglio al di sotto del livello del terreno.
Con questo tipo di propaggine si ottiene un’unica nuova pianta.
Propaggine multipla
La propaggine multipla si differenzia della semplice per il numero di nuove piante che si riescono a moltiplicare dalla madre.
Viene usata per quelle piante che hanno rami o tralci molto lunghi, come la vite o alcune specie di rosa.
Con la propaggine multipla s’interra la ramificazione della pianta madre in più punti, incurvando il ramo nel terreno e facendolo riemergere, in modo da creare degli archetti.
Su ciascun archetto fuori terra è necessario che sia presente almeno una gemma, così da consentire lo sviluppo della parte aerea della pianta.
Alla fine del ramo si fa emergere l’apice vegetativo, che si sostiene con un tutore.
Sarebbe bene anche posizionare dei sostegni intermedi, nelle parti che emergono.
Le parti interrate invece, si bloccano al terreno con dei gancetti in ferro a forma di V rovesciata.
Questo tipo di tecnica si fa in autunno, per avere un ottimo radicamento in primavera.
Quando la propaggine è radicata, si stacca dalla pianta madre nei punti di seppellimento, così da ottenere numerose nuove piante.
Propaggine della vite ottenuta interrando un tralcio
La propaggine multipla era un tecnica ampiamente utilizzata in viticoltura. I vantaggi della propagginazione del vigneto erano infatti multipli.
In primis, la facilità di attecchimento insita nella natura della pianta di vite.
In secondo luogo, la propaggine è ottima per rimpiazzare le falle presenti normalmente nel vigneto. Questa tecnica, infatti, permette di sfruttare la capacità della pianta madre di consentire ai suoi cloni di superare facilmente il primo anno di sviluppo e, già dal secondo anno, di entrare in produzione.
La propaggine della vite ottenuta interrando un tralcio si eseguiva nel periodo di riposo vegetativo, tra i mesi di dicembre e febbraio.
Era un’operazione che andava di pari passo con la potatura, ogni qualvolta che si incontravano delle fallanze.
L’abbandono della tecnica
Purtroppo abbiamo utilizzato il tempo passato parlando della propaggine, proprio perché la tecnica è stata progressivamente abbandonata.
La motivazione è di tipo fitosanitario, dovuto alla malattia della filossera della vite.
Visto che le nuove piante di vite che si ottengono con la propaggine sono Vitis vinifera franche da piede, vale a dire che non sono innestate sul portainnesto di vite americana resistente alla filossera, i nuovi individui sono particolarmente soggetti alla malattia.
Dunque, questa pratica è assolutamente da evitare negli ambienti infestati dall’agente patogeno, che purtroppo sono molti.
Propaggine di trincea
In ambito vivaistico viene utilizzata la tecnica della propaggine di trincea, finalizzata alla produzione di portainnesti.
Si mette a dimora un portainnesto (barbatella), con un’inclinazione di 45° rispetto al suolo, in un solco fatto di terreno sciolto abbastanza largo e profondo.
Per un anno la barbatella viene lasciata vegetare liberamente.
Nel secondo anno, si scava dal lato dell’inclinazione una sorta di trincea e si piega la pianta all’interno dello scavo. In seguito, si osserva la crescita dei nuovi germogli e si copre in maniera graduale la trincea con nuova terra. In questo modo, si innesca la produzione di nuove radici (eziolamento) alla base del germoglio.
Nell’autunno del secondo anno, la terra viene rimossa e le nuove barbatelle asportate dalla pianta madre. Per avere una produzione continua si lascia una barbatella ogni 30-40 cm, in modo da garantirsi le nuove per l’anno a venire.
La propaggine per trincea si impiega con molto successo nella propagazione di nocciolo, ciliegio e per creare portainnesti clonali di melo e pero.
Capogatto
Il capogatto è una variante della propaggine, ed è una tecnica conosciuta anche come propaggine apicale.
È praticata di rado, e la si usa solo su un numero limitato di piante, come il rovo o il lampone, in grado di produrre nuove radici all’apice dei rami messi a contatto con il terreno.
Si tratta dell’unico caso di tecnica di riproduzione agamica che non richiede il rispetto della polarità del germoglio, il quale viene interrato capovolto.
Questa tecnica si pratica su rami di un anno, piegati e interrati di punta fino a 10-15 cm di profondità.
Il capogatto si fa in autunno. In inverno la nuova pianta emette radici, in primavera si opera il distacco dalla pianta madre.