L’oidio della vite è una malattia causata da un agente patogeno fungino, in particolare un fungo ascomicete. È considerata tra le patologie più problematiche per questa pianta, giacché è in grado di mettere a rischio la produzione annuale di uva. Ha dei sintomi specifici, anche se non ben visibili nelle fasi iniziali. Inoltre, colpisce in più parti, sia per quanto riguarda la pianta che i frutti. Per queste ragioni, è fondamentale saperla riconoscere ai primi segnali, così da poter attuare per tempo la difesa biologica nel modo migliore possibile.
Anche le tecniche di prevenzione agronomica sono importanti nel contrasto a questa malattia fungina, poiché aiutano a limitare al minimo le condizioni predisponenti. Per fortuna esistono anche dei rimedi biologici per evitare i danni dell’oidio in viticoltura; alcuni classici, ma ancora efficaci, altri sperimentali e con buone prospettive di implementazione.
In quest’articolo vediamo tutto quello che c’è da sapere per difendere il nostro vigneto.
L’oidio della vite
Per un’esatta identificazione dell’oidio della vite, bisogna distinguere la forma gamica del fungo Erysiphe necator, da quella agamica Oidium tuckeri. Un fungo ascomicete infatti, produce corpi fruttiferi contenenti gli aschi con le ascospore
nella fase gamica (o ascofora), mentre forma i conidi nella fase agamica o conidiofora. Entrambe queste forme fungine, agenti dell’oidio, possono comparire sulla vite. In generale, l’oidio è un ectoparassita obbligato, vale a dire che non può sopravvivere senza il suo ospite vegetale specifico.
Come si forma
Il patogeno responsabile dell’oidio sviluppa il suo micelio all’esterno dei tessuti vegetali colpiti, al cui interno invia degli austori, formazioni che assorbono le sostanze nutritive della cellula vegetale. A partire dalle ife del micelio si formano i rami conidiofori, i quali, in seguito, daranno origine alle catenelle di conidi responsabili della diffusione dell’oidio sul resto della pianta.
L’insieme di ife, conidiofori e conidi va a formare quello che è l’aspetto macroscopico che rende visibile l’oidio a occhio nudo, vale a dire la tipica muffa bianca di consistenza polverulenta che riveste i tessuti colpiti.
Ciclo biologico e conservazione
L’oidio della vite si può conservare durante l’inverno in due modi. Il primo modo è il corpo fruttifero della sua fase sessuata: si tratta di un caratteristico cleistotecio globoso, contornato da una serie di ife settate e ripiegate nella parte terminale. Il corpo fruttifero si conserva sulla vegetazione caduta a terra; Il secondo modo è tramite il micelio: si tratta di un micelio svernante negli anfratti delle gemme o fra le perule. In questo caso, gli attacchi primaverili sui germogli possono essere molto precoci.
I sintomi dell’oidio sulla pianta di vite
Sintomi sulle foglie
L’oidio è in grado di colpire la vite in diversi punti. Sulle foglie si evidenziano delle aree più chiare, sopra le quali, all’inizio, compare una patina biancastra evanescente, la quale evolve in un’efflorescenza polverulenta. Con l’avanzare della malattia, e in caso di gravi attacchi, le nervature fogliari imbruniscono e compaiono delle punteggiature necrotiche. Nelle primissime fasi, questi sintomi non sono troppo evidenti, per cui bisogna prestare molta attenzione nell’osservazione delle foglie. Ad esempio, si possono osservare le foglie in controluce e verificare se ci sono aree traslucide e decolorate.
È la pagina inferiore della foglia quella più colpita, per cui l’accurata osservazione dovrebbe concentrarsi in questa posizione. Con il progredire dell’infezione, vi sono anche segnali fisici sulle foglie di vite. In particolare, la piegatura della lamina fogliare verso l’alto, ossia a “coppa”. Alla fine, le foglie ingialliscono e cadono precocemente.
Sintomi sui germogli
Sui germogli della vite il danno dell’oidio è più grave, anche se per fortuna più raro. Inoltre, è limitato esclusivamente a vigneti localizzati in aree con inverni molto miti. Il sintomo è dovuto al micelio svernante, protetto dalle perule all’interno delle gemme. A primavera, con la ripresa vegetativa, i germogli infetti appena aperti si ricoprono precocemente di abbondante muffa biancastra e polverulenta. Lo sviluppo della foglia è compromesso in partenza, e il germoglio assume un aspetto detto “a bandiera”.
Sintomi sui tralci
L’oidio è in grado di colpire anche i giovani tralci della vite. Come per le foglie, all’inizio l’infezione è poco visibile, in quanto costituita da un micelio piuttosto rado e con scarsa sporulazione. In seguito, però, avviene la necrosi delle cellule superficiali e sul tralcio compaiono delle aree brune e dall’aspetto reticolato, le quali restano visibili anche in seguito alla lignificazione del tralcio stesso. Le possibilità di sintomi sul tralcio sono più frequenti in caso di grave attacco precoce alla vegetazione. In autunno, sui tralci colpiti è possibile osservare le strutture di conservazione del fungo.
Sintomi su fiori e grappoli
Altra grave sintomatologia è quella sulle infiorescenze della vite, in quanto l’oidio può colpire ancor prima che la vera e propria fioritura avvenga, ovvero prima che i fiori si aprano. L’attacco dell’oidio alla vite, in questo caso, provoca la colatura dei fiori o la mancata crescita dei grappolini. Sul grappolo, l’attacco può avvenire in diverse fasi fenologiche.
L’infezione post-fioritura provoca la necrosi dell’epidermide dell’acino, il quale arresta la sua crescita e si spacca, aprendo la strada ad altre infezioni (soprattutto la botrite).
L’attacco può avvenire più tardi, in fase di accrescimento del grappolo, in tal caso sugli acini si formano punteggiature, imbrunimenti e la tipica polverina bianca dell’oidio. I grappoli d’uva sono in generale molto suscettibili a questa malattia, anche se l’evoluzione è molto lenta. Ad esempio, un’infezione che si avvia nel mese di giugno, magari è ben visibile solo in agosto.
Entità dei danni dell’oidio della vite
Come abbiamo appena visto, l’oidio è in grado di colpire tutte le parti vegetative della vite. L’entità dei danni dipende da diversi fattori, quali l’epoca d’infezione, l’inoculo del patogeno, la parte colpita, ecc. In generale, l’oidio, per quanto l’attacco possa essere grave, difficilmente porta alla morte della pianta di vite. Il danno si valuta più che altro sulla produzione d’uva dell’anno, che viene gravemente pregiudicata, in quanto il patogeno provoca sempre stentato sviluppo vegetativo e compromette la normale attività di fotosintesi. Quando l’oidio della vite attacca fiori e grappoli, è inoltre facile perdere totalmente la produzione.
Come danni indiretti, l’oidio rende la vite più suscettibile ad altre malattie, come la peronospora o la botrite.
Ambiente favorevole all’oidio della vite
A parte le infezioni precoci da micelio svernante, l’oidio solitamente colpisce i vigneti in estate, con un optimum di temperatura di 25-26 °C. Inoltre, l’umidità atmosferica è di norma bassa, intorno al 40-50%. Contrariamente ad altri patogeni fungini, le piogge frequenti ostacolano l’oidio della vite, in quanto l’acqua inibisce la germinazione dei conidi. Per questo motivo, le zone collinari delle regioni meridionali, soggette a minori sbalzi termici e a poche precipitazioni estive, sono più soggette all’oidio. Gli ambienti di pianura, con estati più umide lo sono di meno. Tuttavia, con i cambiamenti climatici in atto e che riservano continue sorprese, nessuna area si può a priori considerare indenne.
Forme di allevamento e prevenzione agronomica
La buona esposizione dei grappoli d’uva al sole è un fattore che protegge la vite dall’oidio, in quanto la luce diretta del sole inibisce la germinazione dei conidi dell’oidio. Le forme di allevamento a spalliera, come il Guyot e il cordone speronato sono più adeguate in tal senso, a differenza degli allevamenti a pergola, la cui caratteristica intrinseca è proprio la minore esposizione dei grappoli al sole.
L’operazione di potatura estiva della vite, denominata sfogliatura o spampinatura, aumenta l’esposizione dei grappoli al sole, dunque è un’ottima tecnica di prevenzione agronomica dell’oidio.
Altra buona pratica di prevenzione è quella di rimuovere a fine stagione tutti i residui di vegetazione infetti. Questi vanno poi bruciati, in modo da non consentire la conservazione del patogeno.
Difesa biologica contro l’oidio della vite
Il prodotto consentito in agricoltura biologica che storicamente viene usato contro l’oidio è lo zolfo, sia puro, in polvere, che in formulazioni bagnabili. Essendo in grado di danneggiare diversi aspetti della biologia del patogeno, non permette l’insorgenza di fenomeni di resistenza.
Come agisce lo zolfo
Lo zolfo penetra nella cellula fungina, danneggiando la membrana cellulare del fungo, da cui fuoriesce acqua. La morte del fungo responsabile dell’oidio avviene per disidratazione.
Inoltre, svolge anche funzione antibotrite, per cui con un solo trattamento curativo si prevengono due malattie crittogamiche. Tuttavia la sua azione è limitata nel tempo e i trattamenti devono essere ripetuti.
Inoltre può dare problemi alla vinificazione, in quanto una notevole presenza di zolfo sulla superficie dei grappoli determina l’alterazione dei processi di fermentazione, i quali potenzialmente possono alterare le qualità organolettiche del vino. Per questo, in molti consigliano l’uso dello zolfo, specie quello polverulento, solo nelle fasi di prefioritura e prechiusura grappolo, limitando fortemente il suo utilizzo in altri periodi.
Alternative allo zolfo
Per continuare la difesa dall’oidio della vite nel corso della stagione, ottimi risultati si stanno ottenendo con l’uso del bicarbonato di potassio e del bicarbonato di sodio, prodotti meno aggressivi dello zolfo, ma altrettanto validi. L’azione dei bicarbonati è duplice, in quanto danneggiano direttamente la membrana delle cellule nelle spore e, allo stesso tempo, innalzano il pH a livello della superficie fogliare, creando un ambiente inospitale alla proliferazione delle spore del patogeno. Entrambi i bicarbonati hanno azione preventiva, ma attenzione al loro corretto utilizzo, soprattutto nel caso del bicarbonato di sodio. Esagerando nei dosaggi, infatti, si possono provocare delle ustioni fogliari anche estese, con compromissione della fotosintesi e innalzamento del pH del terreno.
Il consiglio è quello di effettuare il trattamento esclusivamente nelle ore serali, a un dosaggio dell’1% sull’acqua, ovvero 1 kg ogni 100 litri d’acqua.