La monilia (o moniliosi) è una malattia fungina molto problematica, che mette a rischio i nostri raccolti. Aggredisce in particolar modo le drupacee, ossia ciliegio, pesco, albicocco e susino.
Il fungo colpisce sia parti delle piante, che i frutti in fase di maturazione, e attacca quando si verificano particolari condizioni ambientali.
Cerchiamo in questo articolo di comprendere le metodologie d’intervento per prevenire la monilia.
In particolare vediamo quali sono le adeguate tecniche e quali prodotti consentiti in agricoltura bio possiamo usare.
La monilia o moniliosi
La monilia o moniliosi delle drupacee è una patologia provocata da diversi miceti, che, in ambiente favorevole, può causare gravi danni ad alcune piante.
Le diverse specie di funghi che causano questa malattia crittogamica sono del genere Monilia e Monilinia. Si tratta di agenti patogeni con caratteristiche diverse se osservati al microscopio. Per quanto riguarda i sintomi provocati sulle colture, questi agenti sono però indistinguibili.
Monilinia laxa è la specie tipica di colture quali pesco, ciliegio, albicocco e susino. Essendo attiva già a basse temperature (5-10 °C) è in grado di determinare infezioni estese in momenti diversi della stagione. Colpisce sia gli organi vegetativi (fiori, germogli), che i frutti in fase di maturazione.
Le altre specie diffuse nel nostro Paese sono Monilia fructigena e M. Fructicola. Queste si attivano a temperature più elevate, e quindi colpiscono di più in fase di maturazione dei frutti. La M. Fructigena, inoltre, attacca anche le Pomacee.
M. fructicola, invece, è una specie che si è diffusa più di recente, ma che preoccupa per il rapido tempo di sviluppo e il maggior potenziale di sporulazione.
Il ciclo biologico della monilia
Il ciclo biologico degli agenti patogeni è simile per tutte le specie di monilia. La conservazione invernale avviene come micelio sui frutti colpiti e caduti a terra, ma anche sui frutti che appaiono mummificati e rimangono appesi alla pianta. Il micelio si conserva anche sui cancri rameali che vengono causati.
Gli attacchi più gravi avvengono durante la fioritura e sui frutti in prossimità della raccolta. I rischi maggiori si hanno in caso di umidità, nebbia e lunghe piogge. Al verificarsi di questi eventi, i miceli fungini liberano le spore, che vengono disperse da acqua, vento e insetti. In questo modo si determinano le infezioni primarie.
La penetrazione dell’agente patogeno nell’albero avviene attraverso aperture naturali o microlesioni.
Monilinia laxa è in grado di colpire gli organi vegetativi (fiori e piccoli frutti). Le altre specie, invece, trovano le condizioni ottimali per iniziare a danneggiare i frutti con temperature fra 15 e 30 °C e umidità prossima al livello di saturazione.
Nelle condizioni ideali descritte, il ciclo del fungo si completa in circa una settimana, generando nuove spore che danno il via a cicli d’infezione secondaria.
Se non vi sono invece condizioni ambientali favorevoli, le infezioni di monilia possono rimanere latenti sui frutti, per poi manifestarsi attraverso evidenti marciumi dopo la raccolta.
Con primavere ed estati molto calde e asciutte l’incidenza della malattia è limitata.
I danni della monilia alle colture
La monilia produce danni molto gravi alle colture. I tipici sintomi sono i seguenti:
- Foglie con macchie scure marrone e/o rossastre;
- Giovani germogli che dissecano all’improvviso, o assumono una consistenza molle e un brutto colore, come se fossero stati scottati in acqua bollente;
- Fuoriuscita dai rami di materiale biologico dall’aspetto gommoso;
- Frutti che presentano maculature gialle e muffa, la quale si rinviene anche nella polpa. I frutti possono cadere subito o rimanere appesi al peduncolo, assumendo uno sgradevole aspetto mummificato.
Varietà più suscettibili
Tra le drupacee esistono varietà più suscettibili all’attacco di monilia, vediamo in sintesi quali sono.
- Albicocco: le varietà più soggette per questa pianta sono l’Aurora, la Palummella e l’Antonio Errani.
- Ciliegio: per il ciliegio le varietà più sensibili sono quelle più soggette allo spacco, come Celeste e New Star, e quelle che fruttificano a grappolo, come Lapins e Sweet Heart.
- Pesco: per l’albero di pesco, di cui abbiamo già studiato i principali parassiti e la bolla, sono molto suscettibili percoche e nettarine, e di solito tutte le varietà con raccolta tardiva nella seconda metà di agosto.
- Susino: le susine di varietà cinesi o giapponesi sono più suscettibili alla monilia in fase di raccolta, mentre quelle europee lo sono in fase di fioritura.
Prevenzione con tecniche agronomiche
Per prevenire l’insorgere della monilia bisogna intervenire con corrette pratiche agronomiche.
Per prima cosa, durante la potatura invernale bisogna asportare e allontanare i frutti mummificati e rimasti sulla pianta. Bisogna inoltre eliminare i rami colpiti da cancri. Il materiale asportato, quando possibile, deve essere bruciato.
Con le operazioni di potatura inoltre, è necessario favorire il respiro della chioma. Altra scelta agronomica in tal senso è quella di un sesto d’impianto ampio, che favorisca il passaggio dell’aria tra una pianta e l’altra.
Bisogna poi gestire al meglio le erbe infestanti e non. Ad esempio, è necessario mantenere a un livello accettabile l’altezza dell’inerbimento. Una errata gestione di questo aspetto favorisce le condizioni di umidità gradite al fungo.
Altre misure per evitare la monilia sono:
- Contenere la vigoria della pianta attraverso basse concimazioni azotate
- Evitare ristagni idrici tramite un buon sistema di drenaggio
- Gestire in modo corretto l’irrigazione per non far maturare troppo (e troppo in fretta) i frutti, col rischio di spaccature.
Trattamenti per la monilia con prodotti consentiti in agricoltura biologica
Vediamo ora come intervenire con prodotti il cui uso è consentito in agricoltura biologica (qui trovate il regolamento europeo relativo alla produzione biologica).
Per i trattamenti bio si usano polisolfuro di calcio, zolfo e proteinato di zolfo. Questi prodotti, usati in modo corretto, possono limitare molto gli attacchi del fungo.
Gli interventi devono essere eseguiti in pre e post-fioritura, secondo i dosaggi consigliati.
In fioritura, si può usare lo zolfo a dosaggi minori (un buon prodotto lo trovate qui), magari miscelato con propoli o silicato di sodio.
Per il pesco, si può intervenire anche in pre-raccolta, usando il silicato di sodio o il proteinato di zolfo. In questi casi si interviene 8-10 giorni prima della raccolta e, se serve, si ripetete il tutto a 3 giorni.
C’è da dire che nelle annate in cui è forte la pressione della malattia, questi rimedi possono non bastare.
5 commenti
Buongiorno, io ho letto l’articolo e speravo potesse aiutarmi nel risolvere il mio problema. Ho due alberi di ciliegio molto vecchi, si parla di un secolo di vita, e la corteccia del tronco è dei rami é ricoperta da un fungo verdastro che se si osserva da vicino è formato da piccole scaglie ed al tatto risolta come fosse quasi gommoso. È una patologia diffusa in questa zona collinare Genovese. Ora la mia domanda più che scontata:come posso debellare questo fungo? Grazie.
Sul tuo albero probabilmente c’è la gommosi, io lo lascerei vivere tranquillo senza aspettarmi troppo.
avete indicato genericamente il periodo della potatura (in inverno lasciando le ferite aperte alle varie intemperie); la si può fare dopo la raccolta dei frutti o bisogna aspettare che cadano tutte le foglie?
La potatura va fatta a fine inverno.
Per la monilia puo essere utile il bicarbonato?