L’ippocastano (Aesculus hippocastanum) è un albero appartenente alla famiglia delle Sapindaceae. È anche conosciuto come castagna matta, castagno amaro e, soprattutto, castagno d’India. Quest’ultimo nome volgare deriva dal fatto che, anticamente, i botanici lo credevano originario dell’Asia. In realtà è una specie botanica a noi più vicina, nativa delle montagne dell’Albania e del nord della Grecia, zone in cui cresce spontaneo, disseminato nelle foreste di media altitudine. Venne introdotto nel nostro Paese alla fine del 1500 e oggi lo troviamo dal livello del mare fino ai 1200 m di altitudine. Viene coltivato come albero ornamentale isolato nei giardini, o per formare le alberature ombreggiate dei viali in ambito urbano. In alcune zone è ormai sub-spontaneo.
Tutti sanno che i suoi frutti sono tossici e particolarmente sgradevoli se consumati freschi (nulla a che vedere, quindi, con le più amate castagne). Ma è altresì noto che i suoi semi, adeguatamente trattati, sono ricchi di proprietà benefiche e sfruttate sia nella medicina popolare che nella moderna fitoterapia. In quest’articolo conosciamo le caratteristiche botaniche dell’ippocastano, le tecniche colturali, le proprietà e gli usi più comuni.
Descrizione dell’ippocastano
L’ippocastano è un albero deciduo di medio-grandi dimensioni, che può raggiungere anche i 20-25 m di altezza su più di 3 m di circonferenza del tronco. È mediamente longevo, vive infatti tra i 150-200 anni. Il tronco è robusto, eretto e molto ramificato. Sviluppa una chioma ovoidale o piramidale, molto folta. La corteccia è brunastra e liscia negli alberi più giovani, con il tempo diventa però grigia, con screpolature scagliose. I giovani rami sono robusti e glabri, coperti di lenticelle e cicatrici fogliari. Sono provvisti di gemme (grosse fino a 3,5 cm) ovoidali-appuntite, molto viscose e con perule color bruno-rossiccio scuro.
Foglie
Le foglie dell’ippocastano sono opposte a due a due sui rami e sono dotate di un picciolo lungo 15-20 cm. Questo è tondeggiante nella parte mediana e si slarga all’apice, per sostenere le foglioline, e alla base dove abbraccia il ramo.
Le foglie sono di tipo palmato-digitate, hanno cioè 5-7 foglioline disposte come le dita di una mano. Le singole foglioline sono obovate con l’apice acuto e il margine dentellato. La fogliolina centrale è sempre più grande delle altre.
Il colore delle foglie è verde-brillante nella pagina superiore, mentre è più chiaro e tomentoso sulle nervature, in quella inferiore.
Fiori
L’Aesculus hippocastanum è una specie arborea monoica, monoclina e isterante, con fiori molto profumati di tipo ermafrodito. I fiori sono riuniti in dense pannocchie terminali, lunghe fino a 20 cm, di forma piramidale e con l’asse rivolto verso l’alto. Il calice è diviso in 5 lobi, la corolla è formata da 4-5 petali ineguali, bianchi macchiati di punti gialli e rossi alla base. Gli stami sono 7, lunghi e curvi, l’ovario è libero, con 3 logge sormontate da uno stilo allungato. La fioritura avviene da aprile a giugno.
L’ippocastano è una pianta mellifera, con i fiori che sono bottinati dalle api per la raccolta di polline rosso e nettare, da cui si ricava un miele chiaro. Tuttavia è molto difficile ottenere un miele monoflora d’ippocastano, cosa possibile sono in zone ad alta intensità.
Frutti
I frutti dell’ippocastano sono delle capsule deiscenti e con la superficie spinosa e verdastra, le quali a maturità si aprono in 2-3 parti. All’interno sono contenuti 1-2 grossi semi sub-sferici con la superficie lucida, colore bruno, ilo grigio alla base, forma irregolare. L’aspetto, ad un primo sguardo, ricorda la castagna (castagne matte). La fruttificazione avviene tra settembre e ottobre.
Legno
Il legno dell’ippocastano è di colore bianco-giallastro e non ha buone caratteristiche tecniche. È molle e senza durata, si presta poco ad essere lavorato. Quando è particolarmente asciutto, brucia in maniera vivace, ma troppo velocemente, generando un basso potere calorifico.
Come coltivare l’ippocastano
Esigenze pedoclimatiche
L’ippocastano viene coltivato in pratica solo a fini ornamentali, in quanto rustico, dalla crescita veloce e capace di creare un ottimo ombreggiamento. Tollera le basse temperature invernali, anche se non è una pianta che cresce in alta montagna. Ideali sono i terreni soffici, freschi, con una buona dotazione di sostanza organica. Tuttavia, si adatta bene anche a substrati più poveri, rifugge solo quelli eccessivamente salini. Nelle regioni meridionali i giovani alberi possono soffrire per la mancanza d’acqua, con conseguente ingiallimento fogliare e il rischio disseccamento. Tuttavia, passata la fase giovanile, l’albero è più resistente alle condizioni climatiche estreme. Ama le posizioni luminose, deperisce facilmente in condizioni di scarsa luminosità.
Varietà di ippocastano
A fini ornamentali è molto diffusa una specie di ippocastano ibrido, Aesculus x carnea, con fiori rosa e rossi, la quale si caratterizza per il portamento più compatto e maggiore resistenza all’inquinamento rispetto all’ippocastano comune.
Altro ippocastano molto coltivato è la sottospecie Aesculus hippocastanum var. Baumannii, una varietà sterile che produce fiori bianchi doppi e macchiati di giallo e rosso. Spesso in ambiente urbano si sceglie quest’ultima varietà in quanto non produce frutti e quindi “sporca” di meno rispetto al classico ippocastano nel momento della cadute delle castagne matte.
Riproduzione
Un albero di ippocastano si può riprodurre facilmente partendo dal seme. Le castagne matte vanno seminate subito dopo la raccolta, utilizzando terriccio misto a torba. Per la messa a dimora si possono usare dei vasi di medie dimensioni. Le nuove piante spuntano nel mese di febbraio e crescono anche di 75 cm il primo anno. Non conviene metterle a dimora subito, specie nelle zone con inverni freddi. È meglio far superare ai giovani alberelli il primo anno in vaso, dando acqua regolarmente d’estate e proteggendo in luogo riparato o serra fredda in inverno. Nella primavera del secondo anno di vita si possono piantare gli alberi nella loro dimora definitiva.
Sesto d’impianto
Nel momento in cui si pianta un albero d’ippocastano bisogna tener conto della sua crescita futura e della folta chioma che sviluppa. Si deve quindi garantire alla pianta uno spazio adeguato o come esemplare isolato o lungo i filari, lasciando almeno 10-12 metri tra una pianta e l’altra.
Potatura dell’ippocastano
L’ippocastano è un albero che non necessita di potature e che andrebbe fatto crescere liberamente. Gli interventi di potatura si limitano alla pulizia dei rami secchi o danneggiati.
Parassiti
Il parassita più temibile per l’ippocastano è il lepidottero Cameraria ohridella, detta minatrice fogliare dell’ippocastano. Questa specie, segnalata per la prima volta in Macedonia, è presenta in Italia dal 1992, rinvenuta in provincia di Bolzano. Da lì si è progressivamente diffusa nelle regioni del centro-nord. Le larve del parassita scavano mine fogliari, finendo per occupare l’intero lembo. Le foglie, in primavera-estate, sono facilmente attaccate da un gran numero di minatrici, per cui disseccano e cadono. L’albero d’ippocastano attaccato va incontro ad un forte deperimento vegetativo e senza trattamenti rischia di perire. Tra i prodotti consentiti in agricoltura biologica, quello più efficace contro le larve minatrice dell’ippocastano è il bacillus thuringiensis var. kurstaki, mentre contro gli adulti si può far ricorso all’azadiractina. Ovviamente nel verde pubblico questi interventi devono essere coordinati dalle istituzioni competenti.
Usi zootecnici delle castagne d’India
Il nome hippocastanum deriva dal greco, dalla composizione dei termini híppos=cavallo e cástanon=castagno, che possiamo tradurre letteralmente come castagno per cavalli. È chiaro quindi il riferimento agli equini, animali molto ghiotti dei frutti e che possono mangiarli tal quali senza rischi d’intossicazione. Altri animali che mangiano le castagne matte senza problemi sono i cervidi, mentre i maiali li rifiutano in maniera decisa e galline e polli ne sono intossicati.
Per uso zootecnico quindi non si usano i frutti freschi, i quali tra l’altro vanno incontro a veloce deperimento, ma i frutti secchi e poi ridotti in farina. In questo modo vengono eliminate le sostanze potenzialmente tossiche e si ottiene un ottimo mangime per gli animali, ricco di amido e saccarosio. Tuttavia anche questo impiego è in disuso.
Principi attivi e proprietà dell’ippocastano
Ma vediamo ora le interessanti proprietà benefiche dell’ippocastano. I principali costituenti chimici, contenuti nei semi e nella corteccia, sono: i saponosidi triterpenici escina e criptoescina A, i flavonoidi come la quercetina e kaempferolo, glucosidi cumarinici (esculina), tannini, allantoina, amidi, acidi grassi ecc. Da questi principi attivi derivano proprietà: astringenti, vasoprotettrici, antiemorroidali, antiedemigene.
Indicazioni
L’azione terapeutica più nota e studiata dell’ippocastano è quella vaso-costrittrice. Questa pianta ha la capacità di restringere il lume dei vasi sanguigni, di tonificarli, normalizzarne la permeabilità e rendere normali le pareti alterate e infiammate. È utile quindi nel trattamento delle emorroidi, delle flebiti, delle ulcere varicose, dell’insufficienza venosa periferica, della fragilità capillare. Inoltre è in grado di togliere prurito e dolore, favorendo l’assorbimento dei liquidi in eccesso che ristagnano nei tessuti.
La sua azione astringente si esplica anche utilmente su affezioni più blande e generalizzate, ad esempio sulle estremità gonfie e sui difetti della pelle dovuti ai vasellini superficiali dilatati (couperose).
Avvertenze
Tutte le azioni descritte si esplicano soprattutto per uso interno. Tuttavia non va sottovalutata la scarsa tollerabilità del nostro sistema gastrointestinale ai principi attivi dell’ippocastano, per cui le preparazioni fatte in case sono sconsigliate. Se si vogliono utilizzare gli estratti d’ippocastano per uso terapeutico è necessario in primis sentire il parere del proprio medico, e poi acquistare solo prodotti erboristici con dosaggi tollerabili e standardizzati, quindi sicuri.
A questo link trovate una serie di prodotti a base d’ippocastano, soprattutto sotto forma di integratori in compressa.
Usi domestici dell’ippocastano
In ambito domestico ci si può limitare all’uso esterno, utilizzando la farina ottenuta dai semi. Il seme va raccolto appena caduto a terra, tagliato in due ed essiccato ad una temperatura di 40-50 °C. Dai semi secchi si può ottenere con il mortaio un po’ di farina.
Per i gonfiori delle estremità, la couperose, le infiammazioni emorroidali di lieve entità si può preparare in casa il decotto al dosaggio di 6 g per 100 ml d’acqua. Con il liquido filtrato si possono fare lavaggi, pediluvi, impacchi, compresse da applicare sulle zone interessante per massimo 10-15 minuti. Evitare di frizionare la zona e valutare comunque la sensibilità individuale impiegando inizialmente preparazioni diluite.