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La cocciniglia tartaruga (Toumeyella parvicornis) è un insetto appartenente al phylum degli Artropodi, ordine degli Emitteri, famiglia Coccidae. È conosciuta anche come cocciniglia del pino, essendo un parassita specifico degli alberi del genere Pinus. Il nome di cocciniglia tartaruga è invece dovuto alla sua particolare morfologia, che nelle femmine adulte ricorda, per l’appunto, il dorso di una tartaruga. Questo parassita è una specie aliena nel nostro Paese, giacché originario del continente americano. Fa la sua comparsa per la prima volta in Italia nel 2014, nei dintorni di Napoli. Ad oggi ha esteso la sua presenza anche nel Lazio, in special modo nell’area urbana di Roma, mettendo a dura prova la sopravvivenza degli alberi di pino della capitale.
In quest’articolo vediamo quali sono le caratteristiche di questo parassita dei pini, i danni che provoca agli alberi e le tecniche di contenimento che si stanno mettendo a punto.
Com’è fatta la cocciniglia tartaruga?
La Toumeyella parvicornis è una cocciniglia che, nelle forme adulte, ha l’aspetto di un piccolo scudetto di colore rossiccio, che si attacca ai germogli degli alberi di pino. Quelle visibili sulla vegetazione sono le femmine adulte, con una dimensione variabile tra i 3,9 e i 4,4 mm.
In realtà, a livello morfologico, si distinguono due tipi di femmine adulte, la cui forma varia a seconda del punto d’attacco sul germoglio. Alcune, le predominanti, sono di forma semi-sferica quando si fissano e si alimentano lungo l’asse del germoglio (bark form). Le altre hanno forma allungata, che si adatta alla loro presenza diretta sugli aghi del pino (needle form).
Se l’infestazione è elevata, si possono osservare numerose femmine adulte sovrapposte le une alle altre, tanto da formare delle fitte concentrazioni a “manicotto” con decine di individui.
Uova
Le uova della cocciniglia tartaruga del pino sono di forma ovoidale, misurano circa 0,4 mm e hanno colore rossastro lucido.
Femmine
La femmina di Toumeyella parvicornis attraversa 3 stadi di neanide prima di divenire adulta. Quelle di prima età sono ovali, rossicce e dotate di 6 corte zampe. Rappresentano lo stadio di età mobile del parassita, il quale, una volta fissato sull’albero, non si sposta più.
Abbiamo poi le neanidi di seconda e terza età, di forma ovale-convessa, colore verde chiaro che vira al rossiccio, zampe ridotte e inservibili. A fine maturazione diventano scure ed evidenziano piccole macchie nerastre sul dorso.
Maschi
I maschi della specie hanno due stadi neanidali, seguiti dagli stadi di prepupa e pupa e poi dall’adulto alato.
I follicoli maschili sono ovali, bianchi e traslucidi e misurano circa 3 mm. Da piccole pupe ovali evolvono in adulti alati in circa 1-2 settimane.
I maschi adulti sono forme alate e sono presenti sugli alberi per un tempo limitato in ogni generazione. Si accoppiano e fecondano le femmine appena uscite dalla muta finale.
Ciclo biologico
Dall’osservazione del ciclo biologico del Toumeyella parvicornis è stato appurato che, alle nostre latitudini, il parassita compie 3-4 generazioni in un anno.
Lo svernamento avviene allo stadio di femmina feconda, con rare presenza di stadi pupali maschili.
In aprile abbiamo le prime ovodeposizioni delle femmine feconde, con una generazione che in primavera o estate si compie completamente i 9-10 settimane.
Ogni femmina depone mediamente 500 uova nel corso della sua vita (10-30 al giorno), con picchi che possono arrivare anche a 1.000. L’uovo si schiude in breve tempo, bastano infatti solo 1 o 2 ore.
Neanidi mobili sono presenti distintamente in maggio, luglio, settembre e novembre, e questo ci dice che le generazioni totali sono 3 + 1 parziale.
Diffusione della cocciniglia tartaruga in Italia
La cocciniglia tartaruga è stata segnalata in Italia nel 2014. Oggi, la diffusione maggiore è in Campania, dove interessa Napoli, la fascia costiera che va dall’alto casertano fino a Salerno, e alcune aree interne del beneventano e dell’avellinese.
Nel Lazio, le infestioni partono nel 2018 dai parchi pubblici di Roma e sono ormai estese a tutto il territorio circoscritto del GRA.
Non sappiamo come l’insetto sia arrivato in Italia, forse col commercio di piante con l’estero, come avvenuto per cimice asiatica e punteruolo rosso.
Ad ogni modo, la sua diffusione è giudicata dagli esperti entomologi in aumento esponenziale, non tanto per la capacità dell’insetto di spostarsi su lunghe distanze, quanto per la sua presenza lungo strade e autostrade, dove lo spostamento d’aria dei grossi camion permette al parassita di muoversi facilmente altrove. Non dimentichiamo, poi, il normale contatto che avviene tra le chiome degli alberi.
Piante ospiti
In Italia, al momento, è il pino domestico (Pinus pinea) quello più colpito dalla cocciniglia tartaruga. Meno suscettibile all’attacco si è dimostrato invece il pino marittimo (Pinus pinaster), pur molto presente sui litorali laziali.
Danni ai pini della cocciniglia tartaruga
Sul pino domestico si sono registrati gravi danni dovuti alla cocciniglia tartaruga. In molti, questi danni hanno portato al grave deperimento o addirittura alla morte degli alberi. Questo parassita, in pratica, sottrae linfa agli alberi e ne compromette la capacità fotosintetica, causando filloptosi (defogliazione anomala dovuta a cause patologiche).
Sugli alberi infestati è abbondante la produzione di melata e la formazione di fumaggine con conseguente annerimento della vegetazione.
I sintomi di un attacco sono in primis il ridotto sviluppo dei germogli nella parte alta della chioma. Poi è la parte bassa a essere colpita, con intristimento dei germogli, arresto dello sviluppo e disseccamento di singoli rami o intere branche.
Come danni indiretti la cocciniglia tartaruga provoca l’imbrattamento dell’ambiente sottostante i pini (rovinando, ad esempio la vernice delle auto).
Inoltre, le piante morte devono essere estirpate dalle amministrazioni locali, onde evitare danni dovuti a cadute nei periodi di forte vento.
Difficoltà nel riconoscimento dei sintomi
Solo un’attenta osservazione ravvicinata degli apici dell’albero può consentire l’individuazione di un’infestazione (in atto o appena iniziata) di cocciniglia tartaruga.
I pini però sono alberi ad alto fusto, uno sguardo all’albero da terra è dunque del tutto insufficiente. Per un’analisi accurata, occorre quindi effettuare dei prelievi periodici di parti della vegetazione, specie nelle aree a rischio o in quelle limitrofe.
Questo attento monitoraggio è il primo passo per limitare la diffusione del parassita.
Insetti antagonisti della cocciniglia tartaruga
Pur essendo un insetto alieno, alle nostre latitudini sono già presenti efficaci insetti antagonisti della cocciniglia tartaruga. In particolare, abbiamo il crittolemo, ovvero il predatore coccinellide Cryptolaemus montrouzieri.
Altro insetto utile è l’imenottero entomofago parassitoide e polifago Metaphycus flavus.
Purtroppo da soli questi antagonisti non sono riusciti a controllare adeguatamente il parassita. Lo studio sul loro utilizzo deve dunque essere approfondito e stabilizzato nel tempo.
Come prevenire la cocciniglia tartaruga
Com’è facile intuire, non è per nulla semplice eliminare la cocciniglia tartaruga dai pini. Questo perché parliamo di alberi ad alto fusto, distribuiti su un’ampia zona geografica.
Di questa difficoltà vi abbiamo già parlando studiando la processionaria del pino, un parassita più diffuso della cocciniglia tartaruga, ma altrettanto distruttivo.
A livello agronomico, la prima cosa che le amministrazioni pubbliche dovrebbe fare in parchi e alberature stradali è una costante attività di monitoraggio, così da effettuare interventi tempestivi e circoscrivere le infestazioni.
Sono altresì consigliate delle periodiche e razionali potature, volte a eliminare parti secche delle chioma, arieggiandola. Sappiamo infatti che la cocciniglia è favorita da ambienti umidi, dove circola poco l’aria. Ovviamente, gli scarti di potatura, specie se infetti, dovranno essere immediatamente distrutti mediante cippatura.
In caso della piantumazione di nuovi alberi, prediligere specie più resistenti, come ad esempio il pino marittimo.
La difesa biologica contro la cocciniglia tartaruga
Per un’adeguata difesa biologica dalla cocciniglia tartaruga, quello che possiamo auspicare è che gli insetti antagonisti facciano il loro lavoro e che riescano a controllare efficacemente il fitofago. Realisticamente, però, questo è molto difficile, specie in un contesto suburbano.
Gli interventi che l’uomo può fare, oltre a quelli agronomici appena citati, è il lavaggio della chioma degli alberi utilizzando saponi potassici e getti d’acqua ad alta pressione. Questo trattamento è auspicabile in primavera, quando si hanno sugli alberi le neanidi di prima età, dunque le forme mobili dell’insetto.
Altra strategia efficace, ma che ancora non è stata messa a punto, è quella della realizzazione di trappole di cattura massale, attivate con feromoni, in modo da intercettare i maschi di cocciniglia tartaruga prima dell’esplosione delle infestazioni.
2 commenti
Aiutandosi possiamo fare delle belle cose.Laconocsienza aiuta tutti.GRAZIE.
Articolo interessantissimo,solo la conocsienza ci puo’ aiutare.