Il marciume del colletto è una delle malattie più problematiche per la coltivazione del pomodoro. Questa problematica è causata da un agente patogeno molto difficile da debellare.
Il pomodoro è una pianta molto soggetta alle malattie e ai parassiti, vi abbiamo già parlato in precedenza del marciume apicale, della peronospora, della virosi del pomodoro, della nottua e della tuta absoluta.
In quest’articolo capiamo meglio come comportarsi per salvaguardare le nostre coltivazioni dal marciume del colletto. Vediamo quali sono le condizioni per la proliferazione della malattia e come porvi rimedio in modo biologico, attuando prevalentemente buone pratiche agronomiche.
Identificazione del marciume del colletto

Marciume del colletto sugli apparati radicali
Il marciume del colletto del pomodoro, detto anche marciume basale, è una malattia causata dal fungo Fusarium oxysporum f.sp. Radicis- lycopersici “Jarvis et Shoemaker 1978”.
Si tratta di una fitopatologia che può arrecare gravi danni alla produzione, fino alla perdita dell’intera coltivazione di pomodori.
Il fungo che la genera è un parassita saprofita, ossia un agente patogeno che si nutre di sostanze organiche morte. Attacca l’apparato radicale della pianta, inizialmente provocando il marciume della radice principale e poi di quelle secondarie. Le piante colpite presentano uno sviluppo stentato, deperiscono abbastanza velocemente e alla fine, inesorabilmente, muoiono.
Come si presenta la pianta attaccata dal marciume del colletto

Pianta di pomodori colpita da marciume del colletto
Capiamo più nel dettaglio come si manifesta questa malattia del pomodoro, con i segnali visibili sulle piante.
Innanzitutto possiamo notare l’attacco della malattia sulle foglie, con un iniziale avvizzimento e una successiva clorosi, ossia un cambio di colorazione tendente al giallo.
La pianta si sviluppa complessivamente in maniera ridotta, e si può notare la formazione di una macchia scura, più o meno estesa, nella parte basale, all’attaccatura del colletto. La macchia di solito interessa solo un lato del colletto e sembra assumere la forma di una fiamma.
Altra evidente manifestazione della malattia è la formazione di una muffa di colore rosastro nella zona del colletto.
Infine vi è un imbrunimento progressivo delle radici e del fusto, che di fatto blocca il sistema linfatico della pianta.
Fattori di proliferazione e modalità di diffusione
Il marciume del colletto è una malattia che inizialmente nel nostro paese si è prevalentemente diffusa in coltura protetta, ossia in serra. Tuttavia, negli anni, anche le coltivazioni in campo aperto sono state interessate.
Il problema maggiore è che una volta che il fungo è arrivato sul terreno è molto difficile debellarlo.
Tra i fattori che favoriscono la proliferazione, abbiamo condizioni di stress idrico e nutrizionale, sbalzi di temperatura con valori relativamente bassi, sui 15-18 °C. E’ nei mesi primaverili che il fungo tipicamente arriva nel terreno. Può essere, infatti, facilmente trasportato dal vento, oppure dall’acqua d’irrigazione, entrambi elementi che veicolano i conidi del fungo.
Un altro modo in cui il fungo può giungere nel nostro orto è l’utilizzo di materiale florovivaistico infetto, ossia il terriccio, i vasi, i contenitori in polistirolo alveolare. Materiale magari riciclato da chi produce le piantine.
Una volta arrivato, il fungo si può ulteriormente diffondere attraverso mezzi meccanici. Ad esempio, la motozappa che utilizziamo per lavorare la terra può portare l’agente patogeno da una parte all’altra del terreno. Addirittura possiamo essere noi stessi a diffondere il fungo, una fonte di contagio classica è infatti quella di utilizzare stesse forbici o guanti per manipolare piante infette e sane. O, peggio ancora, se in una stagione abbiamo avuto la presenza del fungo, lasciare sul campo i residui infetti della coltivazione (foglie, radici, fusti, ecc) è fonte di sicura propagazione.
Attività di prevenzione e contenimento dei danni
Per combattere la presenza e la diffusione del marciume del colletto è indispensabile attuare una serie di buone pratiche agronomiche.
Se ci accorgiamo che una delle nostre piante è stata colpita dall’infezione, è inutile aspettare che si dissecchi completamente. Occorre bagnare il terreno e rimuoverla, asportando tutte le radici. La pianta deve essere chiusa in un sacchetto di plastica ed eliminata nel ciclo dei rifiuti indifferenziati. Oppure (se ciò può avvenire senza rischi) dev’essere bruciata.
Stesso discorso vale per i frutti, tra l’altro immangiabili, che vanno eliminati dal campo.
Quest’aspetto è fondamentale se non vogliamo il ripetersi della malattia nelle stagioni successive.
Sempre in maniera preventiva, molta cura va prestata all’igiene e manutenzione dell’impianto d’irrigazione. Ad ogni fine ciclo, prima di passare alla semina di un nuovo orto, si deve assolutamente svuotare l’impianto, eliminare tutti i residui, disinfettare con calce spenta (che potete tranquillamente trovare qui) e ripulire. Se questa attenzione viene meno, il rischio sarà ovviamente quello di diffondere anche nell’orto successivo ulteriori spore del patogeno.
Ovviamente, se il nostro terreno è stato colpito dal fungo occorre rigenerarlo, dapprima effettuando una lavorazione profonda del terreno, utilizzando possibilmente un aratro che rivolti le zolle del terreno ed esponga il fungo agli agenti atmosferici. Operazione, questa, da eseguire a cavallo delle prime gelate invernali. Successivamente è bene effettuare un’abbondante concimazione attraverso la somministrazione di letame, seguendo il dosaggio massimo di 100 quintali ogni 1000 mq.
Ulteriore accorgimento, soprattutto se sospettiamo che la diffusione dell’agente patogeno provenga dal materiale vivaistico, è quella di cambiare fornitore, o quantomeno accertarsi delle regole d’igiene seguite da chi produce e vende le giovani piantine.
Conclusioni
Quelle appena elencate sono attività di prevenzione, o quantomeno riparatrici di un danno già verificatosi, che non vogliamo si ripeta nelle stagioni successive. Per salvare la coltura colpita da marciume del colletto sono pochi i rimedi. Le uniche cose che possiamo effettivamente fare sono tre. Evitare assolutamente gli stress idrici e quindi regolarizzare al massimo l’irrigazione. Rincalzare le piante per favorire l’emissione di nuove radici laterali. E, come più volte sottolineato, eliminare immediatamente le piante colpite dalla malattia. Dunque, com’è facile capire, diventa fondamentale prestare molte cure, tempo e attenzioni al nostro orto biologico.