Il lino è una pianta appartenente alla famiglia delle Linaceae, genere Linum, a cui afferiscono circa 200 specie differenti, tra cui il Linum usitatissimum. Questa è la specie tipo di lino coltivata a scopi industriali. Inoltre, è tra le prime piante in assoluto domesticate dall’uomo, per quanto riguarda la produzione di fibra, ma viene coltivata anche per altri svariati usi, ad esempio alimentari, medicinali ed erboristici.
In quest’articolo diamo un’occhiata alla storia del lino, approfondiamo le sue caratteristiche botaniche, capiamo le tecniche di coltivazione e tutti gli usi possibili dei sottoprodotti della coltura.
Storia e origine del lino
Le varietà di Linum usitatissimum oggi coltivate sono distinte in quelle da fibra e da seme, le quali avrebbero due centri d’origine diversi. Le varietà da fibra sono originarie del bacino del Mediterraneo (Spagna, Grecia, Algeria, Egitto), mentre quelle da seme dell’area compresa tra India, Afghanistan e Turkestan.
La coltivazione del lino è antichissima, come dimostrano i resti di semi ritrovati in antiche palafitte svizzere risalenti all’età della pietra e costituiti da frammenti di piante e da attrezzi per la loro lavorazione. In Egitto, invece, i reperti più antichi sono stati rinvenuti in una tomba risalente al 3300 a.C. e sono costituiti da capsule e resti di fibre. Nel Medioevo il lino era ampiamente coltivato in tutta Europa e solo nel 1700 ebbe inizio il suo declino, dovuto dapprima alla maggiore coltivazione di altre piante da fibra e poi, in epoca più moderna, all’avvento delle fibre sintetiche.
Il lino oggi
Oggi i maggiori produttori mondiali di lino sono il Canada, la Russia, l’India e la Cina, seguiti da paesi europei quali Romania, Polonia, Francia, Olanda e Belgio.
In Italia la coltivazione del lino è marginale, ma da rivalutare per la facilità della coltivazione e i diversi sbocchi economici che offre.
La pianta di lino
Il lino è una pianta erbacea annuale, con radice fittonante, esile e poco ramificata. Il fusto, alto 40-110 cm, è sottile, eretto, ramificato nelle varietà da seme, meno in quelle da fibra. Le foglie sono sessili, intere, allungate, glabre, alterne, raramente opposte. I fiori, solitari o riuniti in corimbi, sono formati da 5 sepali, 5 petali di color azzurro, bianco o violaceo, 5 stami saldati alla base e da un ovario pentaloculare con 5 stili saldati alla base. Sono prettamente a fecondazione autogama. Il frutto è una capsula pentarcapellare con carpelli biloculari. Ogni loggia contiene un seme, oviforme, lunato, oleaginoso, di colore giallo-bruno o verdastro.
Differenze tra lino da fibra e da lino da seme
La specie Linum usitatissimum include numerose forme e i tipi coltivati sono distinti in due grandi gruppi.
Il primo gruppo comprendente le forme a taglia alta, stelo elastico, fibre lunghe e duttili, infiorescenze ridotte, fiori piccoli (in genere azzurri o bianchi), capsule maliformi, semi piccoli (di norma bruni), costituito da varietà di lino coltivate per la produzione del tiglio (fibra).
Il secondo gruppo comprende piante a taglia ridotta, portamento rigido, steli robusti, brevi, ramificati alla base, con fibre corte e grossolane, infiorescenze molto sviluppate (fiori azzurri o violacei), capsule grosse, piriformi e con semi di grosse dimensioni, costituito da varietà coltivate per la produzione di semi e olio (detto anche linosa o linseme).
La coltivazione del lino
La coltura del lino è fortemente influenzata dal clima. Gli ecotipi nordici, cioè delle aree temperato-umide, sono coltivati per la produzione di fibra. Mentre quelli dei climi caldi sono destinati alla produzione di seme.
La pianta di lino ha modeste esigenze termiche, la temperatura ottimale durante il ciclo biologico oscilla tra 8 e 22 °C, con zero vitale, per alcune varietà a 3 °C. Eventuali ritorni di freddo rallentano lo sviluppo dello stelo e ne favoriscono la ramificazione. Le piogge violente e prolungate favoriscono l’allettamento, mentre una prolungata siccità influisce negativamente sulla resa e la qualità della fibra.
Terreno
Il lino predilige terreni profondi, freschi, fertili, piuttosto leggeri, con una buona dotazione di sostanza organica e pH neutro. Sono sconsigliati i terreni troppo ricchi di humus, in quanto favoriscono l’allettamento per l’abbondanza di azoto.
Le concimazioni di fondo da fare saranno quindi leggere.
Rotazioni colturali
Normalmente il lino da fibra apre la rotazione colturale succedendo ad un cereale vernino, mentre il lino da seme segue una coltura da rinnovo. Il lino non segue mai se stesso e non va mai seminato in terreni sottoposti a trattamenti erbicidi, in quanto molto sensibile ai pesticidi.
Preparazione del terreno
Il lino viene coltivato partendo dal seme. La preparazione del letto di semina deve essere accurata e portare alla formazione di un terreno molto fine. Di solito un’aratura profonda 35-40 cm in autunno (terreni più compatti) o poco prima della semina (terreni sciolti). Alla lavorazione profonda fanno seguito 1-2 passaggi di affinamento. È questo il momento per la falsa semina, una tecnica agronomica fondamentale per il lino che soffre la concorrenza delle erbe infestanti nelle prime fasi del suo sviluppo.
Semina
Il ciclo biologico del lino dura in media da 90 a 100 giorni nei tipi a semina primaverile, da 180 a 200 giorni e più, in quelli a semina autunnale.
La semina avviene, per i tipi primaverili, a partire dalla metà di febbraio (centro-sud) e fino ad aprile (nord). Mentre per le varietà autunnali da ottobre fino a dicembre.
Per la semina su grandi estensioni si usano le seminatrici da frumento, la semina in piccoli appezzamenti si fa a spaglio.
Per la produzione di fibra, si semina a file semplici, distanti 10-17 cm, impiegando 140-180 kg/ha di seme, ottenendo così un’intensità di semina di circa 2000 piante a mq. Il lino da seme, invece, si semina più rado, in modo da favorire la ramificazione della pianta. A tale scopo si semina a file distanti 8-10 cm ricorrendo a soli 80-90 kg/ha di seme per ottenere un investimento di 500-700 piante per mq.
Irrigazione
In annate normali il lino coltivato nelle regioni settentrionali non necessita d’interventi irrigui. Al centro-sud di norma si effettuano 2-3 irrigazioni, da eseguirsi prima della fioritura, a distanza di un paio di settimane l’una dall’altra. Un’ulteriore irrigazione può essere fatta prima della raccolta per favorire l’estirpazione delle piante.
Questo di norma. Con i cambiamenti climatici in atto e l’estrema siccità che si sta verificando negli ultimi anni, anche nelle coltivazioni del nord ci potrebbe essere bisogno di irrigazioni d’emergenza, specie per le semine tardo-primaverili.
Malattie
I campi di lino possono essere attaccati da patogeni che causano malattie fungine.
Le più comuni sono:
- la ruggine (Melampsora lini) che si manifesta sulla parte aerea del fusto all’inizio della fioritura. I seguito intacca la fibra determinandone un deprezzamento;
- il brusone o svettamento (Fusiclaudium lini e Asterocystis lini) che si manifesta sulle piante quando hanno raggiunto un’altezza di 6-7 cm. La diffusione della malattia è favorita dall’umidità e da una reazione alcalina del terreno;
- l’antracnosi (Colletotrichum lini) che si può sviluppare a livello del colletto delle piante in una stagione molto umida.
La lotta contro queste malattie è di tipo agronomico e preventivo, in primis rispettando adeguate rotazioni colturali. È consigliata anche un’idonea sistemazione del terreno, con adeguati scoli per evitare il ristagno idrico. Infine, in caso di attacco, si deve procedere alla bruciatura della piante infette.
Per la prevenzione delle malattie fungine, un’ottima opportunità è offerta dalle micorrize, che creano una simbiosi naturale con le radici, proteggendolo dagli attacchi di funghi dannosi.
Parassiti
Tra i parassiti che possono attaccare il lino segnaliamo:
- altiche (Aphthona euphorbiae e Longitarsus parvulus);
- tripidi (Thrips lini e Thrips linarius);
- lepidotteri (Conchilis epilinana, Lycophotia saucia, Phytometra gamma,Vanessa cardui)
Raccolta
La raccolta del lino si effettua a partire dalla fine di maggio, per le semine anticipate nelle regioni del Sud, e dai primi di luglio al Nord.
Il lino da fibra lo si raccoglie quando la pianta inizia a perdere le foglie basali dello stelo e quando il colore dello stelo stesso vira dal verde intenso al paglierino. Per la raccolta si utilizzano estirpatrici meccaniche
Per quanto riguarda il lino da seme, questo viene invece raccolto quando le capsule sono imbrunite, a prescindere dalla colorazione dello stelo. La raccolta viene praticata con le normali mietitrebbiatrici.
Raccolta del lino nelle piccole coltivazioni
In una piccolo appezzamento di lino coltivato per il seme la raccolta si può eseguire manualmente, falciando le piante e riunendole in mazzi. Questi si fanno seccare all’aria e si battono per separarne i semi.
I semi si lasciano asciugare per bene all’ombra e poi si conservano in vasi di vetro.
La fibra di lino
La fibra commerciale che si ottiene dal lino deriva dalle fibre liberiane pericicliche della corteccia, riunite in cordoni che raggiungono la lunghezza di 30-90 cm. Per ottenere la fibra la paglia grezza viene sottoposta ad un processo di lavorazione comprendente le seguenti fasi: macerazione, essiccamento, gramolatura e strigliatura. Come sottoprodotti della lavorazione della fibra si ottengono la filaccia e la stoppa.
Il tessuto che si ottiene dalle piante di lino è molto pregiato, in quanto morbido, flessibile e resistente. È superiore al cotone, ma ha costi di produzione più alti e ciò spiega l’abbandono e la marginalità della coltura rispetto a quest’ultimo.
L’olio di lino
Il seme di lino contiene percentuali altissime di olio, dal 35 al 45%. L’olio a sua volta è ricco di acidi grassi a catena lunga (Omega 3-6-9), molto interessanti per l’alimentazione umana.
L’olio di lino è inoltre impiegato dall’industria cosmetica come ingrediente base di gel per capelli e saponi.
La destinazione principale dell’olio è tuttavia quella industriale, per la fabbricazione di colori, vernici, inchiostro da stampa, linoleum, emulsioni. Questo grazie al fatto che a contatto con l’aria, in seguito all’assorbimento dell’ossigeno, l’olio di lino indurisce ed essicca rapidamente.
Dall’estrazione dell’olio residua un panello che presenta un contenuto proteico intorno al 40% e viene destinato all’alimentazione zootecnica. Anche le capsule residuate possono essere impiegate in mangimistica.
I semi di lino in cucina
Molto in voga è l’impiego dei semi di lino nell’alimentazione naturale e vegetariana.
I semi sono ricchi di: mucillagini, grassi, proteine, enzimi, carboidrati.
Vengono di solito consumati tal quali, in purezza, ma anche secchi o in farine. Spesso si ammollano in acqua e si consumano non appena germogliano. I semi bagnati diventano leggermente viscidi, ma ciò ne intacca le proprietà nutritive.
Se volete provare i semi di lino li trovate nei negozi specializzati.
Semi di lino in erboristeria
Ai semi di lino vengono attribuite proprietà emollienti, antiinfiammatorie, risolventi. In erboristeria i semi vengono impiegati come trattamento per molte affezioni. Ricchi di mucillagini, i decotti sono utili nei disturbi dell’apparato digerente, respiratorio e urinario. Le stesse mucillagini dei semi interi, rigonfiando nell’intestino, ne stimolano il funzionamento regolandolo in maniera sicura ed efficace.
Uso esterno
Per uso esterno, i decotti di semi di lino sono altresì utili contro le dermatosi, i pruriti della pelle, le scottature (comprese quelle solari), gli arrossamenti della gola.
Altro impiego dei semi di lino è quello per cataplasmi risolventi ed emollienti nelle tossi catarrali, che danno sollievo e facilitano l’espettorazione.
Il decotto di semi di lino si prepara con 2 g in 100 ml d’acqua, da assumere in bicchierini lontano dai pasti.
Il cataplasma invece si realizza con 60 g di farina fatti cuocere per qualche minuto in 250 ml d’acqua fino ad ottenere una poltiglia densa. Questa si applica caldo sul petto a più riprese, interponendo un telo e coprendo con un panno per conservare il calore.