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La ginestra è una pianta tipica della nostra macchia mediterranea, con un’antica tradizione popolare. E’, infatti, impiegata fin dall’antichità come pianta da fibra.
Popoli antichi, quali Fenici, Cartaginesi, Greci e Romani, la usavano per la produzione di stuoie, corde e manufatti vari.
Il termine “ginestra” deriva dal greco spartos=corda, a conferma dell’impiego della fibra per la realizzazione artigianale di tessuti grossolani.
In tempi più recenti, il momento di maggiore attenzione verso la ginestra risale alla seconda guerra mondiale, epoca in cui vi era scarsa disponibilità di piante da fibra alternative.
Conosciamo dunque meglio questa pianta e la sua caratteristiche. E facciamo poi un salto nel passato per capire come veniva usata dai nostri antenati contadini.
Identificazione della pianta di ginestra
La ginestra appartiene alla grande famiglia botanica delle Leguminosae. A questa famiglia appartengono piante come fagiolini, fave, piselli, lenticchie, ceci, arachidi ecc. A differenza di quest’ultime, però, i frutti della ginestra non sono commestibili, anzi, tutte le parti della pianta sono tossiche per l’uomo se ingerite.
Caratteristica che accomuna invece tutte le leguminose, indicate anche come Papilionaceae (dal latino papilionis=farfalla), è quella di avere un fiore che ricorda nella loro struttura una farfalla ad ali spiegate.
Esistono diverse specie differenti di ginestra, nel nostro Paese se ne contano circa 20 allo stato spontaneo.
Le più note e interessanti dal punto di vista botanico sono:
- Ginestra di Spagna o odorosa, Spartium junceum
- Ginestra scoparia o dei carbonai, Cytisus scoparium
Queste due specie sono molto simili e possono entrambe essere usate per ottenere fibre tessili-tecniche. Tuttavia, lo Spartium junceum è la varietà più usata, poiché molto resistente e capace di fornire fibre di migliore qualità.
Caratteristiche botaniche della ginestra
La ginestra odorosa è una pianta con portamento arbustivo-cespuglioso, con altezze variabili dai 70 cm ai 3 m.
Le altezze si raggiungono nel portamento ad alberello, con forma tondeggiante.
Nelle regioni meridionali dove è più diffusa, ossia Basilicata, Calabria e Isole, le ginestre possono assumere uno sviluppo gigantesco, arborescente.
Il fusto ha consistenza legnosa, forma cilindrica, con molte ramificazioni. E’ molto contorto, di colore marrone chiaro, con presenza di evidenti fenditure longitudinali di colorazione più scura.
Le ramificazioni nel primo anno di formazione sono chiamate “vermene”, e da queste si estrazione la fibra. Sono giunchiformi, verde intense, comprimibili ma molto tenaci. La loro sezione è tondeggiante, inoltre sono ascendenti e sparse sul fusto.
Le ramificazioni più vecchie non sono adatte per la produzione di fibra. Questo perché, col passare degli anni, modificano colore (passando dal verde intenso al giallo marrone) e struttura (diventando legnose).
Foglie, fiori e frutti della ginestra
Le foglie della ginestra sono di tipo semplice e caduche, distanziate tra loro e rade. La superficie è glabra, di verde intenso sulla pagina superiore e dotate di tricomi in quella inferiore. La forma è obovato-oblunga, margine intero e lineare.
I fiori di ginestra invece sono di tipo ermafrodita, riuniti in racemi ascellari posti alle estremità delle vermene. Sono di grandi dimensioni, con corolla dal tipico colore giallo-dorato.
L’impollinazione è entomofila, ossia operata dalle api e gli altri insetti impollinatori. La ginestra infatti è una pianta mellifera e con cui si può produrre un ottimo miele monoflorale.
Il frutto è un piccolo legume, di forma appiattita e allungata, di colore nero o marrone scuro. Ogni legume produce dai 10 ai 18 semi di forma ovale e colore marrone-rossiccio.
L’attività vegetativa ha inizio con il germogliamento in marzo. Segue un accrescimento intenso tra i mesi di aprile e giugno. Nelle zone più fredde, la ripresa vegetativa slitta di circa un mese.
La fioritura, come tutti possono ammirare, si verifica in maggio-luglio, mentre la maturazione dei semi avviene a fine estate.
Habitat ed esigenze ambientali

Ginestreto tra le rocce
La pianta di ginestra è tipica della macchia mediterranea, specie delle zone temperato-calde.
Nelle regioni come Calabria e Sicilia, la ginestra odorosa si può spingere fino ad altitudini elevate.
Sopporta i forti venti, ma in presenza di questi la crescita rallenta e la pianta diventa più compatta. Cresce bene lungo le coste e sopporta anche il vento salmastro.
I ginestreti spontanei possono essere molto estesi e folti, e sono diffusi in particolare nell’Appennino centro-meridionale.
Si tratta di una pianta che, dopo aver colonizzato e migliorato i terreni nudi o degradati, lascia spazio ad altre specie, che altrimenti da sole non riuscirebbero a svilupparsi. Ha quindi un’importante funzione in ambito forestale.
Cresce bene in diversi tipi di terreno, anche i più difficili.
Si incontra in quelli provenienti da rocce eruttive, in quelli acidi o calcarei, nelle arenarie e nelle silicee.
La coltivazione della ginestra
Vista la sua grande rusticità, è molto facile coltivare la ginestra sul proprio campo. E’ una pianta che può trovare spazio nei terreni scoscesi, per consolidarli. Può anche tornare utile nei bordi del campo, per attirare gli insetti impollinatori, o in un giardino, per fini ornamentali.
Non ha particolari esigenze idriche e non necessita di nessuna cura.
Il modo migliore per riprodurre la ginestra è per seme. Questo va raccolto sul finire dell’estate, quando non è troppo maturo e duro.
I semi possono essere messi a dimora in autunno, scavando delle piccole postarelle. Hanno un’ottima capacità germinativa e attecchimento iniziale. L’accrescimento della pianta inizierà nella primavera successiva.
Storia dell’uso della ginestra
Vediamo ora come veniva usata la ginestra nella tradizione artigianale delle nostre regioni Meridionali.
I Paesi mediterranei dove è più radicata la tradizione della ginestra sono: Albania, Grecia, sud della Spagna e Italia.
Nel nostro Paese, oggi, l’importanza di questa pianta per uso tessile è limitata a piccole realtà rurali. In particolare parliamo di località della Basilicata, come San Paolo Albanese, San Costantino Albanese e Ginestra; e della Calabria, come Vaccarizzo Albanese e Falconara Albanese.
Tutti questi paesi sono di origine albanese e fanno parte delle comunità Arbëreshë presenti in Italia.
Quando questi popoli si insediarono in Italia, sapevano già lavorare filati grezzi come quelli derivanti dalla ginestra. Questa pianta cresceva spontanea anche nella loro terra d’origine. Secondo una testimonianza storica, i soldati del condottiero albanese Castriota Scanderberg, nella guerra contro i Turchi, portavano i fucili sistemati in bandoliere tessute con fibra di ginestra.
La lavorazione della ginestra nelle comunità Arbëreshë
E’ molto interessante capire come avveniva la lavorazione della ginestra nella comunità Arbëreshë. Le operazioni avevano inizio in marzo, con la potatura della pianta finalizzata ad ottenere nuovi getti teneri. Questa era l’unica fase del lavoro affidata agli uomini.
La raccolta, la bollitura e lo sfilacciamento
La raccolta vera e propria veniva effettuata in agosto, con l’uso della falce.
I fasci di ginestra venivano trasportati in paese a spalle o sul dorso di un asino, dove, raccolti in mazzetti, venivano messi a bollire in un’apposita pentola, chiamata kusia.
I fascetti dovevano essere rivoltati più volte, in quanto una bollitura prolungata determinava non pochi inconvenienti.
Finita la bollitura (ziemi sparten), si lasciavano raffreddare, prima di iniziare a sfilacciarli.
La ginestra sfilacciata si raccoglieva in ulteriori mazzetti (strumbilje) che, in numero di 5, venivano infilati in rametti della stessa pianta e trasferiti presso dei corsi d’acqua. Qui venivano immersi dagli otto ai dieci giorni.
L’immersione consentiva di completare il processo di maturazione.
In seguito, i mazzetti venivano esposti al sole. Questo, oltre a permettere l’imbiancamento delle fibre, creava una filaccia grezza, che veniva battuta con un apposito bastone di legno (kupani).
La pettinatura e la filatura
La battitura dava alla fibra un aspetto e una consistenza più morbida e la preparava alla pettinatura (krekurit). Questa avveniva con pettini rudimentali e serviva per ripulire la fibra da eventuali residui legnosi, rendendola pronta per la filatura.
Quest’ultima operazione si eseguiva ponendo una certa quantità di fibra su di una rocca,
dalla quale si filava un capo con la mano destra e con la mano sinistra allungato.
Il filo e la fibra
Il filo, allungato e assottigliato, veniva fissato al fuso. Lo si faceva prillare con la mano destra, mentre la sinistra continuava a fornire la fibra necessaria per l’operazione. Il filo così ottenuto veniva raccolto in matasse, candeggiato in acqua e cenere e, in alcuni casi, tinteggiato.
Quello a cromatismo naturale era destinato alla tessitura di lenzuola, asciugamani, tovaglie e indumenti intimi.
La fibra così ottenuta veniva usata per confezionare vestiti, coperte e bisacce. Poteva essere colorata con sostanze vegetali, aventi differenti metodi di estrazione e quindi di applicazione. Gli stessi fiori di ginestra erano usati per tingere di giallo. Per il colore marrone, invece, si usava il decotto con il mallo di noce. Il rosso, infine, era estratto dalle radici della robbia.
La lavorazione della ginestra, dunque, rappresentava una vero e proprio comparto di artigianato tessile. Per fortuna, in alcune località queste antiche tradizioni si sono tuttora mantenute.
Se siete interessati ad avere la ginestra in giardino o in casa, semi o piantine potete trovarli qui.