Indice dei contenuti
L’olmo campestre (Ulmus minor) è un albero della famiglia botanica delle Ulmaceae. In natura esistono diverse specie di olmo, quella più diffusa in Italia è l’Ulmus minor, ma sono anche presenti U. glabra (olmo montano), U. canescens e U. laevis (olmo bianco).
L’olmo è un albero da sempre apprezzato per la durezza del suo legno, molto resistente all’acqua e usato in falegnameria in svariati modi. È una pianta che aveva un’importante ruolo nel nostro patrimonio forestale, ma che nel corso dello scorso secolo è stata decimata da una grave malattia fungina.
In quest’articolo scopriamo le caratteristiche botaniche e gli usi dell’olmo, il quale, tra le altre cose, ha frutti commestibili.
L’olmo
L’olmo campestre è un albero deciduo di grande longevità (vive infatti fino a 600 anni). Raggiunge i 25-30 m di altezza e sviluppa un tronco poderoso, fino a 2 m di diametro.
Il fusto principale è dritto e slanciato e si sviluppa in ampie ramificazioni lunghe fino a 10 m.
La corteccia, negli esemplari giovani è grigia e liscia, con lenticelle orizzontali. Con l’età però s’ispessisce e si fessura longitudinalmente, virando al bruno-nerastro.
Il sistema radicale è formato da un fittone perpendicolare e numerose radici laterali di grandi dimensioni a loro volta ramificate, così da ancorare il maestoso albero al terreno.
Foglie
Le foglie dell’olmo sono di tipo semplice, alterne sui rami, con lamina ovata o subellittica, margine profondamente dentato. A seconda dell’esposizione alla luce, hanno dimensioni diverse anche sulla stessa pianta o, addirittura, sullo stesso ramo.
Il colore è verde scuro nella pagina superiore, la quale ha una superficie più o meno ruvida e lucida. La pagina inferiore è invece più opaca e grigiastra, con sparsi ciuffi di peli alle biforcazioni delle nervature.
Gemme e fiori
L’albero di olmo campestre è dotato di gemme e legno (vegetative) e a fiore (riproduttive). Quelle a legno sono piccole, di forma ovale e quasi nerastre, ricoperte da fitti strati di perule, con una lunga dormienza. Quelle a fiore sono di forma globosa e hanno il difetto di essere piuttosto precoci, perciò soggette ai danni del gelo tardivo.
La fioritura avviene tra febbraio e marzo, con fiori disposti in glomeruli ascellari, di colore rosso porpora, specie le antere.
La samara dell’olmo
Il frutto dell’olmo prende il nome di derivazione latina sàmara. Si tratta di un frutto che a piena maturità è secco, indeiscente, e con il pericarpo che forma una particolare struttura alata che sfrutta il vento per la dispersione del seme al suo interno.
La maturazione avviene tra aprile e maggio, ma se si vogliono usare i frutti bisogna raccoglierli a marzo, quando le ali sono ancora verdine e tenere.
La formazione delle samare e la loro piena maturazione precede la formazione delle foglie.
L’arrivo della primavera consente al sottile tessuto di asciugarsi, imbrunirsi e di assumere la consistenza di un leggero velo di seta. Quando le samare dell’olmo si aprono e lasciano cadere i semi, l’albero si trova spoglio per la seconda volta, come se fosse pieno inverno. Da lì a poco, però, arriveranno le nuove foglie.
L’Habitat dell’olmo campestre
L’olmo campestre in Italia è presente in tutte le regioni, prediligendo quote di collina tra i 400 e i 600 m. Più raramente lo troviamo sopra i 1000 m, dove si adatta meglio l’olmo di montagna.
In passato, era una delle specie arboree che facevano parte del bosco climatico padano. Cresce in boschi, siepi, aree ripariali, e viene spesso coltivato nei giardini e lungo i viali.
Gradisce i terreni sciolti, piuttosto profondi e freschi, tuttavia si adatta a crescere anche sui suoli argillosi.
La malattia dell’olmo
Alla fine degli anni ’20 del secolo scorso fa la sua comparsa in Italia una grave malattia dell’olmo, la tracheomicosi, causata dall’agente patogeno fungino Graphium ulmi (forma asessuata) o Ophiostoma ulmi (forma sessuata).
Negli ultimi decenni, l’estrema virulenza della malattia ha decimato gli olmi italiani, in particolare l’olmo campestre. Sulle piante colpite dalla grafiosi si notano improvvisi disseccamenti estesi a settori più o meno ampi della chioma. L’esito della malattia è generalmente infausto, con morte della pianta in tempi più o meno lunghi, a seconda del grado d’infestazione. Il fungo, in pratica, blocca la circolazione linfatica dell’albero.
La diffusione della malattia è favorita dalla presenza di insetti dell’ordine dei Coleotteri, famiglia degli Scolitidi, come Scolytus multistriatus e S. sulcifrons.
Questi insetti scavano gallerie nel legno e trasmettono la malattia dai soggetti malati a quelli sani.
La lotta alla grafiosi dell’olmo
La lotta contro la grafiosi dell’olmo è di tipo preventivo e prevede l’immediata eradicazione e distruzione degli esemplari colpiti. È buona norma curare le piante e il loro stato vegetativo, per evitare l’attacco degli scolitidi che diffondono la malattia. In caso di piantumazione di nuovi esemplari, è possibile scegliere cloni resistenti, in grado di contenere la malattia. Questi, però, appartengono a specie non autoctone, ma che derivano da incroci con olmi resistenti, ovvero: olmo di Wilson (U. wilsoniana), olmo cinese (U. parvifolia) e olmo siberiano (U. pumila).
L’olmo nell’antichità
Anticamente, l’olmo aveva una grandissima diffusione e non solo per il suo pregiato legno. Ad esempio, in regioni quali Emilia-Romagna, Toscana e Marche, era usato nei vigneti come tutore vivo della pianta di vite (le cosiddette maritate). L’albero veniva ripetutamente capitozzato ed era una pianta tipica del paesaggio agrario. Le continue operazioni di potatura e sfogliatura, atte a contenere la chioma, hanno però contribuito al diffondersi della malattia dell’olmo, in quanto consentivano al patogeno di entrare tranquillamente dalle ferite, infettandone i tessuti.
Il legno dell’olmo
A causa della malattia che ne ha ridotto drasticamente il numero degli esemplari, attualmente l’olmo campestre viene coltivato a scopi ornamentali (anche in bonsai). In passato veniva allevato ad alto fusto (raramente a ceduo) con turni di taglio di 15-20 anni. Questa pratica, però, oggi è sempre più rara.
Ad ogni modo, è sempre stata la qualità del legno il vero segreto di quest’albero. Il suo alburno è piuttosto stretto (roseo-biancastro) e il durame è bruno intenso (porpora o rosso-violaceo), venato, con anelli visibili, sezioni radiali lucenti, molto duro, pesante, compatto, forte, resistente, di fenditura difficile. Propri per queste ragioni è destinato a diversi usi.
Usi
La corteccia e i giovani rami, molto elastici e tenaci, si usavano un tempo come legacci per gli innesti e per fabbricare stuoie, sporte ecc.
La corteccia è inoltre molto tannica, con proprietà tintorie.
Giacché di lunga durata se costantemente impregnato di acqua, veniva usato per fare barche, ponti, palafitte, pavimentazioni, tavolati, banchi, gradini, bare e carpenteria grossolana. Può resistere a notevoli sforzi, quindi trovava altresì uso per argani, pulegge, archi, armature di miniere e di pozzi, cantieri navali.
Il legno dell’olmo è altresì ottimo per lavori d’intaglio e al tornio. Molto ricercate erano le sue belle ràdiche, per la costruzione di calci di fucile e utensili da cucina.
Uso dei frutti in cucina
Le samare dell’olmo sono un ottimo foraggio per gli animali, ma sono commestibili anche per l’uomo. Come detto, si raccolgono ancora immature e verdi, in quanto tenere e gradevoli al palato. Si usano mescolate con le insalate, nelle prime misticanze primaverili, oppure nelle frittate. Molto buone sono anche ripassate in padella, come condimento per i primi piatti.
2 commenti
Buongiorno, volevo sottoporvi un quesito: sui rami dell’olmo, e non solo, si sta formando uno strato di muffa gialla che col tempo diventa grigia e fa seccare il ramo. Sono molto preoccupata perchè sta colpendo anche le piante da frutta. Si deve e si può fare qualcosa? Grazie per i consigli che saranno graditi. Cordiali saluti.
Ciao Maria, servirebbe una foto per capire esattamente il problema. Inviala pure sul nostro gruppo Facebook, la comunità sarà lieta di aiutarti.