La legge Italiana che stabilisce le norme per l’utilizzo dei prodotti fitosanitari, meglio conosciuti come fitofarmaci o agrofarmaci, fa riferimento al decreto legislativo 150/2012. Questo decreto prevede che chiunque debba acquistare e/o utilizzare prodotti fitosanitari e loro coadiuvanti deve essere munito di apposito certificato di abilitazione, ossia il cosiddetto patentino.
La ratio di questa previsione legislativa è rimasta pressoché lettera morta fino al 26 novembre 2015, a partire da questa data, infatti, non è più possibile utilizzare in alcun modo fitofarmaci senza certificato di abilitazione, a prescindere dalla classificazione tossicologica del prodotto fitosanitario (classificazione che potete leggere qui).
Il concetto di “utilizzo” comprende: acquisto, trasporto, conservazione, manipolazione del prodotto concentrato, irrorazione del prodotto diluito, smaltimento di residui di prodotto (concentrato o diluito), smaltimento di contenitori vuoti.
In particolare l’art. 24 del decreto legislativo 150/2012 prevede testualmente: “Salvo che il fatto che il caso non costituisca reato, chiunque acquista, utilizza, vende o detiene fitofarmaci, presti consulenze sui prodotti fitosanitari e dei coadiuvanti senza essere in possesso del certificato di abilitazione di cui agli articoli 8 e 9, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 5.000 euro e 20.000 euro”.
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Il patentino
Il certificato d’abilitazione (ovvero il patentino per gli agrofarmaci) ha una validità di 5 anni e deve considerarsi a tutti gli effetti come un documento personale, non è cedibile a terzi, e viene rilasciato dal servizio fitosanitario regionale, dopo aver seguito corsi di formazione o aggiornamento ed una prova d’esame.
Ora, senza entrare nello specifico delle definizioni varie dei prodotti fitosanitari, osserviamo come questa normativa ci faccia fare notevoli passi in avanti nell’obiettivo, sancito dall’articolo 32 della Costituzione, della tutela della salute pubblica, minacciata in questi anni dall’uso indiscriminato in agricoltura (anche da parte di piccoli contadini) dei fitofarmaci, che, qualsiasi sia il punto di vista con cui si guardi la cosa, sono pur sempre da considerarsi veleni tossici.
Prodotti fitosanitari: abbandonare i fitofarmaci è un’opportunità per l’agricoltura biologica
La normativa, a nostro avviso, apre spazi alla diffusione dell’agricoltura biologica (qui potete approfondire), per una serie di ragioni.
Innanzitutto, per i piccoli produttori agricoli (o comunque per chi coltiva l’orto da sé) viene scoraggiato l’uso di fitofarmaci. Se, infatti, un contadino, si recherà dal suo rivenditore di fiducia, per comprare un fitofarmaco contro gli afidi sarà costretto o a prendere il patentino (e quindi a capire bene quello che fa), o a ragionare sulle alternative biologiche (una contro gli afidi potete leggerla qui).
I risultati saranno inevitabilmente due: una migliore salvaguardia della salute (sia del contadino che di coloro che consumano i suoi prodotti). E un notevole risparmio economico. Questo perché le pratiche bio sono più economiche di quelle dell’agricoltura tradizionale, soprattutto se consideriamo un piccolo orto domestico (se volete realizzarne uno qui trovate tutte le informazioni che vi servono).
La tracciabilità dei prodotti
Altra considerazione che siamo portati a fare, è quella della maggiore tracciabilità dei prodotti fitosanitari. Il sistema prevede che oltre alla tenuta del registro dei trattamenti, l’agricoltore che utilizza fitofarmaci, debba tenere un registro di carico e scarico del prodotto stesso, nonché smaltire i contenitori vuoti non nella normale raccolta differenziata, ma in appositi siti di stoccaggio (in questo caso capiremo con il tempo quanto ci impiegheremo ad adeguarci alla normativa). Con questo sistema è facile risalire a chi può aver fatto un uso improprio del prodotto fitosanitario.
Cosa consigliamo
In molti sostengono che l’agricoltura biologica non può esistere nella realtà, perché l’ambiente che circonda l’orto è talmente infestato dall’utilizzo di pesticidi, che parlare di biologico è un’utopia. La realtà è che si deve valutare di caso in caso. Se ad esempio, su terreni adiacenti, ci sono sia agricoltori che fanno biologico, sia agricoltori che non lo fanno, se quello che utilizza fitofarmaci non segue tutte le prescrizioni relative “all’effetto deriva” del prodotto, o comunque non si comporta a norma di legge, può verificarsi una contaminazione nel terreno e nelle colture del contadino che fa, in buona fede, agricoltura biologica.
Si spera che l’attuazione della normativa, aumentando la tracciabilità dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari, argini questi problemi, soprattutto quelli relativi all’uso improprio.
Il consiglio che diamo ai piccoli agricoltori è di abbandonare l’utilizzo dei prodotti fitosanitari lasciandolo agli utilizzatori professionali e alle grandi aziende agricole che, purtroppo, a quanto pare, non sono capaci di farne a meno. Voi che coltivate piccoli appezzamenti (soprattutto se lo fate per il consumo domestico), fate in modo che sulle tavole arrivino prodotti ortofrutticoli sani e naturali, coltivati secondo i principi e le tecniche dell’agricoltura biologica, senza residui di pesticidi tossici.
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desidero sapere la distanza da tenere tra una abitazione e un frutteto per usare la botte azionata dal trattore per irrorare le piante