L’Erica carnea è una pianta appartenente alla famiglia delle Ericaceae. È conosciuta anche con i nomi di erica carnicina e scopina, mentre su alcuni testi di botanica è indicata con la nomenclatura di Erica herbacea. Si tratta di una pianta che cresce spontanea in tutte le regioni settentrionali del nostro paese, soprattutto in montagna, essendo tipica delle brughiere. Per la sua bellezza e rusticità viene coltivata in giardino come pianta ornamentale, con numerose varietà disponibili per gli appassionati. Inoltre, è usata in erboristeria per le sue proprietà benefiche.
In quest’articolo conosciamo quindi le caratteristiche botaniche dell’erica spontanea, le tecniche di coltivazione biologica, le sue proprietà e gli usi più comuni.
Descrizione dell’Erica carnea
L’Erica carnea è una pianta perenne suffruticosa, con solo la porzione basale dei fusti lignificata. I fusti sono più o meno sdraiati al suolo, con la porzione apicale che sviluppa rami fioriferi, con portamento ascendente. L’altezza della pianta è contenuta, in media 25-30 cm, ma l’ampiezza può essere notevole in quanto la pianta, radicante ai nodi del fusto quando questi toccano il suolo, ha la tendenza ad allargarsi e a “tappezzare” nuove porzioni di terreno.
L’Erica carnea ha quindi un portamento differente rispetto ad una sua stretta parente di cui vi abbiamo già parlato, ovvero l’erica arborea.
Foglie
Le foglie della scopina sono riunite in verticilli di 4, cioè 4 foglie sono inserite insieme su ogni nodo del fusto. Sono di forma strettamente lineare, lunghe fino ad 8 mm e terminate da una punta acuta. Il margine è fortemente revoluto, ovvero ripiegato verso il basso, tanto da nascondere la superficie inferiore.
Fiori
I fiori dell’Erica carnea sono molto particolari e contraddistinguono la pianta. Nascono riuniti in fascetti di 1-3 elementi all’ascella delle foglie superiori, formando dei racemi spesso unilaterali poiché tutti i fiori sono rivolti dallo stesso lato. I peduncoli sono corti e hanno nel mezzo tre piccole brattee. Il calice è diviso in 5 sepali lanceolati e acuminati. La corolla, lunga il doppio del calice, è di forma tubulare-cilindrica, talvolta dilatata nella parte inferiore, di colore roseo tendente al porporino. Le antere sono exerte, cioè sporgenti al di fuori del tubo della corolla.
La fioritura spontanea avviene tra febbraio e giugno e rappresenta un’importante risorsa nettarifera per api e altri insetti impollinatori.
Frutti
Il frutto dell’Erica carnea è una capsula che a maturità si apre in 4 parti contenenti numerosi semi allungati.
Dove cresce
L’Erica carnea cresce spontanea dalla regione submontana a quella alpina delle Alpi e dell’Appennino settentrionale, non scende più a sud della Toscana. Talvolta si rinviene nella pianura padana, alle pendici delle Prealpi. Il suo habitat preferito è il sottobosco, i pascoli e le strade alpine. Altrove è coltivata.
Varietà di Erica carnea
La pianta di Erica carnea che vi abbiamo descritto è la specie tipo, quella che cresce spontanea sulle montagne. Questa pianta alpina però è molto apprezzata da giardinieri, soprattutto nei paesi anglosassoni, dove, dalla specie tipo, sono state ottenute numerose varietà ibride.
Ecco perché ci sono molte varietà di Erica carnea disponibili (oltre 100), con fiori di colore che vanno dal bianco (“Isabel”, “Winter Snow”), al rosa (“Pink Spangles”, “Rosalie”), viola (“March Seedling”, “Loughrigg”) e rosso (“Myretoun Ruby’, “Nathalie”). Alcune molto particolari hanno il fogliame dorato (“Foxhollow”, “Bell’s Extra Special”) e anche fogliame giallo brillante (“Golden Starlet”).
L’allevamento in vivaio ha prodotto varietà con una spiga del fiore più eretta che rende il fiore più visibile e accresce il pregio ornamentale della pianta.
Come coltivare l’Erica carnea
Essendo una pianta di montagna l’ Erica carnea non ha problemi di resistenza al freddo, anzi. Le difficoltà per la pianta possono arrivare con il caldo, già con temperature superiori ai 27-28 °C. Quindi se decidete di coltivarla in giardino fate attenzione a scegliere un posto fresco e ventilato, ombreggiato in estate da alberi caducifoglia più grandi. Il sole infatti è gradito alla pianta, ma non nelle stagioni più calde.
L’Erica carnea è perfetta per la creazione di bordure e aiuole fiorite, grazie alla sua capacità di coprire il terreno in breve tempo.
La coltivazione in vaso si può fare, ma ha bisogno di maggiori cure (rinvasi frequenti, irrigazioni), in quanto la pianta tende a soffrire in spazi troppo ristretti.
Terreno
In coltivazione l’Erica carnea predilige terreni con pH neutro o leggermente acido.
Nella preparazione del terreno prima dell’impianto potete ammendare al suolo del terriccio per piante acidofile e della sabbia, in modo da garantire il drenaggio.
Non è necessaria una cospicua concimazione di fondo, basta giusto un po’ di concime organico leggero come l’humus di lombrico.
Trapianto
Solitamente la coltivazione dell’Erica carnea viene avviata acquistando in vivaio piante in vaso, già belle rigogliose e pronte per il trapianto. Il momento migliore per la messa a dimora è l’autunno, da evitare il momento della piene fioritura invernale o l’estate, per evitare troppi stress alla pianta.
In giardino, se volte creare una bordura con più esemplari, mantenete la distanza di almeno 50 cm tra una pianta e l’altra.
Moltiplicazione
L’Erica carnea si può riprodurre in caso facendo ricorso alla tecnica della talea.
Il momento migliore per fare la talea è la fine dell’estate, prelevando porzioni di rami apicali o laterali lunghe circa 7-10 cm. Si rimuovono le foglie nella parte basale e si mette a dimora la talea in un piccolo vasetto riempito con torba e perlite.
Mantenete la talea all’ombra, con il terriccio sempre ben umido, praticando frequenti nebulizzazioni d’acqua. D’inverno proteggete la talea dal gelo diretto. Durante la primavera e l’estate curate la piantina in vaso in un luogo ombreggiato, con irrigazioni regolari. In autunno potrete effettuare il trapianto nel punto definitivo del giardino o in un vaso più grande.
Irrigazioni
Le piante di Erica carnea coltivate in giardino o in vaso richiedono irrigazioni regolari, soprattutto in primavera-estate e nel primo anno dopo il trapianto. Attenzione a non creare ristagni idrici con le bagnature, la regola da seguire è dare acqua poco e spesso.
Questo ovviamente se mancano le precipitazioni naturali.
Potatura
L’Erica carnea non ha bisogno di particolari interventi di potatura. Dopo la fioritura, in primavera, si possono accorciare le infiorescenza sfiorite e al massimo praticare qualche taglio di ritorno sui rami più lunghi per mantenere il cespuglietto più compatto.
Parassiti
In natura l’Erica carnea non teme l’attacco di parassiti, cosa diversa invece negli ambienti di coltivazione domestica.
In particolare, nelle estati calde e siccitose, attenzione alla presenza del dannoso ragnetto rosso, che causa ingiallimento e deperimento fogliare grave. La soluzione per evitare danni è quella di aumentare l’umidità della lamina fogliare, praticando frequenti nebulizzazioni d’acqua nelle sere d’estate.
Parti utili e raccolta
Come accennato l’Erica carnea è nota per le sue proprietà benefiche, sfruttate nella medicina popolare.
In erboristeria si usano le sommità fiorite, da raccogliere quindi durante la fioritura, in febbraio-giugno, recidendo delicatamente i rametti fioriti.
Questi si dispongono a seccare all’ombra e poi si conservano in sacchetti di carta.
Principi attivi dell’Erica carnea
I principali costituenti dei fiori di Erica carnea sono degli acidi (ursolico, protocatechico, gentisico). Da questi principi attivi derivano proprietà diuretiche, sudorifere, astringenti.
Utilizzi dell’Erica carnea
L’Erica carnea ha un’ampia gamma di attività biologiche e applicazioni mediche. Ad esempio, è utile come diuretico per stimolare, con l’emissione di urina e sudore, l’eliminazione di sostanze di rifiuto presenti nell’organismo.
A questo scopo si prepara in casa l’infuso, con 2 g di sommità fiorite in 100 ml d’acqua, da assumere in 2-3 tazzine al giorno.
Per uso esterno questa pianta è impiegabile come astringente per pelli infiammate e congestionate. Per preparare l’infuso ad uso esterno si usano 6 g in 100 ml d’acqua, da utilizzare per fare impacchi e compresse imbevute sulle zone interessate.
Altre caratteristiche della pianta, secondo alcuni studi, possono essere sfruttate nella scoperta di prodotti naturali bioattivi per il trattamento del morbo di Alzheimer, del diabete e dei problemi di pigmentazione.