La mosca del cappero (Capparimyia savastani) è un insetto appartenente all’ordine Diptera, famiglia Tephritidae. È il principale parassita del cappero e per questo è presente principalmente nelle regioni dove la pianta cresce spontanea o viene coltivata, ovvero in Sicilia, Calabria, Puglia, Campania e Sardegna. Si tratta di un parassita che ha molte affinità con un altro dannoso nemico dei frutteti, ovvero la mosca della frutta (Ceratitis capitata). In quest’articolo vediamo come riconoscere la mosca del cappero, i danni che causa alle piante e le strategie di difesa biologica da mettere in pratica.
Descrizione della mosca del cappero
La Capparimyia savastani è una mosca di piccole dimensioni, che a maturità misura circa 4-5 mm di lunghezza. Gli adulti presentano ali piuttosto strette, con maculature nella parte mediana. Lo scuto toracico di questa mosca è di color ocra, interessato da una banda longitudinale mediana biancastra che, posteriormente, ripiega su ciascun lato per costeggiare il bordo del torace, formando un disegno simile alla lettera ω (omega) dell’alfabeto greco.
Lo scutello è giallo, interessato nella metà posteriore da un’ampia macchia nera bilobata.
Larva e pupario
Le larve della mosca del cappero misurano 7-8 mm di lunghezza e sono di colore bianco-giallognolo.
Il pupario invece è lungo 5 mm ed è di colore rosso ferro, con la parte ventrale meno convessa di quella dorsale.
Danni della mosca ai capperi
Il piccolo dittero Capparimyia savastani vive a spese dei fiori e dei frutti delle piante di cappero. La criticità è causata dalle larve, le quali danneggiano gli elementi interni del fiore e dei frutti. Questi vengono distrutti, in tutto o in parte, per via della marcescenza che si forma al loro interno. In pratica, i bottoni fiorali colpiti rimangono piccoli, avvizziscono e si ripiegano sul picciolo verso il basso, infine seccano e cadono.
Ciclo di vita della mosca del cappero
La mosca del cappero sverna allo stato di adulto, favorita dal clima mite, anche in inverno, delle regioni meridionali. In aprile, in concomitanza con l’emissione dei primi bottoni fiorali delle piante, ha inizio l’accoppiamento e l’ovodeposizione.
Le femmine depongono mediamente 4-5 uova all’interno dei bottoni fiorali, con le larve che nascono dopo 3-10 giorni. Lo sviluppo larvale si completa invece in 10-18 giorni. Dopo questo periodo, le larve fuoriescono dalle parti danneggiate e si lasciano cadere a terra per impuparsi a qualche centimetro di profondità.
I nuovi adulti compaiono dopo 8-17 giorni. Complessivamente, in un anno vengono portate a termine 5-6 generazioni di mosca del cappero, con i diversi stadi di sviluppo che facilmente si sovrappongono. Il picco delle infestazioni si ha in piena estate.
Come eliminare la mosca del cappero
La difesa biologica contro la mosca del cappero deve essere tempestiva, dunque va avviata a inizio primavera. Per prima cosa bisogna eliminare manualmente i bottoni fiorali danneggiati, operazione però molto laboriosa. È opportuno, quindi, procedere al monitoraggio della presenza della mosca, installando nei pressi delle piante di cappero delle trappole cromotropiche gialle. Se dall’esame delle trappole la mosca risulta presente, dobbiamo installare per la cattura massale le tipiche trappole con la bottiglia e il tappo giallo (facili anche da costruire in maniera artigianale). Queste seconde trappola vanno innescate con degli attrattivi, ad esempio un’esca proteica fatta in casa con residui di carne e pesce mescolati con sostanze zuccherine. In commercio è possibile trovare le sostanze attrattive (esche proteiche) già pronte all’uso. Come detto, la Capparimyia savastani è affine alla mosca della frutta (Ceratitis capitata), per cui è possibile estendere anche a questo dannoso parassita l’uso del prodotto.