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La lebbra delle olive o antracnosi, è una malattia fungina molto grave che colpisce l’olivo. Il suoi nomi scientifici sono due: Colletotrichum gloesporioides e Gloeosporium olivarum.
È difficile da controllare, anche perché i danni si evidenziano in prossimità della raccolta delle olive.
La lebbra dell’olivo è nota già dagli anni ’50, soprattutto negli uliveti del Sud. Dopo un lungo periodo in cui sembrava scomparsa, questa malattia negli ultimi anni è tornata ad essere preoccupante, un po’ in tutte le regioni italiane in cui sono presenti uliveti intensivi.
Vediamo dunque come identificare le olive colpite dalla lebbra e quali sono i danni che provoca. Inoltre, scopriamo le tecniche di prevenzione agronomica e i trattamenti biologici da fare.
L’agente patogeno Colletototrichum gloesporioides

I diversi stadi della lebbra delle olive
L’agente patogeno Colletototrichum gloesporioides si mostra con numerosi ceppi differenti dal punto di vista genetico. Sono tutti difficili da isolare con esattezza, sono mutevoli e in continua evoluzione; per questo motivo la lebbra delle olive è una malattia che preoccupa molto gli olivicoltori.
Il fungo che la causa si insinua nei frutti infetti, che cadono a terra e marciscono. Penetra però anche nei semi e nei residui vegetali. Inoltre, il patogeno riesce a penetrare anche nei tessuti vegetali, grazie ai conidi del fungo. Questi danno vita a un tubo germinativo con appressorio che fa passare la malattia tramite aperture naturali (stomi e/o lenticelle), microlesioni o ferite di qualsiasi natura.
La diffusione dell’antracnosi si verifica all’inizio dell’autunno ed è favorita dalle piogge battenti, con temperature di circa 15 C°. La temperatura ottimale di sviluppo dell’agente patogeno è tra i 20 e i 25 C°.
In generale, annate miti e umide favoriscono la diffusione. Al contrario, inverni molto freddi seguiti da estati calde e secche, sono fattori ambientali che limitano la malattia.
Infine, anche la mosca dell’olivo può essere un pericoloso vettore della lebbra.
Sintomi e danni della lebbra delle olivo
La lebbra delle olive provoca danni non solo sui frutti, ma anche su foglie, rametti, piccole branche e, più di rado, sui fiori.
Danni della lebbra sulle olive
Sulle olive, di solito nel periodo dell’invaiatura, a causa della lebbra si formano delle chiazze scure, con un’area depressa. La macchia si estende e può ricoprire l’intera drupa, che secca e va incontro a cascola precoce. Ciò provoca evidenti danni alla produzione olearia. Inoltre, le olive non cadute ma comunque infette, danno un olio di bassa qualità.
L’olio che si ricava da olive attaccate dalla lebbra ha una reazione acida. Inoltre, è opalescente, più torbido e tende al rossastro.
Danni della lebbra sulle altre parti
Come accennato l’infezione della labbra può interessare anche le foglie di olivo. Queste hanno macchie clorotiche e giallognole, con contorno non ben definito. La macchia tende ad allargarsi (e vira sul marrone), fino a raggiungere i lembi della lamina fogliare. Il risultato finale è che la foglia secca e cade.
Su rametti e piccole branche la lebbra dell’olivo forma delle macchie aride, biancastre, tonde e un po’ irregolare. Anche qui si assiste a un progressivo disseccamento degli organi interessati.
Il rischio sulle piante attaccate è che si avvii un rischioso circolo vizioso.
I frutti colpiti a volte non cadono a terra, ma mummificano sulla pianta, costituendo l’inoculo per la stagione successiva. Dal peduncolo del frutto, infatti, il fungo passa a rametti e foglie. L’anno dopo passa ai fiori e alle drupe appena allegate. Qui la lebbra rimane latente fino all’invaiatura, quando le olive iniziano a maturare.
Come prevenire la lebbra dell’olivo
Per prevenire la lebbra dell’olivo è indispensabile mettere in pratica alcune tecniche agronomiche mirate ad evitarne la diffusione.
Inerbimento dell’uliveto
Innanzitutto, si devono effettuare lavori di sistemazione del suolo che consentano un ottimo drenaggio delle acque in eccedenza. Questa considerazione vale per tutte le colture ortofrutticole. In tal senso, una coltivazione dell’olivo gestita con la tecnica dell’inerbimento può aiutare, soprattutto per i terreni in piano.
Potatura dell’ulivo
Molto importante è la potatura dell’olivo con tagli mirati a sfoltire e arieggiare la chioma. Così facendo si evitano le condizioni di umidità che favoriscono la diffusione dell’agente patogeno della lebbra dell’olivo. Occorre inoltre rimuovere tutte le parti attaccate dalla malattia. L’operazione è analoga a quella che si fa per un’altra patologia, ossia: la rogna dell’olivo. Se si interviene su piante infette è importante disinfettare gli attrezzi per la potatura prima di passare a un’altra pianta. Il rischio è quello di passare la malattia a piante sane, o aumentare il livello d’inoculo in piante già infette.
Infine, è indispensabile rimuovere tutti i residui vegetativi che potrebbero conservare l’inoculo del patogeno. In questo caso ci riferiamo sia alle olive cadute a terra e destinate a marcire, che a quelle non raccolte e che mummificano sulla pianta. È lì, infatti, che si nasconde l’antracnosi.
Come difendere gli olivi dalla lebbra
La difesa biologica dalla lebbra delle olive, così come avviene per altre malattie fungine come la peronospora del pomodoro, si effettua con i sali di rame. Un esempio è la poltiglia bordolese, che potete provare anche a realizzare da voi. In alternativa, si possono usare preparati a base di zolfo. Si tratta di prodotti consentiti in agricoltura biologica. Il momento migliore per fare questi trattamenti sulle piante d’olivo è in corrispondenza delle prime piogge di fine estate e inizio autunno. Stiamo parlando dell’inizio dell’invaiatura, con ripetizione dell’intervento a fine ottobre o comunque prima della raccolta delle olive, considerando i tempi di carenza. Il trattamento con prodotti rameici è giustificato solo su uliveti già attaccati dalla lebbra delle olive nelle stagioni precedenti. Parliamo quindi di piante che hanno un elevato potenziale d’inoculo. Anche le condizioni climatiche devono essere a rischio, inutile trattare in assenza di precipitazioni. Altra considerazione da fare è che se si sta curando il nostro uliveto per l’occhio di pavone, ovvero la più importante malattia crittogamica, gli interventi dovrebbero risultare sufficienti anche per il contenimento della lebbra.
Valutate quindi con attenzione, prima di ogni cosa, lo stato del vostro uliveto.