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Il kenaf è una pianta coltivata per l’estrazione di fibra dalle origini antichissime e per certi versi poco definite. Alcuni botanici lo indicano originario del Nepal, altri dell’Africa, dato che in Angola è presente la forma ancestrale, altri ancora addirittura dell’Australia. Trova numerosi impieghi che vanno dalla bioedilizia, all’industria della carta, alla zootecnica e all’industria automobilistica. Oggi, le varietà commerciali sono coltivate in diversi continenti, soprattutto in America centro-meridionale, Africa e Sud-est Asiatico. In Italia, la coltivazione del kenaf si presta molto bene alla conduzione in biologico e offre interessanti prospettive di sviluppo del semilavorato, soprattutto nel campo dell’efficientamento energetico, con il famoso cappotto termico.
In questo articolo conosciamo dunque meglio questa pianta da fibra e vediamo come coltivarla.
Il kenaf
Il kenaf appartiene alla famiglia delle Malvaceae, genere Hibiscus, comprendente numerose specie tra cui la H. cannabinus, che è quella che riveste il maggiore interesse nell’agricoltura moderna.
Descrizione della pianta
La pianta di kenaf possiede una lunga radice fittonante e sviluppa un fusto eretto, che può arrivare anche a 6 m di altezza, mediamente 3-4 m. Il fusto o stelo è scarsamente ramificato se l’intensità di semina è elevata, con spazio a disposizione accestisce e si ramifica. È composto per circa il 70% da un cilindro centrale fibroso, detto kenapulo, dal 30% circa di sostanza secca costituita dalla parete corticale esterna, detta tiglio, e da un midollo centrale non fibroso, 1-2% circa.
Lo stelo è di colore verde, ma con la crescita può virare al rosso o al porpora.
Il ciclo di vita è annuale.
Foglie
Le foglie sono alterne sul fusto, nella fase giovanile sono più o meno intere, mentre in seguito, a seconda della varietà, sono da lobate a intere.
Le foglie del kenaf possono essere usate per l’alimentazione animale, in alcune zone dell’Asia e dell’Africa entrano nella preparazione di piatti tradizionali.
Ad un primo sguardo non sono molto diverse da quelle della canapa industriale, con cui condivide in parte gli usi tecnici della fibra.
Fiori
I fiori del kenaf sono molto belli, di grandi dimensioni e solitari, crescono inseriti all’ascella delle foglie e sono portati da brevi peduncoli. Il calice è formato da 5 sepali, è villoso e lanceolato, mentre la corolla è costituita da 5 petali color bianco crema, con una gradevole sfumature interna violacee o gialla.
Frutti e semi
Il frutto è una capsula pentaloculare, villosa, globosa e appuntita, contenente 4-5 semi per loculo. ogni stelo, in funzione della varietà e della densità di semina, può portare 35-40 capsule. I semi sono triangolari, lunghi 5 mm e con un peso per 1000 semi variabile da 15 a 30 g.
La coltivazione del kenaf
Il kenaf si può coltivare in Italia come pianta industriale, ma ha particolari esigenze ambientali. Durante il ciclo vegetativo la temperatura ideale è compresa tra 25 e 28 °C, con minime che non vadano sotto i 16 °C. Con temperature massime costantemente superiori ai 30 °C, la pianta può iniziare a soffrire e richiedere maggiori apporti idrici.
Nella fase di germinazione la temperatura non dovrebbe scendere sotto i 13 °C.
La pianta è molto sensibile alle gelate primaverili e non sopporta venti forti, causa principale dell’allettamento. Un altro elemento climatico importante è il fotoperiodo, il kenaf infatti è una pianta brevidiurna che inizia l’induzione a fiore solo quando la durata del giorno scende al di sotto delle 12,5 ore. Infine le esigenze idriche, la pianta necessita complessivamente di 2.500-5.000 metri cubi per ettaro di acqua, ben distribuita durante il ciclo colturale che dura circa 5-6 mesi.
Dove si può coltivare il kenaf in Italia?
Fatte queste considerazioni, il kenaf in Italia si può coltivare in maniera intensiva nella pianura padana, dove i limiti ambientali solitamente vengono rispettati. Al centro-sud, in aree pur vocate, come ad esempio il Tavoliere delle Puglie, la Piana di Foggia, la Piana di Sibari, la Piana del Sele, la Piana del Volturno, le pianure di Roma e Latina, la valle dell’Arno, il Campidano e la Nurra in Sardegna, la zona di Gela e Trapani in Sicilia, è importante tener conto delle necessità idriche e prevedere più irrigazioni di soccorso durante il ciclo.
Terreno
Per quanto riguarda il tipo di terreno ideale, il kenaf preferisce quelli fertili, di medio impasto, a reazione del pH neutra o leggermente acida.
Riesce tuttavia ad adattarsi a qualsiasi tipo di suolo, purché sia profondo e ben drenato. Inoltre ha una buona resistenza alla salinità del suolo.
Varietà
Le varietà di kenaf disponibili in commercio per la coltivazione sono numerose. Nel tempo si è deciso di puntare su cultivar dall’elevata produttività e resistenti alle malattie fungine.
Le varietà commerciali vengono distinte in alla durata del ciclo in:
- precoci, il cui ciclo dura 75-100 giorni e comprendenti per lo più varietà russe e coreane, quali Uzbesky, K219, K221 ecc;
- medie, con un ciclo di 100-120 giorni, di cui fanno parte le varietà Cubana, Cuba, Everglades, HC, Taiwan, Tuning, Sud Africa ecc;
- tardive, il cui ciclo dura 120-140 giorni, che comprendono varietà quali Guatemala, Cuba 20.323 ecc.
Nei nostri areali si usano di solito queste varietà, poiché sono anche le più redditizie.
Rotazioni colturali
Il kenaf, nelle rotazioni colturali dell’impresa agricola, può essere collocato al posto di una coltura da rinnovo, mentre non va coltivato in monosuccessione o dopo altre piante da rinnovo.
Preparazione del terreno e concimazione
Come coltura da rinnovo necessita di un’aratura profonda (35-40 cm), seguita da 1-2 lavorazioni di affinamento per ottenere un letto di semina idoneo per accogliere il seme.
Nei lavori di affinamento si può attuare la tecnica della falsa semina per il contenimento delle erbe infestanti. In generale, il kenaf ha un’elevata capacità di competizione nei confronti delle malerbe, quindi con la falsa semina il problema è risolto a monte (ovvero ad inizio ciclo).
La concimazione biologica di fondo può essere fatta spargendo letame maturo, che fornirà tutti gli elementi nutritivi utili per l’intero ciclo colturale.
Epoca di semina
Il giusto periodo di semina è determinante per il buon esito della coltivazione del kenaf. Una semina ritardata determina un calo della resa, in quanto le piante non sviluppano un sufficiente apparato radicale che consenta di sfruttare tutte le risorse idriche, spesso limitate. Un semina troppo anticipata invece può provocare un ritardo nella germinazione per eccessiva umidità o per difetto termico. In Italia lo si semina di solito tra la seconda metà di aprile (al Centro e al Sud) e la prima metà di maggio (al Nord).
Tecnica di Semina
Il kenaf destinato alla produzione di fibre si semina a file distanti 30-35 cm, con distanza sulla fila di 11-17 cm, impiegando 25-35 kg/ha di seme, in modo da ottenere un impianto pari a 19-25 piante per mq. La coltivazione da seme richiede un minor investimento e un sesto più ampio, utilizzando 10-15 kg/ha di semi.
La profondità di semina varia da 2 a 4 cm a seconda del tipo di terreno. La semina di solito si effettua con seminatrici pneumatiche, adattando un disco da sorgo da 3,5 mm.
Irrigazione
Dopo la semina, il campo di kenaf ha bisogno di acqua con regolarità, per agevolare l’emersione dei germogli e l’affrancamento iniziale. Se non vi sono precipitazioni piovose bisognerà intervenire con irrigazioni artificiali.
Durante il ciclo l’irrigazione è indispensabile al Sud, mentre la coltura asciutta è proponibile solo nelle aree più a Nord, dove di norma (ma non sempre) si verifica una certa piovosità anche in primavera-estate.
Bisogna dunque prevedere irrigazioni di soccorso, con un sistema a pioggia o a scorrimento.
Malattie e parassiti
Tra le malattie fungine, quella più grave per il kenaf è l’antracnosi (Colletotrichum hibisci), la quale si supera usando varietà resistenti.
Le altre malattie più temibili sono il marciume (Rhizoctonia solani) e la botrite (Botrytis cinerea). Sono da evitare i terreni che in passato hanno avuto problemi con queste malattie.
Tra i parassiti animali quelli di maggior rilievo per la coltura sono i nematodi, sui terreni colpiti da questi microscopici e dannosi parassiti dell’apparato radicale conviene effettuare un sovescio di brassicacee prima di avviare la coltivazione.
La raccolta del kenaf
Il kenaf coltivato in Italia si raccoglie a fine ciclo, le varietà più coltivate in Italia lo completano dopo circa 150 giorni, in genere tra fine ottobre e novembre. È importante che le temperature scendano intorno ai 10 °C, almeno di notte, condizione che favorisce il distacco dei diversi elementi del fusto, aumentando quindi le rese.
Per la raccolta c’è bisogno di macchinari specifici.
Quanto rende una coltivazione di kenaf?
Le rese ottenibili sono variabili. In media, si possono considerare 15-20 t/ha di materia prima cartaria, pari a circa 15 t di pasta di carta per stampa. La produzione di fibre tessile oscilla tra le 2 e le 4 t/ha, mentre per la coltura da seme, in prove condotte in Sicilia, la resa ha superato le 2 t/ha.
Usi del kenaf
Uno degli utilizzi classici del kenaf è quello per la produzione di polpa da carta destinata all’industria cartaria (carta da giornale, da stampa, da stampa per edizioni di lusso, per sigarette, ecc.). In questo caso si usa tutto il fusto, ovvero sia la corteccia che il legno.
La fibra tessile invece si ottiene solo dalla parte corticale, previo processo di trasformazione o macerazione. Gli usi tipici di questa fibra sono quelli destinati alla produzione di cordami, spaghi, tessuti ruvidi (tipo juta).
Molto interessanti sono le applicazioni più moderne, dove la fibra è destinata alla produzione di pannelli isolanti per la bioedilizia.
Questi pannelli semi-rigidi hanno ottime proprietà tecniche (traspiranti, igroscopiche, termiche, acustiche, di durata nel tempo). Si possono usare all’interno, per l’isolamento termico e acustico, o all’esterno come cappotto termico.
Alto interessante uso della fibra è quello nell’industria automobilistica, per la realizzazione di parti e componenti in un’ottica di sostenibilità ambientale.
Altri usi
Interessanti sono pure gli usi degli “scarti” di lavorazione, come ad esempio le cime e le foglie, organi molto proteici e quindi idonei all’alimentazione zootecnica.
Nella fase di lavorazione, dalla spremitura degli steli, si ottengono dei succhi anch’essi utili in zootecnia.
Il seme presenta un contenuto in olio variabile dal 16 al 22% ed è caratterizzato da una composizione simile a quella dell’olio di cotone (acido linoleico 14%, acido oleico 31%, acido palmitico 22%, acido stearico 3%). L’olio di kenaf trova impiego sia in campo alimentare che industriale.