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La peronospora della lattuga (Bremia lactucae) è la malattia crittogamica più temibile per le lattughe e le insalate in generale, e questo vale per tutte le varietà più comuni. Questa avversità può colpire le lattughe coltivate in serra e in campo aperto, nei diversi stadi vegetativi delle piante. Lo sviluppo del fungo responsabile di questa specie di peronospora è favorito da condizioni climatiche fredde e piovose, e i danni possono essere rilevanti e pregiudicare, se non addirittura distruggere, l’intero raccolto.
Per evitare quindi gli attacchi di questa malattia fungina sui campi di lattuga, la cosa migliore è osservare attente pratiche agronomiche, che vi spiegheremo in quest’articolo.
La peronospora Bremia lactucae
La Bremia lactucae è un fungo oomicota della famiglia delle Peronosporaceae. Questo agente patogeno è altamente specializzato e se ne conoscono fino a 25 razze fisiologiche differenti. Lo sviluppo ottimale del fungo avviene con condizioni climatiche fredde e piovose, con temperature tra i 10 e i 15 °C.
La germinazione degli sporangi avviene solitamente per mezzo di un tubo germinale che forma un appressorio per penetrare nelle foglie delle lattughe attraverso gli stomi. In seguito si ha la comparsa dei sintomi e la produzione di nuovi conidi nella pagina inferiore delle foglie. Il fungo sverna sotto forma di oospore sui residui colturali delle piante colpite e resta vitale per 12 mesi e oltre.
Sintomi della peronospora e danni sulle lettughe
Le infezioni di peronospora Bremia lactuae possono colpire le lattuga a qualsiasi stadio di sviluppo. Sono perciò anche a rischio le piantine in vivaio e bisogna fare molta attenzione a scegliere materiale vegetativo sano.
Per le condizioni climatiche favorevoli al fungo sono più a rischio i trapianti lattuga autunnali, meno quelle primaverili, raramente quelle estive.
I primi sintomi visibili sulle foglie sono delle macchie giallastre di forma poligonale e delimitate da nervature secondarie. Si osservano sulla pagina superiore delle foglie più esterne del cespo, magari a contatto con il terreno. Se per il fungo l’andamento climatico continua ad essere favorevole, in corrispondenza della macchie clorotiche, ma sulla pagina inferiore, si forma una tipica muffa biancastra polverulenta. Se l’infezione prosegue si estende al cuore del cespo, causando la perdita totale dell’ortaggio.
Come prevenire la peronospora della lattuga
Per chi pratica la coltivazione biologica è molto importante adottare azioni agronomiche preventive sul campo, in modo da scongiurare il più possibile il rischio d’insorgenza della malattia.
La prima cosa da fare è rispettare le rotazioni colturali, evitando di far seguire la lattuga a se stessa, cosa molto comune negli orti domestici. Bisognerebbe far trascorrere almeno 1 anno per ripetere la coltura, 3-4 anni se c’è stata una precedente infestazione.
Altra accortezza determinante è quella di rimuovere i residui colturali di piante colpite, è lì che infatti la peronospora si conserva e si trasmette.
Vi sono poi altre misure più specifiche, concernenti la tecnica colturale della lattuga. Per prima cosa bisogna garantire terreni ben drenati, possibilmente su bancali rialzati. Evitare poi l’uso eccessivo di concimazioni organiche e prediligere l’irrigazione a goccia (moderata).
Infine rispettate una corretta densità d’impianto (che trovate per tutti gli ortaggi nella nostra tabella), lasciando almeno 20-25 cm di spazio tra una pianta e l’altra.
Per le coltivazioni di lattuga in serra o tunnel è molto importante favorire l’arieggiamento dei filari.
Trattamenti consentiti in agricoltura biologica contro la peronospora della lattuga
Non sono molti i prodotti che si possono utilizzare per curare e prevenire la peronospora della lattuga. Il più usato è il classico rame, rispettando i limiti di utilizzo autorizzati per la coltura. Se le condizioni ambientali stagionali sono favorevoli, un trattamento a distanza di 8-15 giorni dal trapianto può avere una buona efficacia preventiva della peronospora.
In prossimità del raccolto, per non ripetere il trattamento con prodotti a base di rame, si può usare l’olio essenziale di arancio dolce, di cui vi abbiamo già parlato.
Nella lotta microbiologica, negli ultimi anni si sta testando con buoni risultati l’utilizzo di formulati a base di Bacillus amyloliquefaciens (ceppi FZB24 e D747), che si trovano in vendita sono solo presso ditte e rivenditori specializzati.
Approfondimenti e fonti
Le fonti fotografiche sono di: IPM Images. Progetto congiunto tra The University of Georgia – Warnell School of Forestry and Natural Resources e College of Agricultural and Environmental Sciences, il Center for Invasive Species and Ecosystem Health , l’USDA National Institute of Food and Agriculture, il Southern Integrated Pest Management Center, il Southern Plant Diagnostic Network e l’USDA Identification Technology Program.