Il Sylvoz è una delle forme di allevamento della vite praticate in Italia. È un sistema adatto alla viticoltura su terreni pianeggianti con suoli freschi, fertili ed elevata disponibilità idrica. Per questi motivi viene adottato specialmente nelle regioni settentrionali, come il Veneto e il Friuli, in cui sono presenti queste condizioni pedoclimatiche. Si tratta di un sistema di allevamento particolarmente espanso, in cui il numero di piante per ettaro è minore rispetto ad altre forme più razionali come il Guyot o il cordone speronato. Tuttavia, ha solitamente un’elevata produttività.
Vediamo quindi come si alleva la vite a Sylvoz e quali sono i vantaggi e gli svantaggi nell’adozione di questo sistema.
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Vite a Sylvoz
Questo sistema di allevamento prende il nome dal suo inventore, Carlo Sylvoz. È costituito da un fusto verticale alto 1,20-1,60 m che si prolunga in un cordone orizzontale. Su questo sono inseriti i capi a frutto potati lunghi e curvati ad archetto verso il basso, fissati a un filo steso sotto il cordone. Questo è permanente, con lunghezza variabile da 1-1,50 m, mentre la lunghezza dei capi a frutto varia dai 50 agli 80 cm.
La carica di gemme per pianta varia in base al numero di tralci che si lasceranno con la potatura (da 4 a 6) e dalle gemme presenti sul capo a frutto (da 6 a 8). In totale, ogni pianta di vite così impostata avrà dalle 24 alle 48 gemme.
Sesto d’impianto
La distanza tra i filari è solitamente di 3 m, mentre quella tra una pianta e l’altra sulla fila è di 1,20. Considerando questo sesto, si arriva a circa 2.800 piante allevate a Sylvoz per ettaro.
L’impalcatura della vite a Sylvoz
Il sistema Sylvoz ha bisogno della creazione di un’impalcatura con pali e fili di ferro. L’impalcatura è costituita da pali intermedi rompitratta posizionati a distanza di 5 m l’uno dall’altro. Ogni pianta dispone altresì di un tutore permanente che può essere in ferro, legno, plastica. Sui pali si fanno scorrere 4-5 fili di ferro, così organizzati: il filo più basso sul quale si legano i tralci fruttiferi è posto a 0,80-1,20 m da terra; il secondo filo, posto a 1,40-1,60 m da terra, sostiene il cordone permanente, gli altri 2-3 fili, a distanza di 50 cm l’uno dall’altro, sostengono la nuova vegetazione.
La potatura di allevamento del vigneto a Sylvoz
La potatura di allevamento tipica del Sylvoz è finalizzata alla formazione della struttura permanente. Di solito, già al secondo anno si ottiene un tralcio robusto e dritto che viene piegato in orizzontale all’altezza desiderata, con la funzione di formare il cordone permanente. Come detto, il secondo filo sostiene il cordone, da cui si scelgono in fase di potatura i migliori tralci dell’anno precedente che sono usati come capi a frutto.
Piegatura del tralcio
Caratteristica del Sylvoz è che i tralci prescelti sono piegati nella parte centrale formando degli archetti. Il piegamento fa si che le gemme centrali perdano l’apporto linfatico, generando germogli deboli o gemme cieche. Con la piegatura la linfa e i nutrienti vanno verso il basso, quindi sia nelle gemme iniziali che in quelle finali del tralcio. Le prime producono la nuova vegetazione verso l’alto, le seconde i grappoli verso il basso.
In pratica sono 4-6 le gemme effettive del capo a frutto.
La potatura di produzione del vigneto a Sylvoz
La potatura di produzione del Sylvoz si effettua tagliando il vecchio archetto che ha prodotto i grappoli e curvando un altro tralcio che si è sviluppato nell’anno precedente dalle gemme basali o dallo sperone.
Vantaggi e svantaggi
Il Sylvoz si presta molto bene alla coltivazione in terreni piani, umidi e fertili, garantendo rese elevate, dando la possibilità si sfruttare al massimo l’energia della pianta. Questo è anche un suo limite, in quanto la qualità non è sempre eccelsa e se non si ha disponibilità idrica è in pratica un sistema inapplicabile. Ha costi onerosi di gestione in fase di potatura, per la laboriosa operazione di piegatura dei tralci per formare gli archetti.
La forma espansa, con la tendenza della vegetazione improduttiva a spingersi verso l’alto, però, consente un’ottima insolazione e areazione della chioma. Questa condizione protegge dalle principali malattie crittogamiche della vite, come peronospora e botrite.