L’amanita muscaria, conosciuta anche come ovolo malefico e ovolaccio, è il più noto e appariscente tra i funghi velenosi. La sua tossicità, ad onor del vero, non è tra le più pericolose del grande regno dei funghi, ma il suo effetto allucinogeno lo ha reso popolare.
Per questa sua caratteristica questo fungo tossico è usato sin dall’antichità in rituali magico-religiosi, o per usi poco convenzionali. Ad esempio, le popolazioni Vichinghe del Nord Europa lo ingerivano prima di una battaglia, credendo che potesse migliorare le prestazioni psico-fisiche dei guerrieri e ottenere uno stato di autentica “frenesia”.
Conosciamo dunque meglio questo fungo. Vediamo, inoltre, come riconoscerlo con certezza e quali sono le possibili conseguenze di una sua ingestione accidentale. Per evitare che questa possa capitare, il consiglio che diamo a chi va in cerca di funghi, è quello di verificarne sempre la commestibilità presso l’azienda sanitaria di riferimento.
Origine del nome “Amanita muscaria”
L’amanita muscaria è un fungo della famiglia delle Amanitaceae, genere Amanita. Il suo nome scientifico deriva dall’usanza medievale di adoperare questo fungo come moschicida. Lo si lasciava macerare nel latte, aggiungendo dello zucchero per attrarre e avvelenare le mosche.
Anche i nomi volgari italiani, ovolo malefico e ovolaccio, denotano la connotazione negativa.
Un altro fungo del genere Amanita è invece noto come ovulo buono, si tratta dell’Amanita caesaria. Questo, al contrario del primo, è un fungo commestibile davvero prelibato.
Di seguito, vediamo quali sono i tratti distintivi dell’amanita muscaria, che ci serviranno per non confonderla con altre specie.
Caratteristiche dell’amanita muscaria
L’Amanita muscaria si presenta con un tipico cappello dalla forma prima ovata, poi piano-convessa. Questo ha una consistenza un po’ viscosa, è di colore rosso-aranciato, rosso-cinabro o scarlatto. Inoltre, è ricoperto per intero da vistose verruche di varia forma, bianche o con tinta citrino-pallida.
Le lamelle dell’amanita muscaria sono molto spesse e fitte, bianche o un po’ giallastre verso il gambo. Sono larghe e ventricose nei pressi del gambo ad uncino.
Il gambo è di colore bianco, coperto da piccoli fiocchi che poi svaniscono con il tempo. La consistenza è prima piena, poi diventa vuota. E’ ovato-bulboso alla base ed è dotato di diverse serie di squame circolari.
L’anello è collocato nella parte alta del gambo. E’ bianco o un po’ giallino, striato, con al bordo rimanenze del velo generale.
La carne di questo fungo è bianca subito sotto la cuticola del cappello, è giallo-aranciata invece in profondità. Non ha nessun odore e sapore particolare.
Le spore sono bianche e lisce.
Per non confondere l’amanita muscaria con la caesaria (l’ovolo buono), basta osservare le lamelle e il gambo. Nella muscaria questi sono sempre bianchi, nella caesaria sono sempre gialli. Precisazione ciò in quanto l’amanita muscaria può perdere con il tempo le verruche bianche sul cappello, che sono il suo tratto distintivo.
Habitat e diffusione
L’amanita muscaria è un fungo simbionte che nasce dalla fine dell’estate e per tutto l’autunno. In genere lo si trova nelle selve di conifere, ma anche di latifoglie (dove è possibile trovare anche funghi porcini). E’ diffuso su tutto il territorio nazionale.
Contenuto e tossicità
Come detto, l’amanita muscaria è una specie velenosa di fungo. Contiene una tossina molto pericolosa, la muscarina. Anche se è contenuta nel fungo solo in minima quantità, la muscarina è stata estratta per la prima volta proprio da questa amanita.
Altri principi attivi contenuti sono: l’acido ibotenico, il muscimolo e il muscazone. Queste molecole sono psicoattive e causano degli effetti allucinogeni. Sono in grado di indurre uno stato di intossicazione simile a quello dell’alcol etilico. I sintomi, in genere, comprendono fenomeni di eccitazione, sedazione, allucinazioni e movimenti spasmodici.
E’ bene sottolineare che l’amanita muscaria non è tra le specie più velenose di funghi. Molto di rado è mortale (è necessaria infatti un’assunzione massiccia), e dà luogo a sindromi tossiche di breve latenza. Queste sono legate a sintomi che compaiono da 30 minuti a 6 ore dall’ingestione e di solito si risolvono nelle 24 ore. Dunque rappresentano un basso rischio per la vita.
L’assunzione di amanita muscaria può dar luogo a diverse sindromi a breve latenza, vediamo quali.
Sindrome gastrointestinale
Innanzitutto è possibile l’insorgenza della sindrome gastrointestinale. Questa si manifesta con nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, disidratazione. E’ la sindrome più frequente quando si ingeriscono funghi velenosi (o, in generale piante velenose) e molte specie la possono determinare.
I principi attivi responsabili sono molteplici e non sempre noti. I sintomi compaiono subito dopo il consumo o, al limite, entro 3-4 ore, e sono proporzionali alla quantità ingerita. Vomito, diarrea e dolori addominali regrediscono da sé entro 24-48 ore, anche se è necessario il reintegro delle perdite idriche.
Sindrome panterinica
Con l’assunzione di amanita muscaria, è tipica l’insorgenza della sindrome panterinica. I sintomi di questa intossicazione sono: sonnolenza, agitazione, disorientamento, convulsioni.
La gravità varia in rapporto alla quantità di tossine ingerite (acido ibotenico, muscimolo e muscazone). Nei soggetti colpiti si osserva un quadro clinico che va dal capogiro, barcollamento, euforia, tremori, stato confusionale, sino alle crisi convulsive accompagnate da allucinazioni e sopore.
Sindrome muscarinica
L’amanita muscaria può portare anche alla cosiddetta sindrome muscarinica. La sindrome è dovuta alla muscarina ed è caratterizza da cefalea, dolori addominali, ipersalivazione, intensa sudorazione, lacrimazione, tremori e bradicardia. Questi sintomi compaiono da 15 a 60 minuti dall’ingestione.
La terapia per curare i soggetti intossicati, oltre alla decontaminazione gastrica, prevede l’uso di atropina.
Approfondimenti
Ulteriori approfondimenti circa l’amanita muscaria potete trovarli qui.