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La Tussilago farfara è una pianta appartenente alla famiglia delle Asteraceae. L’origine del nome tussilago è un chiaro riferimento alle proprietà tossifughe della pianta, da sempre impiegata nella medicina tradizionale. È conosciuta anche con diversi nomi comuni, come tossilagine comune, tussilago, farfara e paparacchio.
Anche a livello regionale è chiamata in diversi modi: unge cavalline in Liguria, lavasset in Piemonte, corberella in Lombardia, pie di muss in Veneto, zampa ad mula in Emilia, ugna cavallina e farfarella in Toscana, petacciolo nelle Marche, farfanella in Umbria, petaccio in Abruzzo, piede di ciuccio in Campania, ragna cavadda in Basilicata, ugna cavaddina in Sicilia, erba de tussiu in Sardegna.
In quest’articolo conosciamo le caratteristiche botaniche di questa pianta, le modalità e i tempi di raccolta e conservazione, le proprietà benefiche e gli usi.
Descrizione della tussilago farfara
La farfara è una pianta erbacea dal portamento vivace, provvista di un rizoma carnoso coperto di scaglie e lungamente strisciante nel terreno, anche fino a 2 m. I fusti che poi porteranno i fiori, si sviluppano prima delle foglie e sono rivestiti di un tomento bianco e da numerose foglioline trasformate in squamette ovali-oblunghe.
Foglie
Le foglie del tussilago sorgono tutte dal rizoma dopo la fioritura, hanno un lungo picciolo anch’esso rivestito di tomento bianco, sono cuoriformi con il margine dentato o angoloso. La pagina superiore delle foglie è di color verde-intenso, mentre quella inferiore è dapprima bianco-tomentosa, poi diviene verde per la perdita della pelosità.
Fiori e frutti
I fusti fioriferi della tossilagine comune sono alti 20-25 cm e portano all’apice un capolino. I capolini hanno un portamento peculiare, sono inclinati, quasi penduli prima e dopo la fioritura, dritti durante la fioritura stessa. Il singolo capolino ha una serie di brattee che racchiudono i fiori. Alla periferia sono presenti numerosi fiori ligulati, all’interno vi sono molti piccoli fiori. Tutti sono di colore giallo. L’antesi avviene dalla fine dell’inverno a inizio primavera.
Il frutto è un achenio cilindrico munito alla sommità di un pappo formato da numerosi peli. Durante la loro maturazione, il fusto continua ad allungarsi, fino a 30-40 cm.
Habitat della Tussilago farfara
La tussilago farfara cresce spontanea in tutte le regioni italiane, dal livello del mare fino alla montagna. Predilige soprattutto i luoghi umidi e i terreni argillosi, si può trovare lungo le sponde dei fiumi o nelle zone paludose. Tuttavia non è raro trovarla anche ai margini dei campi coltivati, negli ambienti ruderali e nelle pietraie.
Come e quando raccogliere la Tussilago farfara
Della tussilago farfara si raccolgono i capolini e le foglie, quindi la raccolta avviene in momenti diversi. I capolini sono pronti tra febbraio e aprile, appena prima che sboccino o all’inizio della fioritura stessa. Le foglie, invece, si raccolgono tra giugno e luglio, quando sono ben sviluppate, avendo cura di eliminare il picciolo.
Una volta raccolti, capolini e foglie si essiccano distribuendoli in strati molto sottili, in un locale ben areato e all’ombra. Si conservano per lungo tempo, se posti in recipienti di vetro o ceramica.
Proprietà della pianta
I principi attivi della tussilago farfara sono: olio etereo, glucoside tussilagina, mucillagini, tannini, inulina, sali minerali, acido malico, peptina, acido gallico e acetico. Queste sostanze fanno sì che la farfara abbia rilevanti proprietà tossifughe, espettoranti, astringenti, emollienti e lenitive. La pianta è da sempre considerata una delle più efficaci per la cura della tosse. Possiede altresì ottime proprietà per le affezioni della pelle. Ha azione emolliente per la gola, sedativa della tosse, espettorante in caso di raffreddore, influenza, laringiti, tracheiti e bronchiti.
Sulla pelle svolge azione astringente, antisettica, emolliente e lenitiva, utile nelle infiammazioni di diversa natura, desquamazioni, pruriti e foruncolosi.
Per l’uso interno si usano i capolini, per quello esterno le foglie, tuttavia vanno bene entrambi in entrambi i casi. Infine, la pianta contiene tracce di alcaloidi pirrolizidinici, dunque, assunta in dosi molto elevate, è potenzialmente tossica. Se volete provarla ma non riuscite a raccoglierla la trovate qui.
Usi
Per sedare le infiammazioni dell’apparato respiratorio è consigliata la preparazione di un infuso. In questo caso si utilizzano 3 g di farfara secca in 100 ml d’acqua, da consumare in 2-3 tazzine al giorno.
Per l’irritazione della pelle e delle mucose esterne (zone intime), si prepara sempre l’infuso, ma con 6 g di farfara secca in 100 ml d’acqua. Con l’infuso così ottenuto, si possono effettuare lavaggi e preparare compresse imbevute da applicare nelle zone interessate.
Con poche mangiate di tussilago farfara secca, infine, si può preparare un ottimo bagno emolliente e decongestionante.